Nubi sul debito globale, ma l'Italia prosegue il percorso di consolidamento di bilancio

In uno scenario congiunturale in cui aumentano i rischi al ribasso per l'economia, il Fondo monetario internazionale rilancia l'allarme sui debiti pubblici. A differenza del passato, l'Italia sembra essere meglio posizionata rispetto a Paesi come Francia e Germania, almeno per quanto riguarda la traiettoria del percorso di consolidamento del proprio bilancio

Bruno Bernasconi

L’attuale contesto di incertezza, caratterizzato da numerosi fattori di volatilità, rende più complicato riuscire a fare previsioni anche per il breve termine, offuscando l’outlook per i prossimi anni. Le tariffe annunciate dagli Stati Uniti, e le conseguenti contromisure adottate dagli altri Paesi, hanno deteriorato le prospettive economiche globali e aumentato i rischi al ribasso, in un momento in cui il processo di disinflazione ha cominciato a rallentare e le finanze pubbliche sono già sotto stress, gravate da elevati livelli di debito. Le politiche fiscali si trovano quindi di fronte a un difficile trade-off tra la necessità di ridurre l’indebitamento e soddisfare le crescenti pressioni di spesa – tra cui l’incremento di investimenti in difesa soprattutto in Europa – lasciando al contempo sufficiente spazio di manovra per affrontare eventuali shock improvvisi.

È questo il quadro, a poche luci e molte ombre, dipinto dal Fiscal Monitor dello scorso aprile del Fondo monetario internazionale (Fmi), secondo cui il debito pubblico globale è destinato a sfiorare il 100% del PIL entro il 2030superando il picco pandemico del 2020 e seguendo una traiettoria ascendente che coinvolgerà la maggior parte delle economie avanzate – guidate in primis da Stati Uniti e Cina - complice anche l’indebolimento delle prospettive di crescita.

In tale scenario, esacerbato dal rischio di tassi di interesse più elevati del previsto, il Fondo raccomanda ai diversi Paesi di mantenere in ordine i conti pubblici e a promuovere aggiustamenti fiscali graduali e credibili nel medio-lungo termine. Ad esempio, l’invecchiamento della popolazione che caratterizza l’Occidente impone di rivedere le priorità di spesa, adottando riforme strutturali dei sistemi pensionistici e sanitari ed eliminando bonus e incentivi fiscali inefficienti. Una strada virtuosa su cui, almeno a leggere le stime, sembra essere ben indirizzata l’Italia, messa sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea per deficit eccessivo e spesso al centro delle critiche nella storia recente da parte di paesi come Francia e Germania che ora si trovano a navigare in acque agitate. 

Pur rimanendo tra i più alti della zona euro, secondo solo alla Grecia, il nostro rapporto debito/PIL nelle previsioni del Fmi, a politiche invariate, dovrebbe mantenersi sostanzialmente stabile, passando dal 135,3% del 2024 al 137,7% del 2030, con un incremento di 2,4 punti e di 3,9 rispetto al 2019. Per contro, nello stesso periodo la Francia dovrebbe registrare un incremento di 15,3 punti dal 113,1% al 128,4% e la Germania di 10,9 punti dal 63,9% al 74,8%, con un aumento complessivo dai livelli pre-Covid rispettivamente pari a 30,3 e 16,1 punti. 

Allo stesso modo, il rapporto deficit/PIL per l’Italia sembra aver imboccato una traiettoria discendente, scendendo sotto la soglia del 3% stabilita da Bruxelles a partire dal 2026 (dal 3,4% del 2024) per poi assestarsi al 2,5% nel 2030. Direzione opposta per la Germania, attesa superare la soglia del 3% dal prossimo anno al 3,5% (dal 2,8% del 2024) e salire fino al 4,4% nel 2030, mentre la Francia dovrebbe rimanere nell’intorno del 6% in tutto l’arco di tempo considerato. Un primo effetto tangibile è arrivato dal riconoscimento da parte dei mercati finanziari, con  lo spread tra il BTP italiano e l’OAT francese e il Bund tedesco che ha toccato i minimi rispettivamente da 20 e 15 anni. Un premio di fiducia che sembra testimoniare la credibilità del percorso intrapreso, e penalizzare le turbolenze che stanno attraversando Parigi e Berlino, ma occorrerà continuare sulla linea della prudenza del debito anche in virtù delle deboli previsioni di crescita. Nel suo Economic Outlook, l’OCSE stima per l’Italia un incremento del Prodotto Interno Lordo dello 0,6% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, ma la riduzione di spesa connessa all’abolizione del Superbonus edilizio unita all’andamento positivo delle entrate dovrebbero sostenere il consolidamento dei conti pubblici. Il rischio è però quello di cadere nella tentazione di varare provvedimenti “generosi” e di breve periodo a caccia di consenso, soprattutto con l’avvicinarsi della scadenza naturale dell’attuale esecutivo e il conseguente appuntamento elettorale fissato nel 2027. 

Proprio il tema delle entrate, ad esempio, appare una delle principali aree di potenziale miglioramento, tra la necessità di proseguire nella lotta all’evasione fiscale e l’eliminazione di bonus inefficienti e talvolta distorsivi, fino ad arrivare all’ampliamento della base di contribuenti. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro, infatti, hanno confermato alcune problematiche strutturali, pur evidenziando il proseguimento del trend positivo degli ultimi messi. In particolare, il tasso di occupazione di luglio ha segnato il record del 62,8%, rimanendo però ancora al di sotto di circa 8 punti percentuali rispetto alla media europea e con un tasso di inattività del 33,2%, pari a oltre 12 milioni di persone per la maggior parte donne e giovani. 

Come sottolinea l’OCSE, preparare meglio i giovani a entrare nel mercato del lavoro contribuirebbe ad aumentare le dimensioni e le competenze della forza lavoro, alleviando l’endemico problema del mismatch e frenando il fenomeno che vede l’Italia esportatrice netta di manodopera qualificata. Dall’altra parte, l'ampliamento dell'offerta a lavoratori senior di opportunità di riqualificazione per prolungare la loro vita lavorativa aiuterebbe a soddisfare le esigenze di una forza lavoro sempre più anziana e ad affrontare le sfide demografiche, tra cui la questione previdenziale.

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

2/10/2025

 
 
 

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