Oltre la tradizionale diversificazione tra volatilità, asset class alternative e real economy

L'aumento della correlazione tra azioni e bond ha messo in discussione la validità della tradizionale diversificazione tra queste due asset class nei portafogli. Nel frattempo, aumenta l'interesse verso strategie alternative, sia per generare extra rendimenti sia per veicolare risparmi verso l'economia reale in un momento storico che necessita un ripensamento dei propri modelli di crescita

Bruno Bernasconi

“Diversification is the only free lunch in investing” recita una famosa citazione attribuita al premio Nobel per l’economia Harry Markowitz, citazione che riassume un concetto fondamentale alla base della costruzione di un portafoglio per massimizzare il rendimento atteso per un dato livello di rischio. Storicamente, tale principio si è tradotto in un’asset allocation basata prevalentemente su azioni e obbligazioni grazie alla loro tradizionale decorrelazione. 

Gli ultimi anni hanno però messo in dubbio la validità di questo modello per effetto dell’aumento della correlazione tra queste due asset class nel post COVID, con l’apice toccato nel 2022 a seguito della fiammata inflazionistica e del conseguente repentino rialzo dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali. Non solo, mentre da un lato i bond hanno visto indebolirsi il loro status di bene rifugio e aumentare la propria volatilità, complice anche gli elevati livelli raggiunti dal debito pubblico in diversi Paesi, dall’altro il mercato azionario è stato trainato soprattutto da pochi titoli legati al settore dell’intelligenza artificiale, aumentando il rischio di concentrazione e alimentando i timori di trovarsi di fronte a nuova bolla speculativa tecnologica come all’inizio degli anni 2000. Il tutto esacerbato da uno scenario caratterizzato ancora da numerose incognite, tra il persistere dell’inflazione e le aspettative di ulteriori tagli del costo del denaro da parte delle Banche Centrali, la minaccia di stagflazione come effetto dei dazi e il rischio di una correzione dell’equity che, nonostante l’incertezza, ha toccato nuovi massimi.  

Se è vero che il tradizionale mix di azioni e obbligazioni, pur continuando a ricoprire una quota fondamentale all’interno dell’asset allocation, sembra aver perso parte della sua affidabilità nel garantire la protezione dei portafogli, aumenta l’esigenza di ulteriori strumenti di copertura e diversificazione: basti pensare, ad esempio, al ruolo che sta svolgendo l’oro. Non solo, la volontà di creazione di valore nel tempo e di generare extra rendimenti ha accresciuto l’interesse degli investitori verso l’integrazione di strategie e asset class alternative, come i private market. Tali prodotti, infatti, nonostante presentino spesso un maggior grado di rischio, offrono indubbi benefici, tra cui ritorni più elevati nel lungo periodo, anche grazie all’esposizione a megatrend di crescita.

Inoltre, l’attuale incertezza che caratterizza il contesto internazionale, tra una maggiore frammentazione geopolitica e le conseguenti spinte alla deglobalizzazione, e i profondi cambiamenti strutturali a livello socio-economico che stiamo attraversando impongono un ripensamento dei modelli di crescita, soprattutto per l’Occidente e in particolare per l’Europa dove la spesa pubblica resta determinante per lo sviluppo. Lo sviluppo economico non potrà, infatti, più contare sull’impulso della demografia per effettivo dell’invecchiamento della popolazione, che al contempo aumenterà le pressioni di spesa per garantire la sostenibilità dei sistemi di welfare; contesto al quale si aggiunge, oltretutto, la necessità di finanziare la transizione verde e digitale. 

L’attenzione dei mercati si sta quindi spostando dalla centralità della politica monetaria, dopo anni di Quantitative Easing e tassi di interesse sui minimi storici, verso la maggior rilevanza delle politiche fiscali, in un momento storico che vede un contemporaneo rallentamento della crescita economica e un aumento delle preoccupazioni per la tenuta dei conti pubblici e per la sostenibilità del deficit fiscale. Anche da tutte queste considerazioni, dunque, nasce l’esigenza un cambio di passo in grado di veicolare maggiormente il risparmio verso l’economia reale,orientando le risorse verso l’innovazione e lo sviluppo e creando così un circolo virtuoso con benefici sia a livello di sistema sia per gli investitori. 

In Italia, ad esempio il finanziamento delle imprese continua a fare affidamento in prevalenza su credito bancario e autofinanziamento, fonti non sufficienti e non sempre idonee a sostenere progetti di innovazione e sviluppo di lungo periodo. In questo scenario, ad esempio, l’AIPB sottolinea come l’industria del private banking, con circa 1.300 miliardi di euro di masse in gestione, possa ricoprire un ruolo strategico facendo da ponte tra risparmio privato e finanziamento dell’economia reale, sostenendo da una parte gli imprenditori nell’attuare strategie di crescita di lungo periodo e, dall’altra, guidando gli investitori nelle proprie scelte d’investimento indirizzando in modo più efficiente il risparmio. 

Più in generale, la ricchezza delle famiglie italiane (al netto degli immobili) ha superato la soglia dei 6.000 miliardi di euro, un patrimonio sicuramente da tutelare ma il cui utilizzo rimane spesso ancora sub-ottimale necessitando di un indirizzo strategico. Secondo FABI, nel 2024 la liquidità sui conti correnti degli italiani ha raggiunto 1.363,6 miliardi (+20 sul 2023), un dato che sale a oltre 2.000 miliardi includendo anche strumenti assimilabili, come i depositi bancari. Le famiglie - che rappresentano il principale detentore di liquidità con oltre 1.140 miliardi a fine 2024, +12,3 miliardi rispetto al 2023 - continuano a detenere una quota significativa di risorse in banca, a testimonianza di un atteggiamento ancora cauto nella gestione delle proprie finanze. Per fare un parallelo, a fine dello scorso anno il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani ammontava 1.030 miliardi, soggetti spesso sotto la lente per aumentare la quota di investimenti verso l’economia reale. 

Riuscire a incanalare maggiormente tali risorse verso il finanziamento di progetti a sostegno del sistema Paese rappresenta una leva strategica di sviluppo per l’economia, oltre che un’opportunità di rendimento per gli investitori. Il punto di partenza è riuscire a individuare gli strumenti più idonei a cavalcare i trend di crescita di lungo periodo, capaci di massimizzare il grado di rischio/rendimento dei portafogli: quali sono quindi le caratteristiche principali nel processo di selezione dei fondi e quali le sfide per i fund selector nell’attuale scenario congiunturale? Come integrare strategie e asset alternativi nei portafogli accanto al tradizionale mix di azioni e obbligazioni? Tutti temi di cui si dibatterà in occasione dell’Annual Meeting dedicato ai Fund Selector “La selezione fondi per generare alpha nel lungo periodo” organizzato da Itinerari Previdenziali. 

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

27/10/2025

 
 

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