Perché il fenomeno ESG è strutturale e definitivo

Le strategie di investimento sostenibili hanno il potenziale di portare rendimenti superiori al mercato senza tralasciare impatti sociali e ambientali: un'opportunità unica da cogliere con veemenza, grazie anche a una normativa sempre più chiara e attenta 

Gianmaria Fragassi

Sono sempre meno le voci che giudicano il fenomeno ESG transitorio e sempre più numerosi gli estimatori e i promotori della finanza green come modo di pensare strutturale e definitivo. I primi si appellano al fatto che il mercato finanziario ha principalmente una filosofia che si può sintetizzare nella ricerca del massimo rendimento possibile correndo il minor rischio possibile a costi il più bassi possibili. Una ricetta sempre meno vera soprattutto nell’epoca degli choc esogeni: crisi di governo, guerre, pandemie, scarsità di materie prime. Sembrava uno scenario impensabile fino a pochi anni fa e invece è tutto vero ed è già successo.

L’unica via maestra è perseguire la finanza ESG che porta benefici ambientali in primis ma anche e soprattutto sociali, etici e politici. La finanza sostenibile ha il grande pregio di compattare e unire i pensieri verso un fine comune che non lascia indifferente nessuno, un vivere più equo, più giusto e certamente più sostenibile. Il mercato, sia esso retail o istituzionale, sta dimostrando ampia disponibilità nel rinunciare a un punto di rendimento per essere sostenibile; la maggiore velocità con la quale circolano le informazioni e lo shift nelle preferenze dei consumatori aiutano il cambio di mentalità: non conta più quanti rendimenti si realizzano sul mercato finanziario ma come si realizzano. Questo è il vero cambio di paradigma. 

La storia ci insegna che i trend di crescita dei fondi ESG sono ottimi. Il web e le biblioteche digitali sono ricchi di ESG report di qualunque tipo: tra questi la figura 1 ci restituisce una chiara fotografia di come la finanza globale abbia iniziato sommessamente – i dati partono dal 2006 – a proporre soluzioni sostenibili con incrementi costanti negli anni. I fondi con mandato ESG (inclusi fondi comuni ed ETF) sono cresciuti a  6,33 trilioni di dollari nel quarto trimestre del 2021, in calo di 0,9 miliardi di dollari rispetto ai 6,26 trilioni nel terzo trimestre del 2021 e un aumento di 0,7 trilioni dal quarto trimestre del 2020. I fondi azionari ESG continuano a essere di gran lunga la più grande asset class con il 50,3% del totale dei fondi ESG.

Figura 1 - Global ESG Funds per asset class

Figura 1 - Global ESG Funds per asset class

Fonte: AFME Finance for Europe ESG Finance Report European Sustainable Finance, Q4, 2021 


A luglio 2021 è stato pubblicato dalla Global Sustainable Investment Alliance il Global Sustainable Investment Review 2020, all’interno del quale viene sostanzialmente confermata la forte crescita di tutti gli asset ESG a livello globale. Come si vede in figura 2, gli investimenti sostenibili dei mercati USA, Canada, Giappone, Australia, Asia ed Europa hanno raggiunto i 35.3 trilioni di dollari USA di AUM, facendo registrare una crescita negli ultimi due anni del 15%. Oggi, gli investimenti sostenibili rappresentano circa il 36% del totale degli asset globali.

Figura 2 - Investimenti sostenibili globali, 2016-2018-2020 (USD billions)

Figura 2 - Investimenti sostenibili globali, 2016-2018-2020 (USD billions) 

Fonte: Global Sustainable Investment Review 2020

Quali sono allora le motivazioni finanziarie che spingono ad andare verso la sostenibilità e verso l’applicazione dei criteri ESG? Secondo la quarta indagine sulle strategie di sostenibilità degli investitori istituzionali italiani, realizzata dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la motivazione va ricercata - oltre che nell'intenzione di contribuire allo sviluppo sostenibile – nell’opportunità di gestire in maniera più efficace i rischi finanziari. Ma il cambiamento culturale più significativo si avrà quando operatori e investitori sposteranno il loro focus dalla mitigazione dei rischi verso la generazione di Alpha. Sta diventando sempre più chiaro che strategie di investimento sostenibili e a impatto hanno il potenziale di portare rendimenti superiori al mercato senza tralasciare impatti sociali e ambientali. 

La dimostrazione della tendenza ESG viene sottolineata anche dal governo italiano attraverso il PNRR che, con i suoi 195 miliardi di euro, lascerà una preziosa eredità alle generazioni future, dando vita a una crescita economica più robusta, sostenibile e inclusiva. La sostenibilità è giustamente citata in tutte le missioni del Piano, e addirittura è stato recentemente introdotto il principio Do No Significant Harm (DNSH), secondo il quale “gli interventi previsti dai PNRR nazionali non arrechino nessun danno significativo all’ambiente: questo principio è fondamentale per accedere ai finanziamenti del RRF (Recovery and Resilience Facility)”.  Il principio DNSH si basa su quanto specificato nella “Tassonomia per la finanza sostenibile”, adottata per promuovere gli investimenti del settore privato in progetti verdi e sostenibili nonché contribuire a realizzare gli obiettivi del Green Deal.

In conclusione, ESG e transizione green in finanza non rappresentano più una sfida ma un’opportunità unica da cogliere con veemenza, grazie anche a una normativa e una tassonomia (il 2022 dovrebbe essere l’anno della svolta a livello di tassonomia e label) sempre più chiare e attente. Il regolamento sulla tassonomia è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea il 22 giugno 2020 ed è entrato in vigore il 12 luglio 2020 ma molti decreti, atti delegati e applicazioni sono previsti nei mesi a venire.  Approfittare di questo periodo storico potrebbe venire ricordato nei libri di storia come il vero momento dirompente di passaggio a un modo di vivere sostenibile.

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

12/4/2022

 
 

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