Ricchezza privata e patrimoni istituzionali: possibili risorse per la ripresa

Ampliare i canali di finanziamento alternativo per sostenere l'economia reale nazionale è tra i temi che negli ultimi anni ha tenuto banco tra gli operatori di settore: in questo momento la spinta di famiglie private e investitori istituzionali potrebbe essere l'arma in più

Niccolò De Rossi

Sono giorni difficili, ma non potrebbe essere diversamente in un momento in cui la posta in gioco è così alta. Oltre alla complica gestione delle misure sanitarie, è (finalmente) giunto il momento di prendere decisioni atte a sostenere la ripresa. Non si può più rimandare perché ne va della tenuta del sistema economico nel suo complesso, soprattutto delle piccole e medie imprese che da sempre sono la spina dorsale dell’Italia, tanto per produttività quanto per livello occupazionale. Dopo giorni di tensione ecco allora il tanto atteso decreto "Liquidità" che dovrebbe sbloccare fino a 400 miliardi di risorse per sostenere cassa e pagamenti delle imprese. Ripartire è la parola d’ordine perché il sistema Paese non può permettersi di rimanere a casa, ancora.

Proprio il sistema Paese, e in particolare le sue PMI, sono state negli ultimi anni al centro dell’attenzione non solo del legislatore e del governo, ma soprattutto degli investitori. Non va dimenticato infatti quanto fondi pensione, Casse di Previdenza, Fondazioni di origine Bancaria e asset manager nonché le famiglie private abbiano diretto sempre più lo sguardo verso quella finanza che viene definita alternativa, ma che sta diventando sempre più una prassi diffusa. Colmare la carenza di finanziamento di quelle imprese che faticano a soddisfare la loro richiesta finanziaria attraverso gli istituti bancari da un lato, e arginare la deriva dei tassi zero che impatta negativamente sulle performance dei portafogli, dall’altro. Queste le principali motivazioni che hanno portato sempre più investitori a guarda al finanziamento dell’economia reale come una concreta strada da percorrere, come ha testimoniato anche il Quaderno di approfondimento sull’investimento in economia reale di Itinerari Previdenziali presentato lo scorso gennaio. Il progetto Iride e quello promosso da Assofondipensione e CDP sono solo alcuni degli esempi che, negli ultimi anni, hanno visto la nascita di iniziative in questo senso. 

La strada verso il sostegno dell’economia reale tramite i patrimoni privati era del resto stata tracciata e sostenuta attraverso l’introduzione dei Piani Individuali di Risparmio, previsti dalla Legge di Bilancio 2017 e integrati con il decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020 che hanno riscosso un notevole successo presso i risparmiatori italiani. La loro struttura di fondo aperto si è rivelata particolarmente appetibile per la clientela retail per via del rischio contenuto e della sua pronta liquidabilità. Come rilevato infatti da Assogestioni, la nascita dei PIR ha contribuito a incrementare il numero di quotazioni nel segmento AIM Italia di Borsa Italiana, quello dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita. Dal 2017 infatti si è assistito a oltre 80 Ipo, per un controvalore di raccolta in equity pari a circa 3 miliardi di euro. La stessa Assogestioni, riconoscendo il grande valore aggiunto che può portare il risparmio gestito alla ripresa economica del Paese, propone il lancio di un PIR specializzato in PMI, creando uno strumento alternativo e non sostitutivo del PIR “tradizionale”, attraverso cui investire in strumenti non quotati e scambiabili sul mercato privato, con un profilo di rischio più elevato poiché maggiormente illiquido e da prevedere nella forma di fondo chiuso, dunque più vicino a un ELTIF o a un fondo di private equity/debt

Secondo questa nuova impostazione cambierebbero anche le soglie di ingresso e i limiti di investimento annui previsti rispetto al PIR tradizionale, avvicinandosi come ammontare investibile a cifre superiori ai 150.000 euro annui. L’investimento, illiquido, più rischioso e che richiede immobilizzazioni di capitali di lungo periodo, ben si sposerebbe con i capitali pazienti di famiglie private e investitori istituzionali. Come si legge nella proposta“i benefici fiscali previsti dalla normativa Pir dovrebbero essere estesi anche a favore di piani di risparmio che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70% del valore complessivo in: strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE Mib e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (percentuale che nei PIR ordinari ammonta attualmente al 3,5% del valore complessivo del piano); in prestiti erogati alle predette imprese; in crediti delle medesime imprese”.

Parallelamente, ma nella medesima direzione, si sta muovendo Banca Generali. Tra le iniziative che stanno nascendo nel mondo del private banking vale infatti ad esempio la pena segnalare come la Private Bank del Gruppo abbia messo a punto un sistema di finanziamento, sostenuto dal risparmio privato della propria clientela, per aiutare piccole e piccolissime imprese colpite dal virus. Il “Covid-Bond” mette a disposizione liquidità attraverso prestiti alle imprese per far fronte allo shock di liquidità conseguente alla prolungata inattività e offrendo un ulteriore canale rispetto alle misure varate dal Governo. Il prodotto sarà collocato, per via del suo profilo di rischio, ai clienti qualificati della banca che rispettano determinati parametri finanziari. Un altro esempio di come la grande ricchezza privata può rappresentare un tassello aggiuntivo rispetto all’intervento pubblico e sostenere la ripresa delle imprese messe in ginocchio dallo stop forzato.

Due strumenti differenti ma accomunati dallo stesso obiettivo: sostenere il tessuto imprenditoriale italiano e allo stesso tempo rappresentare l’occasione di consolidare quel canale di investimento alternativo a disposizione di risparmiatori di alto profilo e istituzionali. In questi ultimi anni si è dedicato molto tempo a dibattere sull’importanza di realizzare strumenti alternativi atti a tale scopo. La situazione attuale è allora l’occasione per mettere a fattor comune le esperienze maturate in tal senso e offrire la possibilità ai grandi patrimoni istituzionali e all’ingente ricchezza privata di poter coniugare, ancora una volta, la ricerca di rendimento al sostegno del sistema Paese, oggi più di ieri.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

20/4/2020

 
 

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