The great wealth transition nell'evoluzione del contesto economico-sociale

Il mondo si prepara ad assistere al maggior trasferimento di ricchezza della storia, frutto delle risorse accumulate in decenni di crescita economica e pronte ora a passare di mano: un passaggio che avviene in un contesto di profondi cambiamenti, in grado di orientare le scelte di investimento delle generazioni più giovani in linea ai megatrend in atto

Bruno Bernasconi

L’attuale incertezza dello scenario congiunturale pone diverse sfide di fronte al mondo della finanza, tra cui spiccano i timori per l’imprevedibilità della nuova presidenza Trump negli Stati Uniti, una nuova era di tensioni geopolitiche e i dubbi circa gli impatti sulla crescita economica di un prolungato periodo di elevati tassi di interesse. Tutti fattori da coniugare con i rischi e le opportunità di lungo periodo offerte dai megatrend in atto, in grado di influenzare non solo le scelte in tema di investimenti ma anche abitudini e stili di vita. Un quadro che per i Family Office, e non solo, si inserisce all’interno di un altro grande fenomeno epocale definito “The great wealth transfer”, ossia il più grande trasferimento della ricchezza a cui il mondo abbia mai assistito, strettamente connesso alla transizione demografica in corso e al conseguente invecchiamento della popolazione. In particolare, i Baby Boomer (oggi 60-80enni) si preparano a lasciare in eredità un ingente ammontare di beni e asset accumulati nel corso di decenni di crescita economica, frutto del prolungato periodo di prosperità che ha caratterizzato il Secondo Dopoguerra, rendendo le generazioni X (45 – 60enni) e Millenials (30-45enni) le più ricche della storia. 

Un fenomeno difficilmente quantificabile nei numeri, tanto più per una platea come i Family Office che fa della riservatezza e della discrezione un vero e proprio mantra, ma la cui complessità cresce inevitabilmente con il crescere dell’entità del patrimonio in termini di pianificazione successoria e gestione intergenerazionale. Secondo alcune proiezioni, saranno 84.000 miliardi di dollari a passare di mano nel mondo entro il 2045 ("Il grande trasferimento di ricchezza", Pictet), mentre altre stime parlano di 18.300 miliardi di dollari di patrimonio a livello globale entro il 2030, di cui 3.500 miliardi di dollari in Europa ("Affrontare il grande trasferimento di ricchezza", Vanguard). In ogni caso, tale trasferimento di ricchezza avverrà in un contesto di profondi cambiamenti nel modo di utilizzare le proprie risorse, risultando in un significativo riesame di come attrarre consumi e investimenti di domani e che, quindi, si prevede avrà un impatto rilevante sul settore finanziario.

In tal senso, il punto di partenza dell’analisi risiede nelle conseguenze della demografia e, in particolare, del progressivo invecchiamento della popolazione dovuto sia alla bassa natalità e sia al contemporaneo allungamento dell’aspettativa di vita. Per avere un’idea del fenomeno, solo in Italia (ma il trend è comune a tutto l’Occidente) le previsioni Istat indicano che la struttura per età della popolazione subirà un profondo mutamento nei prossimi anni, con un’incidenza degli over 65enni sul totale destinata a salire dal 24% del 2023 a oltre il 32% nel 2040. Parallelamente, per questa coorte di età cambia anche la composizione dei nuclei familiari, che già oggi vede una predominanza di famiglie composte da coppie senza figli (il 42,5%) se non addirittura mononucleari (31,5%). Oltre alle ormai note implicazioni in tema di welfare, è lecito attendersi che ciò avrà delle implicazioni anche sulle finalità del risparmio e, di conseguenza, sulle scelte di investimento. In assenza di figli, infatti, è verosimile ipotizzare una minore propensione al risparmio tra i più anziani e un cambiamento delle motivazioni che portano le persone a investire, venendo meno la volontà di costruire e lasciare qualcosa per i futuri eredi, portando a una diversa asset allocation all’interno dei portafogli delle famiglie e a un incremento dei consumi della Silver Economy. 

Per il mondo dei Family Office, la quota di ricchezza delle famiglie detenuta dalla seconda generazione sta diventando sempre più rilevante, portando con sé nuove prospettive e obiettivi nell’attività di investimento. Questo inevitabile passaggio generazionale, infatti, si trova a dover fare i conti con l’evoluzione dei valori e del contesto economico-sociale, influenzando sia il modo in cui il patrimonio viene percepito sia la gestione del suo trasferimento. La sempre maggiore attenzione alla sostenibilità e all’impact investing sono chiari esempi di come le scelte di portafoglio non siano più guidate unicamente dalla ricerca di rendimento, ma anche dalla crescente consapevolezza da parte delle nuove generazioni che l’attività di investimento possa avere un impatto sociale positivo. La gestione della great wealth transition dovrà quindi allinearsi anche a un cambio di valori e a una diversa attitudine verso la ricchezza, vista sempre di più come un’opportunità per essere il motore del cambiamento, spingendo quindi anche gestori e fabbriche prodotto a rivedere la propria offerta. Da un punto di vista tematico, dunque, le nuove generazioni saranno sicuramente più inclini a prodotti di investimento tech driven, mantenendo un occhio di riguardo anche verso le questioni legate alla sostenibilità e all’ambiente: transizione ecologica e tecnologica restano tra i temi di maggiore interesse, con lo sviluppo di progetti nei settori delle energie rinnovabili, dell’economia circolare e dell’intelligenza artificiale.

I Family Office, infatti, sono generalmente considerati investitori ricettivi alle tendenze del mercato e disposti a valutare investimenti tattici, mantenendo sempre la vicinanza al mondo dell’industria con investimenti legati al mondo corporate/aziendale, data anche la naturale vocazione imprenditoriale di questo tipo di player che rende questa asset class maggiormente conosciuta e valutabile e in cui spesso confluiscono non solo motivazioni sotto il profilo rischio/rendimento ma anche un’unità di intenti e una condivisione valoriale. Il tutto, come detto, va però inserito all’interno dell’attuale quadro congiunturale, che vede tra le preoccupazioni di medio/lungo termine spiccare i timori legati a possibili conflitti geopolitici, al cambiamento climatico e al rischio di una crisi del debito (Global Report 2024 di UBS). Il tema della sostenibilità deve fare i conti, da un lato, con la bocciatura da parte di Trump del Green Deal europeo e dell’impegno verso il raggiungimento dei target Net-Zero, e dall’altro dal rafforzamento del connubio transizione energetica e digitale. L’UE conferma i propri obiettivi di decarbonizzazione, che dovranno però procedere di pari passo con il necessario sviluppo di attività fortemente energivore come la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. 

La divergenza di sensibilità in ambito sostenibile sulle due sponde dell’Atlantico è testimoniata anche da alcuni recenti studi. Secondo la "2024 Survey of Investors, Retirement Savings, and ESG" della Standford University, solo l’11% dei giovani americani appartenenti alle generazioni Millennial e Gen X ritengono importante investire in fondi che abbiano un impatto ambientale positivo. Un calo evidente rispetto al 44% del 2022 e al 27% del 2023, complice probabilmente anche la disaffezione per le tematiche ambientali dopo alcuni anni di difficoltà per il settore. In Europa, invece, la 2024 Cio ESG Survey di Deutsche Bank rivela che un quinto degli investitori da priorità ai temi sociali e il 51% prevede di incrementare l’allocazione alle strategie sostenibili nei mesi a venire.

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

 5/2/2025

 
 

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