Alcune proposte per migliorare il reddito netto dei lavoratori senza penalizzare il welfare

Come provare a incrementare i redditi dei lavoratori dipendenti, degli autonomi e dei liberi professionisti, senza intraprendere la strada di riforme fiscali che, sul lungo periodo, potrebbero rivelarsi poco sostenibili oltre che poco eque? Le proposte di Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

Alberto Brambilla

Come abbiamo visto nell’analisi sul differenziale tra stipendio netto in busta paga e costo aziendale per ogni lavoratore, è difficile - se non impossibile - intervenire sulle tre componenti del costo del lavoro, fisco, contributi sociali e altre componenti della retribuzione annua lorda (tredicesima e quattordicesima mensilità, TFR, ferie, festività, welfare complementare e così via, tutti istituti che alla fine vanno a beneficio del lavoratore), se non per i redditi oltre i 35mila euroma limitatamente alla componente fiscale, rimodulando le aliquote. Per memoria, i titolari di redditi che pagano un’IRPEF media inferiore al 15% o poco più sono circa 35 milioni su un totale di 41,21 milioni di dichiaranti. Tuttavia, sappiamo che i redditi da lavoro nel nostro Paese, a seguito degli accordi Ciampi del 1993 e Berlusconi del luglio 2003, non hanno beneficiato di una congrua rivalutazione se non per il tramite degli istituti accessori allo stipendio base. Come fare allora per aumentare i redditi dei lavoratori dipendenti, degli autonomi e dei liberi professionisti?

Tab. 1 - Aliquote al netto el al lordo del bonus di 80 euro per tutte le tipologie di contribuenti
(ammontare e media in migliaia di euro) 

Tutte le tipologie di contribuenti: aliquote al netto e al lordo del bonus

Fonte: elaborazioni Itinerari Previdenziali su dati MEF e Agenzia delle Entrate

In primis, consentendo a tutti i lavoratori di poter beneficiare del cosiddetto "contrasto di interessi" che riesce a dare una soluzione a tutti questi temi senza causare perdite di gettito per l’erario. La proposta è la seguente: per un periodo sperimentale di 3 anni tutte le famiglie possono portare in detrazione dalle imposte dell'anno il 50% delle spese effettuate con regolare fattura elettronica (incrocio dei codici fiscali) nel limite di 5.000 euro annui per una famiglia di 3 componenti, limite che  può essere incrementato di 500 euro per ogni ulteriore componente; nel caso di incapienza si possono poi prevedere misure compensative (ad esempio, credito quota asili nido, mense etc.). I lavori/servizi detraibili sono quelli effettuati direttamente dal fornitore della prestazione alle 25 milioni di famiglie: manutenzione della casa (lavori idraulici, elettrici, edili, tappezzerie, mobili), manutenzione di auto, moto e biciclette, piccoli aiuti domestici, quota colf/badante. I risultati? 1) La famiglia, indipendentemente dal reddito, risparmia 2.500 euro di IRPEF (è come pagare i lavori, IVA compresa, al 50%, una bella forma di concorrenza nei confronti degli irregolari) equivale a una sorta di quattordicesima mensilità che, per redditi fino a 35mila euro (il grosso dei contribuenti, come emerge dall'ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali), rappresenta una riduzione del 50% del cuneo fiscale. 2) Gli irregolari, diffusissimi da noi vengono drasticamente ridotti; si dà il via a un “circolo virtuoso” e si spezza la catena per cui lavoro nero tira lavoro nero. Questo è forse il maggiore risultato dell’intera operazione: si riafferma la legalità3) Lo Stato non ne fa un guadagno stratosferico ma le entrate migliorano almeno del 15% che, su un'evasione tra IVA (evasa per 8 fatture su 10), contributi e imposte pari a circa 160 miliardi, vale comunque 24 miliardi (giusto lo sminamento delle clausole IVA).

Oltre al contrasto di interessi, visto che già oggi sono previste deduzioni importanti quali i 5.164 euro per la previdenza complementare, i 3.616 euro per la sanità integrativa e sconti fiscali previsti dal TUIR per premi e prestazioni assicurative e LTC, si potrebbe pensare all’introduzione di un “plafond unico famiglia” da circa 9mila euro l’anno (modulabile in funzione del numero di componenti) che si potrà usare, nelle sue varie funzioni, a seconda delle esigenze familiari. Lo Stato, con queste forme di welfare complementare e volontario, risparmia ed efficienta i servizi.

Poi ci possono essere altre misure a favore delle diverse categorie di lavoratori; ne elenchiamo alcune: 

  1. Per favorire l'aumento dell'imprenditorialità giovanile nei settori artigianato, commercio, turismo, servizi e nuove startup si potrebbe: a)  eliminare per le nuove aperture di partita IVA, la minimum contribution; si pagheranno i contributi sociali all’INPS o ad altro Ente, l'anno successivo e per le età fino a 32 anni, disoccupati da più di un anno, donne over 47 e maschi over 55, la contribuzione è ridotta del 70% per i primi 3 anni e del 50% per i successivi 2 anni dall’apertura dell’attività con possibilità, in futuro, in modo volontario, di versare ciò che non è stato versato; b) costo della partita IVA ridotto del 50% mediante contributo statale; c) per i primi 5 anni la deducibilità dei costi di avviamento è annuale, per cassa e non con ammortamento,  e i costi sono valutati al 130% (tipo industria 4.0); lo stesso ammortamento, sempre per 5 anni, può essere previsto per i costi del personale assunto. 
  2. Nel settore dell'agricoltura, per favorire e incentivare la tutela del territorio contro i danni dell’incuria, della mancata manutenzione di boschi, corsi d’acqua, zone collinari e montuose, al coltivatore, tramite un patto vigilato con lo Stato, le regioni e le comunità montane, a fronte della manutenzione del territorio assegnato all’agricoltore o di sua proprietà, vengono pagati annualmente i contributi sociali in ragione del reddito dichiarato. 
  3. Per i dipendenti si potrebbe invece prevedere un ampliamento del welfare aziendale e dei premi di risultato tramite accordi diretti semplificati e plurisoggettivi tra datori di lavoro e lavoratori interessati fino a un massimo del 10% della RAL con un limite di 5.000 euro, un aumento dei buoni pasto da 5,16 euro (7 per gli elettronici) a 10 euro giornalieri e l'introduzione del buono trasporti per un massimo di 1.200 euro annui defiscalizzato.

Rispetto a ipotesi come la flat tax (che è un autentico motore di produzione di sommerso e irregolare) o riduzioni di aliquote che comunque generano iniquità sociali (si veda la flat tax per le partite IVA fino a 65mila euro), costi difficilmente sostenibili e che non portano maggiori entrate (la curva di Laffer è solo sui libri di economia), queste proposte rappresentano un autentico investimento per lo Stato generando più occupazione, maggiori consumi e tutela del territorio, con enormi risparmi sui costi post eventi calamitosi. Per i lavoratori dipendenti significa un incremento da oltre 3.000 euro netti, oltre al contrasto di interessi (2.500 euro) e al welfare aziendale; stessi incrementi per le altre categorie. È questa la rivoluzione del buon senso basata sui numeri e non sulle storie sceneggiate da una politica assatanata di consensi.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

19/8/2019

L'articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 19/8/2019 
 
 

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