Il ruolo degli anziani nell'Italia del futuro

Si apprezzano i Silver per il loro contributo all'economia e alla cura familiare, ma si fatica a valorizzarne il ruolo nella vita collettiva anche se si tratta di una popolazione numericamente e socialmente crescente: l'impegno di ASviS e FUTURAnetwork per uno sviluppo sostenibile che passi anche attraverso un buon equilibrio intergenerazionale 

Donato Speroni

Gli anziani non soltanto hanno un peso importante nei consumi individuali e nelle scelte collettive, ma hanno un ruolo indispensabile nelle attività familiari di cura e supporto a figli e nipoti; hanno in larga misura imparato a usare le nuove tecnologie; aspirano e praticano in massa uno stile di vita che guarda al benessere con scelte, dai viaggi all’impegno di volontariato, poco immaginabili qualche decennio fa. Ovviamente non si può generalizzare, ma non c’è dubbio che la vita delle persone di oltre 65 anni, età tradizionalmente considerata del ritiro dal lavoro, fino almeno agli 80 (ma anche fino ai 100 in casi sempre più frequenti) è totalmente cambiata ed è cambiata in meglio. 

Gli aspetti commerciali di questa evoluzione sono stati prontamente percepiti dal mercato. Meno attenta la comunicazione sui media, che in molti casi indulge in vecchi schemi. L’immagine dell’anziano è schizofrenica, come se i Silver fossero la maledizione e la benedizione della nostra società. I Silver avrebbero gravi colpe, perché non si sono resi conto nei loro anni di maturità, anni sostanzialmente di pace e benessere, che stavano distruggendo il Pianeta; sono in migliori condizioni economiche dei giovani che vivono con occupazioni precarie; devono sbrigarsi a passare la mano nei loro ruoli produttivi. Secondo questa narrazione gli anziani sono sostanzialmente una remora al progresso della società anche quando in buona salute, per non parlare dei costi degli anni dell’invecchiamento, della demenza senile che aumenta, di tutti gli oneri previdenziali e sanitari che l’allungamento della vita comporta. 

Sull’altro piatto della bilancia c’è il fatto che questi anziani, più ricchi dei giovani in patrimonio e reddito e tranquilli nel loro benessere, sono indispensabili al funzionamento della famiglia e dell’economia di mercato per la loro capacità di spesa. Generalizzazioni, ovviamente, se si guarda in realtà alla cattiva condizione di molti anziani soli. Ma nel complesso il messaggio che passa è questo: spremiamo gli anziani perché hanno i soldi, ma se possibile cerchiamo di tenerli confinati nelle loro bocciofile. È evidente che questa visione corrisponde a una vera e propria emarginazione di una componente numericamente crescente e socialmente rilevante della nostra collettività.

Qualcosa però sta cambiando. L’invecchiamento della popolazione italiana è una realtà che suscita preoccupazione crescente nel dibattito pubblico e ha molte cause, alcune delle quali in parte rimediabili. Giustamente si comincia a discuterne con maggiore frequenza, grazie anche ai documentati appelli lanciati dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo. Ma il problema non è colpevolizzare gli anziani di oggi, o quelli di metà secolo (che sono poi i trentenni di oggi), quando la crisi sarà più avvertita, per il loro peso nella società. Dobbiamo invece chiederci come valorizzare al meglio il loro ruolo e il loro contributo alla vita collettiva. Si muovono in questa direzione numerose iniziative di organizzazioni che guardano allo sviluppo sostenibile della società italiana nei prossimi decenni. 

Il ruolo degli anziani nella costruzione di un percorso di sostenibilità è infatti importante sia per l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) sia per il progetto FUTURA, che volentieri hanno accordato il loro patrocinio a questa importante ricerca di Itinerari Previdenziali. Scopo dell’ASviS, la più importante rete italiana sulla sostenibilità con i suoi oltre 300 soggetti aderenti, è mettere in sinergia l’impegno di associazioni, fondazioni, università e altre strutture della società civile per realizzare i 17 Goal e i 169 target dell’Agenda 2030 che l’Italia ha sottoscritto all’ONU nel 2015. Il documento sottolinea in particolare l’esigenza di tutelare e valorizzare il ruolo degli anziani nelle città (Goal 11). Inoltre, la tutela della persona in ogni fase della vita è a fondamento di tutta l’Agenda, che nel preambolo ribadisce l’esigenza di “non lasciare nessuno indietro”. La sostenibilità sociale è altrettanto importante della sostenibilità ambientale e deve marciare di pari passo, attraverso un percorso di “giusta transizione”, espressione richiamata anche nei documenti della Commissione e del Parlamento europeo.  

L’Agenda 2030 è una bussola per il futuro prossimo, per obiettivi che di giorno in giorno scopriamo quanto sia difficile raggiungere, in un contesto geopolitico sempre più incerto e con le gravi e durature conseguenze della pandemia.  Non a caso, per recuperare i ritardi accumulati, il segretario dell’ONU Antonio Guterres crede che gli anni ‘20 di questo secolo siano una Decade of action. Ma è necessario guardare oltre il 2030. Il sito futuranetwork.eu è stato ideato da Enrico Giovannini (quando era portavoce dell’Alleanza, prima di assumere responsabilità di governo), con il supporto di altri futurists, studiosi e centri di ricerca sugli scenari a medio e lungo termine. Il progetto FUTURA nasce per stimolare il dibattito in merito alle scelte da compiersi oggi per un domani sostenibile, anche guardando alle scadenze a metà secolo, come per esempio la già citata “giusta transizione verso una economia e una società a “emissioni zero”.

Fin dalla nascita del sito, avvenuta due anni fa, ci è apparso chiaro che FUTURA, guardando ai prossimi decenni e ai possibili scenari a metà secolo, doveva porsi tra i suoi temi fondanti quello sul ruolo degli anziani. Per iniziativa del giornalista Ezio Chiodini abbiamo aperto un filone di dibattito, cui ha fatto seguito un evento l’11 ottobre 2021 nel corso del Festival dello Sviluppo sostenibile, sul tema “Giovani e anziani nell’Italia del 2050”, con due sessioni, una di esperti e una di rappresentanti di organizzazioni giovanili. Il dibattito è partito dal preoccupante quadro demografico per delineare poi il “che fare” lungo tre direttrici: 

  • la valorizzazione delle competenze degli anziani disponibili a lavorare per la collettività. Non si tratta certamente di “rubare il lavoro ai giovani”, ma di arricchirne il percorso. E anche di supportare gli enti locali, per molti versi in gravi difficoltà nel reperimento di esperti;
     
  • la protezione degli anziani più fragili e bisognosi d’aiuto, spesso considerati solo “rifiuti umani” per usare un'espressione di Papa Francesco;
     
  • la necessità di affrontare il confronto tra le generazioni in modo costruttivo e non antagonista. 

È certamente positivo, in quest'ottica, la modifica costituzionale (a lungo richiesta dall’ASviS) approvata definitivamente dal Parlamento in gennaio, che stabilisce il principio della tutela dell’ambiente e della biodiversità “anche nell’interesse delle future generazioni” introducendo così tre concetti prima assenti nella Carta: la tutela costituzionale del clima (e quindi anche il valore prioritario degli interventi contro il global warming); il concetto di futuro e quindi di sostenibilità; l’equilibrio intergenerazionale. Più un quarto tema: la salvaguardia dei diritti degli animali.  

Solo parole? Certamente no, perché questi principi devono modificare il modo di fare le leggi. L’equilibrio intergenerazionale deve dunque essere al centro di una politica con obiettivi di sostenibilità a medio e lungo termine. Demografia, statistica, economia del benessere e della sostenibilità sono tutti ingredienti indispensabili per costruire uno scenario credibile sul ruolo degli anziani nel futuro. Queste discipline sono le basi sulle quali costruire una politica. Ma per ora abbiamo solo delle ottime basi.  

Donato Speroni, Comunicazione e redazione ASviS e FUTURAnetwork

20/7/2022

 
 

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