L'incertezza di un Paese poco razionale

Come attivare le potenzialità del Paese e favorire gli investimenti in economia reale? Buone pratiche, criticità e prospettive future: perché per l'Italia è tanto importante trovare strade che consentano ai patrimoni istituzionali di supportare crescita e sviluppo 

Gianmaria Fragassi

Se l'Italia fosse un Paese razionale, nel 2019 non sarebbe necessario organizzare convegni dal titolo "Investire in Italia: attivare le potenzialità del Paese". Se l'Italia fosse un Paese "normale" molto probabilmente non ci sarebbe un'offerta tanto sterminata di convegnistica e pubblicistica in materia di economia reale che cerca di identificare le sterminate soluzioni che portano al sostegno del Paese...

Il tema è complesso, ormai è noto, così come è noto quanto gioverebbe un aiuto al sistema produttivo! Nella vicina Svizzera, ad esempio, di questi tempi si stanno valutando gli impatti e gli indotti che le politiche di investimento da parte degli investitori istituzionali in economia nazionale hanno portato al Paese negli ultimi dieci anni. In questo contesto va aggiunto che il 2018 ha decretato mercati azionari globali e mercati emergenti con segni negativi, così come bond con tassi di volatilità elevati. Che fare dunque per trovare la strada che agevoli e faccia confluire gli ingenti patrimoni istituzionali in economia reale?

Viviamo di momenti, di cicli di vita. Siamo ormai da diverso tempo, in una fase di incertezza, che sia essa normativa, legislativa, di sviluppo e di programmazione. Non è semplice programmare iniziative di investimento domestiche in questo contesto. 

Per promuovere e favorire gli investimenti in economia reale serve una relazione tridimensionale: ci sono l’investitore (nel nostro caso, investitori istituzionali) e il destinatario dell’investimento (fondi di investimento, PMI, fondi immobiliari o di social housing, fondi infrastrutturali), fin qui tutto abbastanza semplice. L’ultimo attore della catena è lo Stato, il legislatore che può attivare o disattivare le potenzialità del Paese, che può incentivare o disincentivare tali investimenti, colui che nella sostanza “sposta gli equilibri”.

Tutti gli anni, "tradizionalmente" dopo Natale – questa volta la firma è arrivata alle 16.45 del 30 dicembre - viene promulgata la Legge di Bilancio. Si credeva che l’attuale governo potesse “calcare” maggiormente la mano e introdurre delle agevolazioni per tutti gli investitori istituzionali che avessero voluto selezionare nella loro asset allocation prodotti con impatti sull’economia reale.  Qualche comma (Legge di Bilancio 2019, articolo 1 commi da 116 a 123 e commi da 206 a 210) dedicato alle agevolazioni per gli investimenti nel sistema Paese lo ritroviamo, ma si tratta davvero di una goccia in un oceano di commi (1143 per l’esattezza). In particolare, la Legge di Bilancio 2019 aumenta dal 5 al 10% la soglia dell’attivo patrimoniale che le Casse previdenziali dei liberi professionisti e i Fondi Pensione possono destinare a investimenti qualificati e a piani di risparmio a lungo termine. Tra gli investimenti qualificati vengono introdotte le quote e le azioni di Fondi di Venture Capital siti nel territorio dello Stato o in ambito europeo. Alle Casse e ai Fondi pensione spetta l’esenzione dell'imposta sui redditi di natura finanziaria derivanti dagli investimenti effettuati, a condizione che siano detenuti per almeno 5 anni (PIR istituzionali). L’incertezza però torna sovrana quando pensiamo che in molti casi, infatti, i chiarimenti -  in particolare sui fondi di Venture capital - arriveranno solo con i decreti attuativi e in tempi, appunto, incerti. Per quanto riguarda gli investimenti in economia reale – di questo parliamo – molto pochi sono gli incentivi presentati in questa Legge di Bilancio, con l’ulteriore aggravante dell'incognita delle elezioni europee. Che potrebbero addirittura cambiare gli equilibri di governo e, di conseguenza, le linee di indirizzo sin qui dichiarate.

Il sostegno all’economia reale, tra l’altro, non è solamente sostegno e trasferimento di capitali da investitori istituzionali verso le imprese, ma è anche - e sappiamo bene quanto il nostro Paese ne abbia bisogno -  investimento in infrastrutture dove il partenariato tra privato e pubblico (PPP), che ben si sposa con gli obiettivi di lungo termine degli investitori istituzionali, risulta ormai la strada da percorrere. Ultimo, ma non per importanza, è lo scenario immobiliare che merita una menzione particolare: i trend da non mancare per il futuro sono sicuramente residenze anziani e studentati. Chi investe in queste asset class affronta una grande opportunità di rendimento.

L’incertezza, ancora una volta, domina nelle scelte di allocazione. La strada futura - già in parte tracciata per agevolare, attivare, incentivare, consolidare le politiche di sostegno all’economia reale - è quella delle aggregazioni e dei coinvestimenti. Gli investitori non dovranno più vivere nell’ottica del puro acquisto di prodotto, ma dovranno ambire a un cambio culturale nella definizione degli obbiettivi strategici e nella realizzazione degli investimenti. Vi è, inoltre, il principio di diversificazione dei rischi, che impone alle forme complementari un'estrema prudenza nella concentrazione domestica degli impieghi, siano essi titoli di Stato o azioni e obbligazioni corporate o investimenti alternativi. La verità sta nel mezzo, direbbe qualcuno, e solo il tempo sarà in grado di dirci quanto anche il nostro poco razionale e molto incerto Paese sarà in grado di fare per se stesso in futuro. Ma di sicuro, come cantavano Morandi, Ruggeri e Tozzi, Si può dare di più

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

9/1/2019

 
 

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