L'assalto ai fondi pensione e alle Casse di Previdenza
Nelle ultime settimane si sta discutendo di introdurre per legge l'obbligo, per i fondi pensione complementari, di investire in strumenti azionari emessi da PMI italiane: se supportare l'economia reale domestica è certo una necessità, la strada dell'imposizione statalistica non pare quella giusta. Tanto più dopo anni in cui la previdenza complementare non viene supportata e incentivata
LItalia è un Paese strano. Prendiamo i fondi pensione complementari; apparentemente non interessano a nessuna forza politica ma, nelle ultime settimane su di loro e anche sulle Casse di Previdenza dei liberi professionisti, si sono accesi gli appetiti della finanza nostrana sempre a caccia di nuovo business, e attratta dai patrimoni di questi investitori istituzionali.
Ha iniziato il COMI, il Comitato Operatori di Mercato e Investitori in seno alla Consob, nato per agevolare il confronto con gli operatori e presieduto da Pier Carlo Padoan (ex ministro, Presidente di Unicredit e papà dei PIR), che ha chiesto che il governo preveda per legge lobbligo per i fondi pensione complementari di un investimento in strumenti azionari emessi da PMI italiane o europee (quelle quotate a Piazza Affari allEuronext Growth) e incentivi di natura fiscale per tali investimenti. Il motivo, dice Giovanni Natali, Presidente di AssoNEXT, è che i fondi pensione complementari hanno investito 32,5 miliardi in azioni estere e solo 1,5 miliardi (l1,5% del totale azionario) in quelle italiane. Peccato che la Borsa italiana pesi meno del 2%, quindi in proporzione avremmo dovuto investire poco più della metà. Sempre secondo il COMI, i fondi dovranno investire nel venture capital almeno il 5% del loro patrimonio per non perdere il bonus fiscale; di quale bonus si tratti non è dato sapere.
Immediatamente, è partita la politica con Giulio Centemero (Lega Salvini Premier), membro della Commissione Finanze, che si è detto totalmente daccordo, e ha affermato la necessità di riaprire il cantiere dei PIR (Piani di Risparmio Individuali che, fino a 1,5 milioni di euro, non pagano imposte a vita al contrario dei FPC, e hanno creato una bolla speculativa in Borsa tanto che oggi sono fermi) e listituzione di un fondo dei fondi pubblico (gestito da CDP?), con la chiamata alle armi per Casse di Previdenza e fondi pensione che devono smettere di lamentarsi e contribuire investendo in Italia i risparmi degli italiani. Sul tema si è schierata la Commissione Bicamerale di Controllo degli Enti previdenziali presieduta dal leghista Alberto Bagnai che, nella seduta plenaria, ha deciso di svolgere due indagini che riguardano rispettivamente gli investimenti finanziari di enti previdenziali e fondi pensione e l'equilibrio e i risultati delle gestioni del settore previdenziale allargato, precisando "che, in un orizzonte temporale di un anno, si vuole investigare il ruolo di Casse e fondi in relazione allo sviluppo del mercato finanziario e al contributo fornito alla crescita dell'economia reale. Il compito principale della Commissione sarebbe quello della sostenibilità del sistema previdenziale ma, evidentemente, la finanza ha fatto breccia anche qui.
Perché questa regola debba valere solo per fondi pensione complementari e Casse previdenziali, che insieme gestiscono poco più di 350 miliardi, e non per gli oltre 2.500 miliardi di risparmio gestito (polizze, fondi comuni, gestioni patrimoniali ecc.) è chiaro. Quale politico avrebbe il coraggio di fare leggi costrittive nei confronti degli operatori del risparmio gestito che sono SIM, banche, assicurazioni e SGR (tutti soggetti che siedono nel COMI)? Nessuno! Più facile prendersela con fondi e Casse, cosa che è successa costantemente in passato. Infatti, dopo un lungo e tortuoso percorso istitutivo durato 20 anni con lopposizione di parte della politica (affiancare il pilastro pubblico con uno complementare privatistico era un quasi sacrilegio) e conclusosi nel 2005 con il D. Lgs. 252/05, il governo Prodi prima (nel 2006) e quello Renzi nel 2015 hanno mutilato e penalizzato fiscalmente sia i fondi sia le Casse. Anche in passato la prima legge sui fondi pensione (D. Lgs 124/93 di Amato) era stata sabotata appena nata dal ministro Andreatta, che si era inventato unimposta preliminare del 15% sui versamenti dei contributi bloccandola per anni; lo stesso è capitato a Dini nel 1996, sabotato da Visco pochi anni dopo.
Anzitutto occorre premettere che il compito primario e statutario di Casse previdenziali e fondi pensione complementare è quello di pagare le pensioni, e non di finanziare leconomia italiana; tocca ad altri operatori e allo Stato il compito di sostenere leconomia reale con investimenti, leggi e agevolazioni (industria 4.0 ad esempio). Secondo punto: i mercati di capitali italiani sono molto piccoli e, per la semplice ragione della diversificazione degli investimenti, occorre guardare anche ai mercati internazionali. Diversamente, i lavoratori avrebbero tutti i rischi (posto di lavoro e investimenti) concentrati in Italia, come accadeva prima della riforma del 1995.
Ciò premesso, tutti siamo contenti se si può dare una mano alleconomia reale domestica e da molti anni chiediamo: 1) che Cassa Depositi e Prestiti faccia da adviser (e non da competitor) nella scelta di investimenti in economia reale sia per i fondi pensione sia per le Casse, spesso sono troppo piccoli patrimonialmente per avere specializzazioni interne; 2) che, come accade allestero, ci siano agevolazioni fiscali sugli investimenti in economia reale domestica; 3) che, prima di pensare a leggi coercitive, la politica dovrebbe riportare la tassazione delle plusvalenze dei fondi pensione complementari all11% originario, aumentato al 20% da Renzi, e soprattutto portare la tassazione al momento della prestazione, mentre oggi i fondi pensione complementari sono lunica forma di risparmio in Europa tassata annualmente; 4) di reintrodurre il fondo di garanzia per le PMI per il finanziamento del deflusso del TFR ai fondi pensione; il TFR è liquidità interna per le piccole aziende che, in assenza di credito bancario, lo utilizzano per loperatività impedendo di fatto alla metà dei lavoratori di aderire ai fondi pensione complementari; 5) di tornare sul tema della suddivisione tra aziende con più o meno 50 dipendenti introdotta dal governo Prodi, la quale prevede che il TFR dei lavoratori che non aderiscono ai fondi pensione complementari vada al Fondo INPS. In 10 anni sono stati sottratti alleconomia reale italiana oltre 97 miliardi usati dallo Stato per spesa corrente.
Prima di inventare obblighi statalistici, sarebbe bene restituire i 97 miliardi alleconomia reale e risolvere le anomalie dei fondi pensione complementari e delle Casse che oggi soffrono addirittura di una doppia tassazione, caso unico in UE.
Alberto Brambilla, Presidente Centro studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
17/3/2025