L'economia della Russia: non chiamatela potenza!

Per PIL pro capite la Russia si colloca solo al 72esimo posto al mondo: una ricchezza concentrata nelle mani di poche persone al potere e fondata su gas e petrolio, un "tesoretto" in rapida scadenza se l'UE riuscisse ad accelerare la propria transizione energetica. Quale futuro per il Paese dopo l'invasione ai danni dell'Ucraina? 

Alberto Brambilla

Per un Paese come l’Italia che ha fatto la resistenza e lottato per la propria libertà è imbarazzante sentire chi chiede di non mandare armi al popolo ucraino brutalmente invaso dalla Russia di Putin, quello stesso che ha bombardato la Siria, e in particolare Aleppo, con oltre 51mila morti; è altrettanto pericoloso dire no alla guerra e no alla NATO, e giustificare l’azione bellica dicendo che tutto sommato siamo noi europei ad aver provocato lo zar, allargando la NATO. I bei tempi bossiani dell’autodeterminazione dei popoli sono miseramente naufragati. Molto probabilmente Putin ha preparato accuratamente l’invasione ucraina da oltre un anno e mezzo e, sempre probabilmente, ha messo in cascina tali e tante riserve da resistere fino alla completa distruzione del Paese. E, con molta probabilità, non si fermerà solo lì. Certo, la resistenza degli ucraini e di Zelensky potrebbe far saltare i piani ma l’uomo non è un pazzo: sa di essere ormai escluso dal consesso mondiale, per cui che i morti siano 3mila o 100mila (350mila in Siria) non gli importa nulla, e soprattutto non teme gli europei che considera immorali e imbelli.

Ma la Russia è davvero una grande potenza? Come dimensioni è il Paese più grande del mondo: ha una superficie di 17,1 milioni di km quadrati, un sesto delle terre emerse, e il suo territorio potrebbe contenere circa 56 volte l’Italia. Misurata da ovest al confine più orientale, la Russia ha una lunghezza di circa 11mila chilometri ed è attraversata da ben 11 fusi orari, contro i 5 della Cina (anche se lì vale solo il fuso orario di Pechino) e i 4 degli USA. Nonostante questo enorme territorio la popolazione russa è di soli 146 milioni di abitanti e si situa al nono posto dopo la Nigeria e prima del Messico. È al 181esimo posto nel mondo su 194 Paesi per densità di popolazione, con 8,4 abitanti per chilometro quadrato: una nazione con una modestissima popolazione, quasi nulla lungo il confine, più sulla “carta” che fisico, di oltre 4.200 km con la nazione più popolosa del mondo, la Cina; un confine molto complicato da difendere. Quanto alla ricchezza prodotta, nel 2021 il PIL della Russia è stato pari a 1.439 miliardi di euro, molto meno del PIL dell'Italia che, nello stesso anno, è stato pari a oltre 1.781 miliardi. La Russia occupa dunque il 12esimo posto nella classifica mondiale del FMI.  

Il PIL pro capite, giusto per valutare il livello di povertà del Paese è pari a 27.900 dollari, e pone la Russia al 72esimo posto al mondo, preceduta da Paesi anche modesti, più piccoli e che non fanno parte del G8. A titolo comparativo, il pro capite italiano è di 38.200 dollari. Tuttavia, gran parte di questa ricchezza va a vantaggio solo delle oligarchie al potere, degli amministratori locali e nazionali nominati dal partito e spesso direttamente da Putin, dell’esercito e pochi altri “amici” che però costituiscono un forte potere nei confronti del resto della popolazione, la quale vive con modeste disponibilità economiche, senza la possibilità di informarsi e subendo così la “disinformazia” di partito. Eppure la Russia è al primo posto al mondo per riserve di gas, sesta per riserve di petrolio e dotata di notevoli riserve di nichel, platino, oro, minerali ferrosi e molte altre risorse del sottosuolo.

Gas e petrolio sono la fonte principale degli introiti russi ma, nel medio termine, potrebbero diventare anche un punto di debolezza se l’Occidente si “svegliasse” e accelerasse la transizione energetica. Dal 2000 in poi Gazprom ha firmato accordi con la Cina per la fornitura di gas passando da 5 miliardi di metri cubi ai 16,5 miliardi, cui da quest’anno se ne aggiungono altri 10 per i prossimi 30 anni, mentre verso l’Europa ne esporta molti di più: la sola Italia ne importa 28,7 miliardi di metri cubi di gas naturale, ben il 43% dei 66,4 miliardi di metri cubi importati totali. Il paradosso è che se la Russia dovesse tagliare le forniture di gas alla “imprevidente” Europa, poco potrebbero fare i nostri Paesi, se non subire passivamente; diverso se li dovesse tagliare alla Cina che dispone di un esercito di oltre 2 milioni di regolari e un altro mezzo milione di riservisti, cioè circa 4 volte quello russo, che inoltre è meno motivato di quello cinese. Molto probabilmente i cinesi entrerebbero nell’etereo confine russo e il gas se lo prenderebbero; in questo caso, Putin sarebbe il “vaso di coccio” e poco potrebbe fare con un regime che accetta solo sudditi e non partner. Altro che fare la voce grossa con l’Ucraina e l’Europa! Inoltre, molti tra il miliardo e mezzo di cinesi sono attratti dalle ricchezze e dai terreni agricoli siberiani, territori quasi disabitati dai russi, che sarebbero felici di utilizzare; pare che già in questi anni ci sia un importante flusso migratorio di piccoli agricoltori e commercianti cinesi verso queste terre senza alcuna reazione da parte della Russia.

A pensarci bene, quindi, la Russia non pare una grande potenza almeno se la immaginiamo tra 20 anni quando, si spera , potremo fare a meno dei combustibili fossili. Certo, oggi è fortissima perché la politica italiana e gran parte della popolazione si è schierata contro i rigassificatori, i termovalorizzatori, il TAP, il nucleare e le agevolazioni verso le rinnovabili che costano in bolletta e che ci avrebbe potuto affrancare dal ricatto russo. Ci siamo cullati senza far nulla beneficiando del forte ribasso dei prezzi del gas e del petrolio iniziato nel 2014 e oggi paghiamo le conseguenze di questa ignavia. Eppure, sapevamo di correre rischi gravi dai tempi dell’invasione della Cecenia tra il 1999 e il 2009, e ancora più dal 2008 quando venne invasa la Georgia, e soprattutto nel 2014 con l’annessione della Crimea: appariva ormai chiara la “vocazione” di Putin a ripristinare i fasti dell’ex impero sovietico. Tutto questo dovrebbe far riflettere quella parte di classe politica che non ha compreso i rischi o peggio ha tollerato la politica russa degli ultimi 20 anni.

Quanto a noi cittadini, oltre che commuoverci per i poveri ucraini mentre ci beviamo comodamente un bel caffè, dovremmo chiedere a gran voce di ridurre le importazioni dalla Russia, sopportando magari un po' di freddo e razionalizzando i consumi; così facendo ridurremmo il numero delle bombe sganciate sugli ucraini, pagate con i nostri soldi. Certo, se oltre a inventarsi bonus di tutti i tipi si fosse previsto, per beneficiarne, l’installazione di 3 kilowatt per ogni unità abitativa ristrutturata e il 50% di autosufficienza alle imprese, oggi non saremmo ricattati e ci eviteremmo i politici pro riduzione bollette, che ci sono costati finora oltre 10 miliardi senza produrre un KW, contro gli 11 miliardi di dollari costati ai russi per il Nord Stream 2. Meditiamo! 


Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

17/3/2022

L'articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 14/3/2022
 
 
 

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