Perché serve più welfare mix
Sotto la spinta dell'invecchiamento della popolazione, e complici i vincoli di finanza pubblica che impongono un maggior controllo della spesa, la sanità italiana fatica a reggere il passo: poche e inefficaci, finora, le soluzioni della nostra classe politica che continua a trascurare il ruolo cruciale di una buona integrazione tra pubblico e privato
Per lItalia è fondamentale sia lo sviluppo dei fondi di sanità integrativa sia lautonomia dei medici di base. Vediamo il perché in base ad alcuni dati tratti dal Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano presentato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali alla Camera dei Deputati lo scorso gennaio.
La spesa sanitaria prevista per il 2024 è pari a 138.776 milioni, in crescita del 5,8% rispetto al 2023 quando era 132,9 miliardi (+2% rispetto al 2022). Per finanziare la spesa assistenziale (assistenza sociale e lotta alla povertà), lo Stato ha trasferito in Legge di Bilancio allINPS 164,5 miliardi, una spesa che cresce a tassi prossimi al 5% lanno, oltre il doppio di quella per le pensioni. In totale, le due spese sociali valgono 303 miliardi e sono finanziate, in assenza di contributi di scopo, dalla fiscalità generale; per coprire questo enorme importo servono tutte le imposte dirette (IRPEF, addizionali, IRES, IRAP, imposta sostitutiva) e, non bastando, occorrono anche circa 40 miliardi di imposte indirette. Insomma, per pagare sanità e assistenza consumiamo quasi la metà delle entrate fiscali che, inoltre, devono finanziare oltre 90 miliardi di interessi sul nostro debito pubblico che, a fine 2024, ha sfiorato i 3mila miliardi. Resta veramente poco per investimenti, sviluppo, ricerca e formazione che sono il nostro futuro.
Dal 2021 a dicembre 2024 abbiamo fatto quasi 300 miliardi di nuovo debito, mentre la crescita del PIL langue: (+0,7% forse nel 2024 e intorno allo 0,7% per il biennio 2025/26). I risultati di questa enorme spesa sono però deludenti: i poveri sono passati in 16 anni da 2,1 milioni a oltre 5,7 milioni e le liste dattesa inesistenti o quasi nel 2008 ora sono tali da vanificare luniversalità del servizio sanitario tanto che gli italiani, per sopperire alle carenze del sistema pubblico, spendono oltre 50 miliardi di tasca propria per farsi curare prevalentemente dal privato o privato accreditato al SSN.
Se i dati economici non sono positivi, con prospettive per il 2025 di minore occupazione e aumento degli ammortizzatori sociali, il che peggiorerà la situazione complessiva, altre preoccupazioni vengono dalla demografia. Gli over 65 sono oggi il 24% della popolazione e sono destinati ad aumentare da qui al 2050 al 35%; gli over 80 sono il 7,6% (erano il 2,1% nel 1980) e arriveranno a oltre il 14%. Cambia quindi la struttura per età della popolazione ma muta anche la composizione delle famiglie, il 40% delle quali è formato da coppie senza figli e il 30% - destinato ad arrivare al 33% - ha un solo componente, spesso senza figli e nipoti e con parenti molto anziani. Infine, abbiamo una bassa occupazione (siamo ultimi tra i Paesi OCSE in quasi tutte le classifiche) con 38 milioni di italiani in età da lavoro ma solo 24 milioni che lavorano, mentre un altro problema è la bassa produttività. Da questi pochi dati emerge che, con bassa occupazione e produttività, alto debito, eccessiva spesa pubblica e grande invecchiamento della popolazione, la situazione socio-assistenziale basata solo sul sistema pubblico si aggraverà ulteriormente. Tanto più se consideriamo i costi aggiuntivi per sanità e assistenza legati allinvecchiamento della popolazione, nonché le ineludibili spese per la tutela ambientale, e i vincoli di finanza pubblica indicati nel Piano Strutturale di Bilancio 2025/29, che è il principale strumento nellambito del nuovo Patto di Stabilità e Crescita; vincoli che prevedono la necessità di ridurre sia il deficit annuo sia il debito pubblico per restare nei rating internazionali.
Per questi motivi diventa sempre più necessaria una forte integrazione tra welfare pubblico e privato per arrivare a quel welfare mix che ormai caratterizza la maggior parte dei Paesi ad alto e medio reddito. Tuttavia, anche la Legge di Bilancio per il 2025 non prevede nulla per il welfare complementare, nulla per una maggiore integrazione tra pubblico e privato, nessuna agevolazione e incentivazione per i fondi pensione, nessuna norma per le prestazioni per la non autosufficienza che potrebbero confluire nei fondi socio-sanitari ed essere gestite finanziariamente dai fondi pensione, nulla sui fondi socio-sanitari cui sono iscritti oltre 16,5 milioni di italiani e per i quali manca una legge e la vigilanza e che potrebbero risolvere buona parte dei problemi del nostro SSN; poco per le forme di sostegno al reddito (enti bilaterali). Eppure, ne avremmo un gran bisogno perché, come abbiamo visto, la società invecchia e lo Stato non ce la fa a sostenere queste spese, anche perché il 60% della popolazione italiana, che giustamente vorrebbe una buona assistenza socio-sanitaria, versa solo l8% di tutta lIRPEF e poco delle altre imposte e contributi (il 42% dei pensionati è totalmente o parzialmente assistito perché ha versato pochi o zero contributi) e, per garantire a questo 60% la sola sanità, occorrono ogni anno 61 miliardi.
Lunica proposta politica per ridurre le liste dattesa, che sono il risultato evidente dell'insufficienza della sanità pubblica, è di far diventare lavoratori dipendenti i circa 40mila medici di famiglia, che si sobbarcano in media 1.190 pazienti a testa contro i circa 350 del Portogallo (siamo 17esimi nella classifica europea a 27 Paesi), e i pediatri di libera scelta. Una manovra in controtendenza rispetto ai nuovi trend occupazionali e che, secondo i tecnici, ridurrebbe la produttività e aumenterebbe i costi per lesausto SSN. Fortunatamente, lopposizione ferma del vicepremier Antonio Tajani ha per il momento bloccato questa inutile statalizzazione. Nessuna iniziativa invece dal governo in riferimento alla spesa privata (la cosiddetta spesa out of pocket) fatta dagli italiani per ottenere prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli che, nel 2023, è stata pari a 44 miliardi, mentre quella intermediata dai fondi sanitari finanziati con contributi dei lavoratori e delle aziende è stata di 6,5 miliardi. Il che porta la spesa sanitaria italiana complessiva a 183,4 miliardi, di cui oltre il 27% di spesa privata di individui e famiglie. Eppure, i fondi di sanità integrativa costituiti da lavoratori e datori di lavoro, al pari dei fondi pensione complementari, potrebbero ridurre - fino ad annullarle - le liste dattesa, aumentare le retribuzioni di medici e infermieri, migliorare limpiego dei costosi macchinari (TAC, PET, etc) ammortizzandone in tempi più brevi i costi e, infine, eliminare il molto sommerso. Ma, soprattutto, consentirebbero alle famiglie di risparmiare oltre 10 miliardi di spesa sanitaria di tasca propria.
Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
12/3/2025