Territorio, innovazione e sviluppo

In questi loro primi trent’anni di vita, le Fondazioni di origine Bancaria hanno dimostrato una grande capacità di cogliere i bisogni delle comunità di riferimento e di adattare i propri interventi al mutare del contesto socio-economico: territorio, innovazione e sviluppo le 3 parole chiave su cui si fonda la loro attività

Giorgio Righetti

Se si desiderasse descrivere sinteticamente le Fondazioni di origine Bancaria, lo si potrebbe fare richiamando tre orientamenti fondamentali sui quali si incardinano il loro ruolo e la loro azione: il radicamento territoriale, la propensione all’innovazione e la vocazione allo sviluppo.

Il territorio, che delimita il campo d’intervento della Fondazione, non è semplicemente uno spazio fisico dentro il quale vengono immesse risorse e dispiegati interventi. Esso rappresenta, piuttosto, un insieme articolato e complesso di soggetti, relazioni, comune sentire, bisogni e desideri all’interno del quale la Fondazione è immersa e da cui si dipana la propria azione. Questo territorio, popolato e connesso, è, in altri termini, una comunità, con la quale la Fondazione interagisce, essendone parte integrante, ed elabora, ascoltando, discutendo, mettendo in relazione, proponendo, in una parola, collaborando, le proprie strategie d’intervento. Ma il territorio non è un confine, oltre il quale alberga l’ignoto. Esso è un elemento identitario da cui partire per mettersi in relazione con contesti territoriali diversi e più ampi, da cui scaturiscono idee, collaborazioni, iniziative collettive che ampliano la portata dell’azione della Fondazione e che ne arricchiscono il bagaglio di conoscenza e competenze, poi proficuamente rimesso a disposizione del proprio territorio d’elezione. Questa capacità di trasformare il radicamento territoriale in trampolino di lancio verso esperienze collettive e iniziative di più ampio respiro ha consentito la realizzazione di interventi di sistema, quali la Fondazione Con il Sud, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, il recente Fondo per la Repubblica Digitale, e tutte le innumerevoli azioni di solidarietà messe in campo per affrontare situazioni di emergenza, l’ultima delle quali, quella a sostegno della popolazione ucraina vittima della guerra scatenata da Putin.

L’innovazione è la cifra distintiva dell’azione delle Fondazioni. Percorrere strade non battute per identificare soluzioni inedite non è solo una necessità dettata dalla sproporzione tra risorse disponibili e dimensione dei bisogni da soddisfare, che impedisce loro di farsi carico, permanentemente, di problemi che dovrebbero invece essere di responsabilità dell’amministrazione pubblica. È piuttosto un dovere dettato dalla loro natura di soggetti privati, che proprio per questo possono disporre di maggiori gradi di libertà, compreso quello di affrontare il rischio che ogni processo innovativo implicitamente comporta, cioè il rischio del fallimento. Ma proprio l’esercizio di questa libertà consente alle Fondazioni di esplorare e sperimentare, mettendo in campo soluzioni efficaci ed efficienti che possono poi diventare, grazie alla fitta rete di relazioni e connessioni con gli attori pubblici e privati del territorio, modelli da replicare su più ampia e vasta scala. È, infatti, ragguardevole la quantità di processi innovativi avviati dalle Fondazioni che hanno poi trovato diffusione in altri contesti territoriali e tematici, o presi in carico in via strutturale dalle pubbliche amministrazioni. Un esempio per tutti, sul piano nazionale, è il modello di partnership pubblico-privato proposto e sperimentato con il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e replicato quasi integralmente nel nuovo Fondo per la Repubblica Digitale.

E infine lo sviluppo. Di sovente si è avuto modo di ascoltare, dalla voce di alcuni dei protagonisti del dibattito sulla legge Ciampi, cioè la legge che regolamenta le Fondazioni di origine Bancaria, le motivazioni che spinsero alcuni a proporre l’inserimento della promozione dello sviluppo economico a fianco dell’altro obiettivo di missione, cioè l’utilità sociale, e l’accidentato percorso parlamentare che ne decretò, infine, il positivo esito. L’aver combinato questi due obiettivi di missione è stato determinante per dare completezza ed efficacia al ruolo delle Fondazioni nel promuovere la crescita dei territori di riferimento e del Paese.

Grazie alla lungimiranza del legislatore e di coloro che si prodigarono in questa direzione, il sociale e l’economico sono stati combinati in maniera simbiotica, nell’implicita visione che queste due dimensioni debbano procedere di pari passo, in quanto rappresentano obiettivi da perseguire in maniera coordinata e coerente. Perché non può esserci sviluppo culturale e sociale senza sviluppo economico e viceversa.

Giorgio Righetti, Direttore generale Acri

19/4/2022

 
 

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