Dal banco di scuola al mercato del lavoro: come le scelte di studio alimentano il divario di genere
Nonostante le donne italiane ottengano risultati scolastici migliori degli uomini, il percorso di studio scelto le indirizza verso carriere con minori prospettive di crescita. La scarsa presenza femminile nelle discipline STEM contribuisce a rafforzare il divario di genere nel mercato del lavoro, traducendosi in occupazione più bassa, salari ridotti e minori opportunità professionali
Da mesi in Italia si parla di record di occupazione, dal momento che, secondo i dati Istat generali, il Paese ha registrato il livello di disoccupazione più basso degli ultimi venti anni. Prima di potersi compiacere di un simile traguardo, sarebbe però opportuno analizzare con precisione i dati delloccupazione italiana, focalizzandosi in particolare sulla situazione lavorativa delle donne. Infatti, il Bel Paese occupa ancora le ultime posizioni in Europa per quanto riguarda la partecipazione femminile al mercato del lavoro: al 2024, solo poco più del 57% delle donne italiane tra i 20 e i 64 anni risulta occupato, valore molto al di sotto della media europea che si attesta al 70%. Si tratta di una situazione peggiore addirittura rispetto a quella registrata negli Stati candidati allingresso nellUE, come la Serbia.
Figura 1 - Tassi di occupazione femminile nei Paesi UE
Fonte: elaborazione dati Eurostat a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
Un gap di genere non di poco conto: le donne non solo lavorano meno, ma lo fanno anche per meno ore, con gravi ripercussioni sul loro salario, considerato che solo nel 2024 le donne sono state retribuite in media per il 15% di ore in meno al mese rispetto agli uomini. Una delle ragioni principali è sicuramente il lavoro part-time, cui sono soggette circa 3 milioni di donne contro un totale di 1 milione di uomini. Anche in questo caso, lItalia vanta il triste primato di Paese europeo con la più alta percentuale di donne per le quali la scelta del tempo parziale è determinata dalla mancanza di opportunità di lavoro a tempo pieno: nel 2022 più di 1 donna su 2 occupata part-time rispetto a meno di 1 su 5 nellUE. Laspetto rilevante da sottolineare è che spesso non si tratta di una modalità contrattuale volontaria, ma imposta da fattori contingenti: il 35% dei part-time femminili in Italia è imputabile a motivi famigliari o assistenziali, rimarcando la difficoltà nel conciliare vita lavorativa e familiare. Da notare che il tasso di occupazione delle madri che vivono in coppia è di 12 punti percentuali inferiore rispetto alle donne single senza figli. Addirittura, le prime hanno una probabilità quasi doppia di perdere limpiego e le retribuzioni medie delle fortunate che riescono a mantenere il loro impiego a quindici anni dal parto vengono quasi dimezzate.
Inutile sottolineare che la scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro si ripercuote in maniera molto negativa sulle prospettive di crescita del Paese, sia da un punto di vista economico, sia da un punto di vista socio-culturale. Sui divari di genere che interessano il tessuto occupazionale italiano Banca Italia ha elaborato nel 2022 un esaustivo rapporto, curato da Francesca Carta, Marta de Philippis, Lucia Rizzica ed Eliana Viviano che, partendo dallampio divario in campo lavorativo tra donne e uomini, offre uninteressante analisi sui momenti in cui tali differenze di genere hanno origine. In primo luogo, emerge che una delle prime cause frenanti la partecipazione femminile al mercato del lavoro sia la scelta del percorso scolastico che, sul lungo periodo, risulta associato a rendimenti inferiori in termini di occupazione. Infatti, anche se le donne tendono a superare gli uomini sia a scuola sia alluniversità in termini di risultati accademici, va rilevato che le prime sono solite laurearsi in campi di studio meno remunerativi, che implicano cioè prospettive di carriera meno premianti.
Nel contesto europeo, la percentuale di donne tra i laureati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è superiore al 60%, un valore sostanzialmente più alto della media dellUnione. Tuttavia, è interessante notare come in tutti gli Stati europei più avanzati si registrino due costanti: le ragazze superano i ragazzi in termini di risultati; i campi di studio scelti dalle donne e dagli uomini presentano delle differenze sostanziali con altrettante divergenze nei percorsi professionali. Nel caso dellItalia, già dalla scuola secondaria, le ragazze protendono per indirizzi non-STEM, confermando questa loro vocazione anche nella scelta del corso universitario: il 94% dei laureati in Scienze della Formazione sono donne, così come oltre l80% dei laureati in Lingue straniere e Psicologia, e più del 70% dei laureati in discipline umanistiche e sociali. Al contrario, solo il 40% dei laureati nelle discipline STEM sono donne (27% in Ingegneria e ICT e 46% in Matematica, Chimica e Fisica).
In generale, le differenze nei campi di studio sono controbilanciate da una marcata differenziazione nei risultati accademici, Infatti, da un lato, la propensione a percorsi universitari socio-umanistici implica che le donne si auto-selezionano per carriere lavorative meno remunerative, dal momento che compiono scelte educative che si traducono in minori ritorni futuri nel mercato del lavoro e, quindi, in una minore partecipazione al mercato stesso; daltro, i ragazzi risultano svantaggiati in termini di titoli e profitto, considerandone la meno probabilità di completare gli studi e gli scarsi rendimenti scolastici.
Figura 2 Presenza femminile nei percorsi scolastici secondari e nei corsi universitari
Fonte: Women, labour markets and economic growth, F. Carta, M. De Philippis, L. Rizzica ed E. Viviano Banca dItalia, 2023
A questo punto, è opportuno aprire una parentesi riguardo le competenze. Come già evidenziato, le ragazze optano per percorsi di studio prevalentemente non-STEM, dal momento che tendono a ottenere risultati peggiori dei ragazzi in matematica e scienze, con un conseguente svantaggio comparato in queste materie, però fondamentali per il successo nei corsi universitari più remunerativi. Si tratta di unevidenza emersa in Italia dalle prove INVALSI, ma che viene confermata a pattern internazionale tramite i risultati dei test PISA (Programme for International Student Assessment): le ragazze di 15 anni ottengono in media punteggi più alti in lettura rispetto ai ragazzi, mentre, in 31 Paesi su 37, ottengono punteggi più bassi in matematica. In Italia, il divario positivo a favore delle ragazze nella lettura è leggermente superiore alla media OCSE, mentre il divario negativo in matematica è molto più ampio, ed è addirittura il più grande dEuropa.
Le differenze nelle competenze sono significative: la predilizione delle ragazze alle materie socio-umanistiche su quelle tecnico-scientifiche è un fattore chiave nel determinare il divario di genere nelle iscrizioni alle facoltà STEM nei Paesi OCSE. Tuttavia, non sembra essere lunica causa delle differenze educative, almeno in Italia, dove risulta vincolante anche la qualità dellateneo frequentato. In generale, le ragazze risultano meno propense a spostarsi in unaltra regione per studiare, specialmente se provengono dal Sud Italia, le cui università non tendono però a primeggiare nelle classifiche riguardanti loccupabilità, e dove i tassi di emigrazione studentesca sono alti: in media circa il 48% dei ragazzi nati al Sud frequenta luniversità in unaltra regione, contro il 43% delle ragazze. Basti pensare che, come riporta il focus Le carriere femminili in ambito accademico a cura del Ministero Università e della Ricerca (2024), i tassi di femminilità calcolati per i laureati nellanno 2022 a livello territoriale assumono sempre valori superiori a 100 a conferma che si laureano più donne che uomini in tutta Italia. A fronte di una media nazionale pari a 134 laureate ogni 100 laureati uomini, negli atenei della ripartizione Sud-Isole si riscontra un valore superiore (141) mentre negli atenei del Centro e del Nord Italia il valore dellindice è inferiore alla media (132 e 131 rispettivamente).
In generale, queste scelte si traducono in un minor ritorno economico: le ragazze si laureano in percorsi che offrono minori prospettive occupazionali, sia in termini di salario medio, sia in termini di probabilità di trovare lavoro. Tuttavia, anche a parità di titolo con i loro omologhi uomini, gli atenei scelti tendono a essere di qualità inferiore, riducendo ulteriormente le loro opportunità di carriera. Da questo quadro si deduce quanto le differenze nelle scelte scolastiche e universitarie sia per quanto riguarda la disciplina che la qualità delluniversità contribuiscono al divario di genere nel mercato del lavoro. Infatti, le differenze dei percorsi educativi spiegano gran parte del gap di genere, soprattutto tra i laureati: a un anno dalla laurea, il tipo di corso scelto spiega circa il 60% del divario, sebbene in Italia, anche a parità di titolo di studi, le donne guadagnano meno. Le diplomate si concentrano in lavori meno qualificati e peggiori in termini di contratto; le laureate vengono assunte più spesso da imprese più piccole e meno produttive.
Le differenze nelle scelte educative tra ragazzi e ragazze possono tuttavia dipendere non solo dalle competenze, ma anche da preferenze e fattori culturali, così come da informazioni sui guadagni e aspettative di impiego. A livello internazionale, numerosi studi hanno rilevato che la performance media delle ragazze in matematica è fortemente correlata agli atteggiamenti culturali verso il ruolo della donna nella società, risultato di fattori stereotipali persistenti nel tempo che giocano un ruolo determinante nelle scelte educative femminili. Questa constatazione apre margini di intervento da parte dei decisori politici per contribuire a ridurre le barriere culturali attraverso una serie di azioni volte a contrastare gli stereotipi: interventi scolastici che espongano gli studenti a role model positivi, come donne professioniste in campi STEM o in posizioni di leadership; campagne di sensibilizzazione sugli stereotipi impliciti che possono condizionare le scelte delle ragazze e iniziative mirate a rafforzare lautostima delle studentesse nelle materie scientifiche, contrastando pregiudizi e auto-selezione verso percorsi meno remunerativi. Infatti, solo contrastando dal basso il pregiudizio stereotipato di genere sarà possibile fare arrivare le donne allalto della piramide occupazionale italiana.
Federica Cirone, Itinerari Previdenziali
1/9/2025