Fondi pensione negoziali, per aumentare il rischio più alpha e meno beta

In un contesto sempre più sfidante, i gestori si interrogano su come aumentare il rischio senza compromettere né il profilo ESG né tantomeno il rapporto rischio-rendimento atteso: a partire dai dati del Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali, alcuni spunti di riflessione su scenari e strategie dei prossimi mesi

Leo Campagna

Performance ancora negative anche a maggio per i fondi pensione negoziali, sebbene inferiori al punto percentuale. In base ai calcoli sui NAV al 31 maggio 2022 dei 101 comparti censiti dal Comparatore dei Fondi Itinerari Previdenziali i rendimenti medi si sono attestati a -0,6%, con le linee bilanciate azionarie (-0,7%), bilanciate (-0,7%) e bilanciate obbligazionarie (-0,7%) leggermente peggio della media e quelle garantite (-0,5%), obbligazionarie miste (-0,5%) e obbligazionarie (-0,4%) lievemente meno peggio.

Da segnalare che questa omogeneizzazione dei rendimenti trova riscontro anche nelle variazioni relative agli ultimi 12 mesi. Dal 31 maggio 2021 al 31 maggio 2022 il rendimento medio delle 101 linee dei fondi pensione negoziali si attesta a -2,5%: in questo periodo, meno peggio hanno fatto, in media, i comparti bilanciati azionari (-2,0%) e obbligazionari (-2,0%) e obbligazionari misti (-2,4%), mentre perdite seppur di poco superiori alla media le hanno registrate le linee bilanciate (-2,7%), bilanciate obbligazionarie (-2,8%) e garantite (-2,6%).

In questo contesto sempre più sfidante, i gestori si interrogano su come aumentare il rischio senza compromettere né il profilo ESG né tantomeno il rapporto rischio-rendimento atteso. In una recente analisi pubblicata sul "Journal of Risk Management in Financial Institutions" è stata verificata la possibilità di migliorare il profilo ESG di un portafoglio mantenendo il livello di rischio-rendimento. I risultati hanno confermato che è possibile centrare l’obiettivo, non soltanto a livello di ESG complessivo ma anche per ciascuno dei singoli pilastri E, S e G.

L’unica eccezione è quella relativa al portafoglio legato all’indice azionario USA dove, guarda caso, i titoli di una manciata di big tech (Microsoft, Facebook-Meta, Apple, Amazon e Google-Alphabet) evidenziano un peso elevato nell’indice di Borsa. A questo proposito, gli esperti fanno notare il fatto che utilizzare in modo significativo, o addirittura prevalente, strumenti passivi (ETF e fondi indicizzati) può accrescere il rischio di concentrazione dal momento che si riduce la differenza tra la composizione del portafoglio del fondo e i benchmark di mercato, esponendo in modo eccessivo l’investimento al beta di mercato. 

Rischi geopolitici, crescita dell’inflazione, protrarsi delle guerra Russia-Ucraina, andamento del settore delle commodity e la pandemia tutt’altro che debellata sono i fattori critici che, dopo aver pesato su questo primo semestre del 2022, sembrano destinati a proseguire nel 2023. Alla luce anche di questo scenario, emerge con forza la necessità di accompagnare, alla componente di selezione ESG, un ulteriore filtro “attivo” di valutazione degli asset di rischio in modo da capitalizzare le fonti di alpha più del beta di mercato. 

Leo Campagna 

11/7/2022

 
 

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