Legge di Bilancio per il 2023, attenzione alle pensioni!

Malgrado la fine della campagna elettorale continuano le "promesse" in materia di pensioni. La realtà dei numeri impone però maggiore prudenza e attenzione soprattutto alle età di pensionamento (troppo basse quelle effettive), al rapporto attivi/pensionati e ai saldi di bilancio

Alberto Brambilla

La Legge di Bilancio per il 2023 deve essere inviata a Bruxelles massimo entro il 10/15 novembre. I tempi stringono e i problemi incombono: tra questi, subito dopo il caro energia e l’inflazione, vengono le pensioni. Per quest'ultime, l’attenzione si deve porre sulle eccessivamente basse età di pensionamento che, nel tempo producono poveri, sul rapporto attivi/pensionati e sui saldi di bilancio.

Iniziamo con le età di pensionamento, viste le “stravaganti” proposte che stanno emergendo. Nel 2021, per effetto di provvedimenti quali Quota 100, Opzione Donna, APE sociale e precoci, l’età media effettiva alla decorrenza della pensione di anzianità (anticipata), che secondo le norme si dovrebbe ottenere con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (un anno in meno per le donne), scende a 61,8 anni per gli uomini (era di 62,5 nel 2019) e resta a 61,3 anni per le donne (era di 62,4 nel 2019). Nella media maschi-femmine, l’età effettiva della pensione anticipata diminuisce ancora a 61,6 anni, era 62,2 anni nel 2019. Certo, restiamo in cima alla classifica per le età di pensionamento legale con 67 anni ma finiamo in fondo alla classifica OCSE per età effettiva di pensionamento, e le pensioni anticipate pesano per oltre il 50% sul totale IV (invalidità e vecchiaia).

A fine giugno 2022 senza che nessuno si sia accorto, l'Italietta ha vinto il premio guadagnando l'ultimo posto nella classifica UE per tasso di occupazione: ora, dopo essere stati battuti da Malta, Romania, Bulgaria, anche la Grecia ha più occupati del nostro Paese. In compenso, nel 2021 i pensionati - come già nel 2019 e 2020 - sono aumentati, riducendo pericolosamente il rapporto attivi su pensionati. A fine anno il deficit dell'INPS tra entrate e uscite si avvicinerà ai 27 miliardi: a questi, sempre in Legge di Bilancio, si aggiungeranno almeno altri 120 miliardi di trasferimenti all’INPS per l’assistenza sociale che, non avendo contributi di scopo come la sanità, è a carico della fiscalità generale. Leggasi a carico di quel 13% di “nuovi schiavi”, cioè quei "ricchi" che dichiarano più di 35mila euro lordi l’anno, e che neppure con il virtuoso governo Draghi hanno beneficiato di nulla, pur pagando oltre il 60% di tutte le imposte. Questi ingenti trasferimenti servono perché i pensionati assistiti, totalmente o parzialmente, perché o sono andati in pensione troppo presto o perché in 67 anni di vita di contributi (e quindi anche di imposte) ne hanno pagati molto pochi, hanno raggiunto il 46% circa dei 16,098 milioni di pensionati: mantenuti da giovani e mantenuti anche da vecchi.

Sempre a proposito di età di pensionamento, spesso i pensionati diventano poveri per l’eccessiva durata delle pensioni. Nel 2022 risultano in pagamento 3,5 milioni di rendite da oltre 25 anni e quasi 5,5 milioni da 20 anni, che poi, auguriamo molto poi, diventeranno pensioni ai superstiti. Si prenda il caso di Opzione Donna, che consente il pensionamento a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome: è ovvio che questo tipo di prestazione porterà a pensioni di durata in rapporto all’aspettativa media di vita di circa 26 anni; considerando che l’importo medio della pensione (decurtata del 32% circa) è di 1.073 euro per le dipendenti private e di 805,28 euro per le autonome, già dopo 15 anni, prestazioni come queste rischiano di avvicinarsi alla soglia delle pensioni che beneficiano della maggiorazione sociale e, dopo altri anni, saranno parzialmente assistite per eccessiva durata.

Infine, la Legge di Bilancio - oltre ai circa 9 miliardi di spesa in più per interessi sul debito - dovrà prevedere circa 21 miliardi per la rivalutazione delle pensioni, il che aggraverà il deficit del 2023 e degli anni seguenti. Pur di fronte a questa situazione pensionistica particolarmente delicata, che cade in un momento di pesante situazione economica, come se non ci fosse un passato (gli esperimenti falliti di Quota 100 e gravosi) e neppure un futuro (la certezza delle pensioni per i giovani che oggi pagano i contributi), si sentono proposte sulle pensioni che speravamo di non sentire più. Tra queste "Quota 41" o "Opzione Uomo". Ricordo che Opzione Donna fu un esperimento redatto da chi scrive con Maroni e Tremonti nel 2004, quasi 20 anni fa, e che la soglia anagrafica di 58 anni inizialmente prefissata avrebbe dovuto essere progressivamente alzata a 60/62 anni per avere prestazioni maggiori.

Alla luce di tutto questo, suggerisco quindi sommessamente di mantenere Quota 102, che è un ottimo punto di caduta, e di rinnovare per un anno Opzione Donna e APE sociale, mentre per il 2023 restano in vigore i 42 anni e 10 mesi, i 67 anni per la vecchiaia e i 41 anni per i precoci, tutti senza adeguamento all’aspettativa di vita, oltre a isopensione, contratti di espansione e fondi esubero. Poi ci sarà tempo nel 2023 per rimediare ai problemi della legge Fornero. Suggerisco anche di evitare un nuovo attacco alle cosiddette pensioni d’oro e qualsiasi riduzione della rivalutazione delle pensioni reintrodotta finalmente dal Governo Draghi, prevista dalla normativa del 1996 e sempre disattesa da tutti i governi, da quello Monti al Conte bis, con enormi penalizzazioni per i pensionati. Dal primo di gennaio 2023 la rivalutazione sarà al 100% per i 12.673.000 pensionati fino a 4 volte il minimo, pari al 79% del totale (2.097 euro circa), al 90% per 1.600.000 pensionati da 4 a 5 volte il minimo (2.097-2.621 euro) e al 75% per 1.772.000 pensionati sopra i 2.621 euro che, rispetto agli altri, perdono oltre 1 miliardo in termini di rivalutazione. Comunque un risultato eccezionale visto lo zero del governo Monti o Conte: lasciatele così.

Quanto alle pensioni alte, cioè quelle sopra i 100mila euro lordi (d’oro è un termine che tende ad aizzare l'odio sociale), si tratta di soli 35.600 pensionati, perlopiù ultra 75enni e non tutti in salute: gente che, nel 90% dei casi la propria pensione se l’è strapagata con i propri contributi. La proposta Di Maio-Salvini ha portato nelle casse meno di 120 milioni l’anno e riproporre di nuovo questa operazione, anche per quanto affermato nell'ultima sentenza della suprema Corte a riguardo, non sarebbe possibile.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

31/10/2022

L'articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 24/10/2022
 
 

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