L'insostenibile pesantezza del welfare italiano
Presentato il Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali: benché in leggera crescita, la spesa pensionistica è sotto controllo; sempre più insostenibile invece il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale: 110,15 miliardi di euro nel 2017 (+26,65 miliardi dal 2012)
Aumenta il numero degli occupati, mentre decresce rispetto al 2016 il numero di pensionati, che si riduce di quasi 22.000 unità: il rapporto attivi/pensionati tocca quindi nel 2017 quota 1,435, dato migliore dal 1997 (primo anno utile al confronto). Il tutto mentre la spesa pensionistica pura cresce complessivamente di 2,3 miliardi (220,843 miliardi nel 2017), con un aumento medio dal 2013 dello 0,88%, e quella per attività assistenziali a carico della fiscalità generale tocca quota 110,15 miliardi, crescendo anno dopo anno a ritmi addirittura sei volte superiori (+5,32%) rispetto a quelli della spesa per pensioni.
È quindi un quadro in chiaroscuro quello tracciato dal Sesto Rapporto Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano. Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dellassistenza per lanno 2017, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali: una sintesi degli andamenti di spesa pensionistica, entrate contributive e saldi nelle differenti gestioni pubbliche e privatizzate, cui si aggiunge unimportante opera di riclassificazione della spesa (con ripartizione tra previdenza e assistenza), utile non soltanto a tracciare un bilancio del 2017, ma anche a effettuare previsioni sulla stabilità di medio e lungo termine del sistema di welfareitaliano, tenendo conto anche delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio per il 2019.
Ancor di più in un anno segnato da molte promesse, ma anche da interventi concreti in materia, non si può negare che pensioni e assistenza si confermino temi ad ampia sensibilità sociale per gli italiani. Ragione per la quale diventa essenziale confutare molti luoghi comuni diffusi in materia, a cominciare da quello che vuole la spesa per le pensioni fuori controllo. Al contrario, dal 2013 al 2017, al netto dellassistenza, la spesa pensionistica ha fatto registrare un aumento medio pari allo 0,88%, evidente sintomo del fatto che le riforme varate in questo periodo, pur non esenti da criticità, hanno colto lobiettivo fondamentale di stabilizzarla. A preoccupare sono piuttosto i numeri dellassistenza che, peraltro, in assenza di un contributo di scopo, è totalmente a carico della fiscalità generale.
I numeri del sistema previdenziale
Nel 2017, la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni ha raggiunto, al netto della quota GIAS, i 220,843 miliardi contro i 218,5 miliardi del 2016 e con unincidenza sul PIL del 12,87%. Si scende però addirittura all11,74% - valore assolutamente in linea con la media EUROSTAT calcolando la spesa al netto di ogni forma di assistenza (quota GIAS per i dipendenti pubblici, maggiorazioni sociali e integrazioni al minimo per i privati). Pari a 199,842 miliardi le entrate contributive, con un aumento dell1,7% rispetto a 2016, non sufficiente a evitare un saldo negativo di 21,001 miliardi (21,981 nel 2016): a gravare sul disavanzo in particolare la gestione dei dipendenti pubblici, che evidenzia un passivo di oltre 30 miliardi, e quella dei parasubordinati, con un passivo di 6,78 miliardi. In attivo invece di 3,67 miliardi il Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti.
Nel dettaglio, volendo calcolare la spesa pensionistica pura per il 2017 - vale a dire scorporando i 19,281 miliardi relativi alla GIAS per i dipendenti pubblici e a maggiorazioni sociali e integrazioni al minimo per il settore privato, che vengono erogati solo in base al reddito e che, quindi, come rileva il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, dovrebbero a maggior ragione essere considerati come uscite per il sostegno alla famiglia e allesclusione sociale - la spesa scende a 201,562 miliardi. Allo stesso modo, sottraendo dalle entrate contributive i trasferimenti a carico di GIAS e GPT (in prevalenza dovuti alle contribuzioni figurative), la spesa si riduce ulteriormente, per toccare infine quota 151 miliardi al netto delle tasse: come rileva il Sesto Rapporto, sulle pensioni grava infatti un importante carico fiscale, che per il 2017 è stato pari a 50,508 miliardi di euro. Se si raffronta il dato della spesa pensionistica pura così stimata con i 185,5 miliardi di contributi versati dalla produzione, si ottiene quindi un valore in attivo di oltre 34 miliardi.
Tabella Il bilancio della spesa pensionistica pura
Fonte: Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano
Anche a seguito del lento decadimento delle pensioni di lungo corso erogate soprattutto a partire dagli anni Settanta e Ottanta a soggetti di giovanissima età, prosegue la lenta riduzione del numero di pensionati, che nel 2017 ammontano a 16.041.852 unità. Una riduzione modesta, ma che segna comunque uno dei valori più bassi in assoluto tra quelli registrati dal 1995 in poi. Non solo, grazie alleffetto combinato dellaumento dei lavoratori attivi, il rapporto tra occupati e pensionati tocca quota 1,435 (era pari a 1,417 nel 2016), valore prossimo a quell1,5 che potrebbe rappresentare la soglia necessaria per la stabilità di medio e lungo periodo per lintero sistema.
Nel 2017, si registra poi un aumento delle prestazioni in pagamento (28.682 prestazioni in più rispetto al 2016), un incremento che incide negativamente anche sul rapporto tra numero di prestazioni in pagamento e pensionati: ogni pensionato riceve in media 1,433 prestazioni, numero più elevato nella serie storica elaborata dal Centro Studi e Ricerche; se si tiene conto della popolazione italiana complessiva, il rapporto è di circa 2,630 prestazioni per abitante. Un dato nientaffatto incoraggiante, secondo quanto si legge nella pubblicazione, in ragione del fatto che laumento, in sé leggero rispetto agli anni precedenti, è imputabile prevalentemente a prestazioni di natura assistenziale, e allontana quindi lItalia da quello che dovrebbe essere un percorso virtuoso di contenimento di questo tipo di spesa.
La (necessaria) separazione tra previdenza e assistenza
Con riferimento al 2017, linsieme delle prestazioni assistenziali (prestazioni per invalidi civili, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali, pensioni di guerra) ha toccato quota 4.082.876, per un costo totale annuo di 22,022 miliardi. Se si aggiungono però anche integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali, si arriva a un totale di 8.023.935 di pensioni assistite: al lordo di qualche inevitabile duplicazione, i beneficiari di queste prestazioni rappresentano di fatto la metà dei pensionati totali e, come evidenziato anche dal Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, il Prof. Aberto Brambilla, nel corso della presentazione, «che un Paese del G7 abbia almeno la metà dei propri pensionati totalmente o parzialmente assistita dallo Stato dovrebbe far riflettere gli apparati politici, ma anche di vigilanza». Se ai primi va imputata la responsabilità di promesse elettorali che spesso fanno leva sullerogazione di nuove o di più generose prestazioni assistenziali, per i secondi il Rapporto mette in guardia da una possibile inefficienza della macchina organizzativa, che finisce col distribuire queste risorse a una platea che i numeri suggeriscono essere troppo vasta per rispecchiare leffettiva situazione economica del Paese.
Tabella Il numero delle prestazioni assistenziali
Fonte: Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano
Il vero problema individuato sarebbe dunque tutta quella serie di prestazioni sociali, che si sono di fatto sommate e sedimentate nella legislazione nel corso degli anni, senza che ne sia mai stata prevista una razionalizzazione o che si istituissero controlli efficaci e incrociati tra i diversi enti erogatori. Così, in assenza di un'anagrafe dell'assistenza assimilabile a quello in uso (e con buon successo) per pensioni e pensionati, il rischio evidenziato dal Centro Studi e Ricerche - in prospettiva estendibile anche a reddito di cittadinanza e misure analoghe - è che queste prestazioni finiscano con lincoraggiare furbi, evasori ed elusori, anziché essere realmente destinate ai più bisognosi".
Come puntualizza il Sesto Rapporto, il costo di tutte le attività assistenziali a carico della fiscalità generale per il 2017 è ammontato a 110,15 miliardi di euro: in sei anni il tasso di crescita dei trasferimenti, e quindi delle spese per assistenza, è stato quindi pari al 5,32%, un incremento superiore alla crescita del PIL e che vale oltre il 65% della spesa pensionistica al netto dellIRPEF (e le cui prestazioni sono totalmente esenti da imposte). Senza considerare peraltro che a queste cifre andrebbero poi aggiunte le spese per il welfare sostenute dagli Enti locali.
Tabella La spesa a carico della fiscalità generale
Fonte: Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano
Numeri che consentono forse di cogliere meglio il senso dellesercizio di separare previdenza e assistenza attuato da Itinerari Previdenziali: un'operazione utile a livello contabile, ma anche e soprattutto nella gestione delle comunicazioni con organi e istituzioni internazionali, cui troppo spesso questi dati sono comunicati assimilando spesa previdenziale e assistenziale tra loro, con il rischio di sovrastime, che mettono in allarme le agenzie di rating e che spingono lUnione Europea a chiedere al nostro Paese riforme del sistema previdenziale, di fatto non necessarie. Almeno per quanto riguarda la pesa pensionistica pura, già in equilibrio e sostenibile, e che necessita semmai di essere supportata da opportune politiche occupazionali.
Il peso del welfare
Un falso mito che il Sesto Rapporto sfata è quello secondo cui lItalia spenda poco per il welfare: la spesa per prestazioni sociali nel 2017 è ammontata a 453,87 miliardi di euro. Laumento rispetto al 2016 è dello 0,4%, ma sale addirittura al 6,18% se si guarda al 2012. Sul totale della spesa pubblica complessiva comprensiva degli interessi sul debito pubblico, la spesa per prestazioni sociali incide quindi per il 54,01%(il 58,6% al netto degli interessi). Non solo, se si rapporta, da un lato, la spesa sociale alle effettive entrate contributive e fiscali e, dallaltro, si tiene conto anche di tutte le funzioni sociali e delle spese di funzionamento degli enti che gestiscono il welfare a livello centrale e locale, la spesa sociale rispetto al PIL si attesta al 30% circa, uno dei livelli più elevati dellEuropa a 27 Paesi. Una spesa ingente che, secondo le stime Itinerari Previdenziali (in questo caso riferite al 2016, in assenza dei dati sulle entrate tributarie relativi al 2017), richiede per essere finanziata - oltre a tutti i contributi sociali, quando previsti - tutte le imposte dirette (IRPEF, IRES, IRAP e ISOS) e almeno altri 7,68 miliardi cui attingere attraverso imposte indirette.
Tabella Il bilancio previdenziale nel bilancio statale
Fonte: Sesto Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano
Non a caso, proprio in un insufficiente livello di finanziamento, la pubblicazione rileva uno dei principali elementi di vulnerabilità del sistema. «Su 60,58 milioni di italiani quelli che fanno una dichiarazione dei redditi sono circa 40,87 milioni, quelli che dichiarano almeno 1 euro sono 30,78», precisa lo studio Itinerari Previdenziali, non senza rimarcare un evidente paradosso tra le diverse fasce contribuenti: mentre il 44,92% dei cittadini (corrispondenti alle fasce di reddito fino a 7.500 euro e da 7.500 a 15.000 euro) versa il 2,82% di tutta lIRPEF, il 12,09% (corrispondenti alle fasce di reddito oltre i 35.000 euro lordi) ne paga il 57,11%.
Prospettive di breve e medio-lungo periodo
Oltre al casellario centrale dellassistenza che, migliorando lallocazione delle risorse, potrebbe portare a un risparmio di 5 miliardi di euro lanno, il Rapporto rileva come essenziale ai fini della tenuta del sistema di protezione sociale un maggiore e serrato controllo sullevasione fiscale e contributiva, da estendere come già accade in molti Paesi europei anche a chi non dichiara redditi né paga contributi oltre una certa soglia anagrafica, e da affiancare a soluzioni che, come il contrasto dinteressi, possano concretamente disincentivare il fenomeno. Se la riduzione della spesa per assistenza resta la priorità, per quanto riguarda invece la spesa pensionistica di natura previdenziale, i dati disponibili a fine 2018 anticipano una possibile conferma del trend di miglioramento di questi ultimi anni e, in particolare, il calo delle prestazioni in pagamento.
Ancora tutto da valutare però limpatto degli interventi sul sistema pensionistico inseriti nella Legge di Bilancio per il 2019 e nei successivi decreti (introduzione quota 100 e reddito di cittadinanza, blocco dellindicizzazione dellanzianità contributiva, flessibilizzazione in uscita per precoci e donne, mantenimento di APE sociale e lavori gravosi): provvedimenti che, verosimilmente, potrebbero in prima battuta interrompere sia la riduzione del numero delle pensioni sia il miglioramento del rapporto attivi/pensionati, facendo prevedere un incremento nel numero dei pensionati di oltre 300.000 unità, senza alcun elemento equitativo nel calcolo della pensione, e un aumento della spesa assistenziale di oltre 8 miliardi (anche in virtù dellintroduzione del reddito di cittadinanza), cui non si accompagnano peraltro incentivi a favore di lavoro e produttività. Con il rischio concreto che la spesa assistenziale superi nel 2019 i 120 miliardi di trasferimenti (142 miliardi in totale): una prospettiva pericolosa, in assenza non solo di unefficiente macchina organizzativa e di controllo, ma anche e soprattutto alla luce del rallentamento delleconomia del Paese.
Mara Guarino, Itinerari Previdenziali
13/2/2019