Pensioni, il futuro non è scritto ma servono lavoro, produttività e crescita
Presentato al CNEL l'ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali: demografia, occupazione, produttività e crescita economica le variabili su cui agire per garantire all'Italia, e al suo sistema pensionistico, uno sviluppo alternativo agli scenari più pessimistici paventati dagli organismi internazionali
Dalla metà del 2014 fino alla prima parte del 2018, lItalia ha vissuto una fase di crescita positiva evidenziata sia da buoni dati sul fronte delloccupazione, che ha toccato uno dei tassi più elevati di sempre (il 58,7%, con circa 23,223 milioni di occupati tra i 15 e i 64 anni), sia da segnali positivi per quanto riguarda la tenuta del sistema pensionistico. Nel 2018, il rapporto occupati/pensionati si è infatti attestato intorno all1,45, valore più alto degli ultimi 22 anni e molto prossimo a quell1,5 occupati individuabile come traguardo cui tendere per la stabilità di medio-lungo termine del sistema.
Eppure, malgrado risultati apprezzabili dopo gli anni della crisi, non sono mancati allarmi (anche recenti) sui conti pubblici italiani da parte di Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e Ocse. Richiami che, se si possono considerare comprensibili nel caso di una spesa assistenziale fuori controllo 116 i miliardi stimati a carico della fiscalità generale per la spesa sociale nel solo 2018 e di un eccessivo debito pubblico nel 2018, per i soli interessi sul debito sono stati spesi 62,536 miliardi -, non sono invece giustificabili nel caso della spesa pensionistica pura che, al netto dei trasferimenti monetari di natura assistenziale, ha fatto segnare nellultimo quinquennio un incremento annuale dello 0,7%, uno dei più bassi dalla metà degli anni Novanta in poi.
Tabella 1 - Spesa assistenziale e debito pubblico
Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate Sostenibilità della spesa per pensioni in unipotesi alternativa di sviluppo
Un futuro già scritto o che lascia la strada a unipotesi di sviluppo alternativa? Questa la domanda da cui trae le premesse lOsservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate Sostenibilità della spesa per pensioni in unipotesi alternativa di sviluppo, redatto da Alberto Brambilla, Gianni Geroldi, Claudio Negro, Paolo Onofri e Alessandro Rosina per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali. Come sottolineato nel corso del convegno di presentazione tenutosi questo pomeriggio al CNEL, considerato proprio lelevato livello del debito pubblico italiano, questi giudizi tuttaltro che positivi condizionano infatti innanzitutto società di rating e mercati, con i nefasti risultati evidenziati dallo spread. Inoltre, non va trascurato che, per quanto lasci ladozione dei provvedimenti specifici allautonomia dei Paesi membri, il coordinamento delle politiche di welfare in Europa ha acquisito col tempo unincidenza maggiore tanto che, con le cosiddette raccomandazioni specifiche per Paese, la Commissione e il Consiglio europeo possono indirizzare in misura significativa le linee di policy di ogni singolo Stato.
Ragione per la quale si rende necessaria unanalisi dettagliata degli elementi che sottostanno a queste previsioni - quadro demografico, andamento del mercato del lavoro, produttività e altri fattori di crescita economica così da valutarne innanzitutto la fondatezza e, dunque, in unottica prospettica, anche le contro-misure da adottare per indirizzare lItalia verso scenari più rosei. A riguardo, la pubblicazione sottolinea in primis che anche i modelli previsionali adottati presentano dei limiti: un esempio riguarda la rendicontazione della spesa sociale. Come riportato nel paper, i dati in merito sono infatti spesso contrastanti, mentre a essere presentato in sede europea è un valore che, ricomprendendo anche voci di spesa non strettamente correlate alle pensioni, finisce con laggravare di molto il giudizio, e la pressione, nei confronti del sistema pensionistico italiano. Di qui, la proposta di una riclassificazione della spesa previdenziale al netto dellassistenza, nel solco di quanto già viene fatto dallINPS e dal Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, un tempo redatto dal Nucleo di Valutazione della spesa previdenziale e oggi pubblicato da Itinerari Previdenziali.
Comunque sbagliato - come ricordato da Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali - far cadere tutta la responsabilità dei richiami sulla sola presentazione dei dati laddove, malgrado le direttive UE, molti degli ultimi governi hanno alimentato eccessivamente quel capitolo di spesa, tanto per imperizia quanto per convenienza elettorale. Con lulteriore aggravante dellassenza di unanagrafe dellassistenza, utile a razionalizzare lerogazione di tutte le prestazioni sociali che si sono sommate e sedimentate nella legislazione nel corso degli ultimi anni.
In seconda battuta, lOsservatorio considera che gli scenari per gli anni a venire sono per solo in parte già definiti, lasciando dunque spiragli per un migliore sviluppo dellItalia attraverso interventi che sappiano combinare evoluzione demografica, ripresa del mercato del lavoro, rilancio della produttività e delleconomia. Se è infatti ad esempio vero che, secondo le ultime previsioni, lItalia è destinata a una crescita della quota anziana a fronte di una riduzione della popolazione complessiva, lo è altrettanto che adeguate politiche familiari e di conciliazione vita-lavoro per favorire laumento della natalità, da un lato, e una gestione dei flussi migratori coerente con le esigenze economico-occupazionali del Paese, dallaltro, potrebbero contrastare le più pessimistiche prospettive di declino demografico.
A chi poi si preoccupa di come leffetto combinato di riduzione e invecchiamento della popolazione possa incidere sullandamento del mercato del lavoro, il Prof. Brambilla ha poi ricordato lancora elevato tasso di disoccupazione del Paese, evidente dimostrazione di come lItalia sia comunque ben lontana dallaver mobiliato tutti i soggetti in età di lavoro e può, anzi deve, contare, su unampia riserva inutilizzata di disoccupati, in prevalenza, giovani, donne e over 55, per rimpiazzare i lavoratori che accedono alla pensione. Ripensare lorganizzazione del lavoro, intervenire sulla distanza che separa il percorso formativo scolastico dalle esigenze del mercato, investire in attività di formazione specialistica e continua, impegnarsi nella messa a punto di misure di age management e favorire la flessibilità in uscita con strumenti poco onerosi per lo Stato come i fondi esubero e i fondi di solidarietà sono tra le strade da percorrere, secondo lOsservatorio, per ridurre quella quota consistente di disoccupazione attribuibile, nel caso italiano, ad alcune debolezze strutturali scarsa adattabilità ai cambiamenti e insufficiente livello di specializzazione che allargano il mismatch tra domanda e offerta di lavoro.
Tabella 2 - Tassi di occupazione: Italia e media UE a confronto
Fonte: Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate Sostenibilità della spesa per pensioni in unipotesi alternativa di sviluppo
Secondo il Centro Studi e Ricerche, occorrerebbe dunque infine intervenire sul sistema degli incentivi all'occupazione privilegiando, sul modello di quanto già fatto per Industria 4.0, il maxi-ammortamento del costo del lavoro alla decontribuzione, che spesso finanzia attività di comodo o decotte creando occupazione instabile, e promovendo investimenti pubblici e privati in ricerca e innovazione soprattutto nelle scienze biomediche, nella farmaceutica, nellICT. Come già in altre sedi ricordato dal Prof. Brambilla, loccupazione non si crea infatti in forza di legge, ma stimolando produttività e sviluppo che, ormai da troppi anni, sono a dir poco modesti in Italia: «Non si può fare una colpa alla Commissione europea o agli organismi internazionali se su questi temi le valutazioni sono negative: da oltre 20 anni, manca una vera politica industriale, cui si sommano infrastrutture obsolete, una burocrazia spesso farraginosa, una spesa pubblica troppo sbilanciata sulla sola spesa corrente e una classe politica alla ricerca del (facile) consenso elettorale da raggiungere con promesse di assistenza e sussidi più che con azioni concrete a favore delle giovani generazioni e del sistema tutto».
In verità, dunque, le premesse per provare quantomeno a migliorare la situazione non mancano, ma servono riforme concrete e mirate che rendano complessivamente più ottimistiche le proiezioni del PIL, permettendo così di gettare le basi per un rinnovato clima di fiducia e benessere.
Mara Guarino, Itinerari Previdenziali
13/11/2019