Per APE sociale e Opzione Donna non è ancora il momento della pensione

Quota 102 è la principale novità in materia di pensioni introdotta dall'ultima Legge di Bilancio, ma non l'unica opzione di pensionamento anticipato percorribile nel 2022: prorogate di un altro anno anche Opzione Donna e APE sociale

Mara Guarino

Con 355 sì e 45 no, la Legge di Bilancio per il 2022 ha definitivamente trovato anche l’approvazione della Camera dei Deputati lo scorso 30 dicembre. Considerata la fine del triennio sperimentale di Quota 100, comunque ampia l’attenzione riservata al tema previdenziale: nessuna riforma strutturale per il sistema (che pur ne necessiterebbe) ma, tra conferme e nuove misure, spiccano alcuni interventi che, con validità sull’anno in corso, mirano a ottenere maggiore flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro.  

Si collocano infatti in questo solco non solo la nascita di Quota 102, che riprende in buona sostanza tutti gli istituti già noti per Quota 100, alzando però a 64 anni di età il requisito anagrafico di accesso alla pensione (confermati invece i 38 anni di contribuzione), ma anche la proroga di Opzione Donna e APE sociale per un altro anno. Una conferma alla quale, soprattutto per APE sociale, si è in realtà associata anche qualche modifica: analizziamo dunque caratteristiche e novità di questi due provvedimenti di pensionamento anticipato nel dettaglio.  

 

Opzione Donna

La Legge di Bilancio per l’anno 2022 estende la possibilità di fruizione di Opzione Donna alle lavoratrici che abbiano maturato determinati requisiti entro e non oltre il 31 dicembre 2021, in luogo del 31 dicembre 2020 previsto prima del nuovo intervento legislativo. 

A differenza di quanto ipotizzato nelle settimane antecedenti l’approvazione della manovra, nessun cambiamento sostanziale riguarda i requisiti di accesso alla prestazione esclusivamente rivolta alla platea femminile: la norma, modificando l’articolo 16, comma 1, del D.L. 4/2019, prevede che il diritto all’anticipo pensionistico - secondo le regole di calcolo del sistema contributivo - venga riconosciuto, nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato (entro il 31 dicembre 2021) un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le dipendenti del settore pubblico o privato) e a 59 anni (per le autonome). Confermati poi sia il mancato adeguamento dei requisiti anagrafici agli incrementi alla speranza di vita sia la “finestra” temporale di 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome, trascorsa la quale decorre effettivamente il trattamento. 

Per quanto riguarda il personale a tempo indeterminato delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), la Legge di Bilancio posticipa al 28 febbraio 2022 (in sostituzione del 28 febbraio 2021) la data entro cui presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico. In questo caso specifico, si applica una speciale disciplina delle finestre, secondo cui la decorrenza è posta all'inizio dell'anno scolastico dello stesso anno.

Ripercorrendone brevemente il percorso normativo, Opzione Donna è stata introdotta dall’art. 1, c. 9, della L. 243/2004 che prevedeva la possibilità per le lavoratrici che avessero maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età, per le lavoratrici dipendenti, o 58 anni, per le lavoratrici autonome (requisito anagrafico da adeguarsi, in origine, all'aumento della speranza di vita), di accedere anticipatamente al trattamento pensionistico, a condizione di optare per il sistema di calcolo contributivo integrale. Tale opzione, per anni poco utilizzata, è stata esercitata invece in maniera più consistente dal 2012, dopo l’entrata in vigore della riforma Monti-Fornero, che ha inasprito i requisiti anagrafici e contributivi per l'accesso al pensionamento, e quindi spinto più lavoratrici verso l’idea di anticipare (talvolta anche in modo considerevole) di parecchi anni l’uscita dal mercato del lavoro, sia pur accettando una riduzione dell'importo della pensione.

Se la riforma Monti-Fornero ha confermato la possibilità di avvalersi dell'Opzione Donna, a condizione che le lavoratrici maturassero i requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2015, successivamente l'articolo 16 del D.L. 4/2019 ha esteso Opzione Donna alle lavoratrici con un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome) acquisite entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015), disponendo da una parte il non adeguamento alla speranza di vita dei requisiti anagrafici e, dall’altra, l’applicazione delle cosiddette finestre pari, rispettivamente, a 12 mesi in caso di lavoro subordinato e 18 in caso di lavoro autonomo. Il suddetto termine del 31 dicembre 2018 è stato poi prorogato, di anno in anno, dalle ultime manovre finanziarie, Legge di Bilancio 2022 compresa. 

 

APE sociale

La già citata Legge di Bilancio dispone poi la proroga a tutto il 2022 della sperimentazione di APE sociale, indennità corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che abbiano raggiunto i 63 anni d’età anagrafica, possano far valere almeno 30 anni di anzianità contributiva (36 anni per chi svolge attività gravose) e si trovino in una condizione di particolare tutela individuata dal legislatore. Fino a quest’ultimo intervento normativo, potevano infatti accedere all’APE: i disoccupati involontari che avessero esaurito integralmente la prestazione per disoccupazione o mobilità da almeno 3 mesi; i caregiver, ossia i soggetti che assistano, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità (legge n. 104/1992) e, dal 2018, anche un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; gli invalidi civili che presentino una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni sanitarie, almeno pari al 74%; i lavoratori dipendenti che svolgano da almeno 7 anni negli ultimi 10, oppure almeno 6 anni negli ultimi 7, attività considerate particolarmente “gravose”. 

Al rinnovo si affiancano però in questo caso anche alcune novità riguardanti proprio condizionalità e requisiti di accesso. Innanzitutto, nel caso dei disoccupati involontari (per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito di licenziamenti economici), è abrogata la condizione di “almeno 3 mesi” dalla conclusione della fruizione dell’indennità di disoccupazione; per quanto riguarda invece le mansioni gravose vengono ampliate le categorie professionali che possono accedere alla prestazione con 63 anni e 36 anni di contributi, estendendo di fatto la platea potenzialmente beneficiaria dell’APE tout court. Con un’ulteriore peculiarità: per alcune di queste mansioni viene infatti proposto anche uno sconto sulla contribuzione utile: operai edili, come indicati nel CCNL per i dipendenti delle imprese edili e affini, ceramisti e conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta potranno accedere all’APE sociale sempre a 63 anni ma con un’anzianità contributiva di 32 anni, anziché 36.

In tutti i casi, l’APE sociale si concretizza in un sussidio di accompagnamento alla pensione, interamente a carico dello Stato, calcolato sulla base della rata pensionistica spettante al momento dell’accesso alla prestazione entro un tetto di 1.500 euro lordi per 12 mensilità e non rivalutabile in base dall’inflazione. L'accesso al beneficio è inoltre subordinato alla cessazione di attività di lavoro, ferma restando la possibilità di cumulare l’assegno pensionistico così ottenuto con redditi da lavoro dipendente o parasubordinato nei limiti di 8.000 (4.800 euro lordi annui nel caso di lavoro autonomo). Il diritto all’APE decade invece nel caso il beneficiario raggiunga nel frattempo i requisiti per un trattamento pensionistico diretto.

Volendo, anche in questo caso, ricostruire i passaggi normativi che si sono susseguiti nel tempo, vale la pena ricordare che l’APE sociale nasce in via sperimentale nel 2016. Più precisamente, l'articolo 1, commi da 179 a 186, della L. 232/2016 ha introdotto, in via sperimentale dall'1 maggio 2017 al 31 dicembre 2019 (termine da ultimo prorogato dal DL 4/2019), l'istituto, la cui disciplina è stata successivamente modificata in maniera sostanziale dall'articolo 1, commi 162- 167, della L. 205/2017 (ad esempio, ampliamento della platea delle attività ritenute “gravose”, per le lavoratrici madri previsione di un ulteriore “sconto” di un anno per ogni figlio entro un massimo di due anni, etc.) Come per l’Opzione Donna, le ultime Leggi di Bilancio, in attesa di una riforma del sistema che possa considerarsi definitiva per almeno una decina di anni, ne hanno disposto la proroga anno dopo anno. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali 

26/1/2022

 
 

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