Spesa pubblica per protezione sociale: Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia a confronto

Regionalizzare il bilancio del sistema previdenziale in Italia per comprendere peculiarità e specificità di ciascuna regione: cosa emerge mettendo a confronto la spesa pubblica per protezione sociale in Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia? 

Irene Vanini

Piemonte, Emilia-Romagna e Puglia sono regioni con una popolazione molto simile per numero di abitanti, ma con un approccio al welfare eterogeneo. Uno sguardo congiunto alla quantità e qualità dei servizi erogati (per esempio, il numero di posti letto per grandi anziani) e alle tipologie di enti predisposti all’erogazione (per esempio, come questi posti letto sono distribuiti tra case di riposo pubbliche, private, non-profit) restituisce tre fotografie diverse in termini di prestazione generale, ma anche di struttura della rete di servizi. La Puglia presenta un regime di welfare in cui gli attori pubblici e privati collaborano poco, mentre in Piemonte - dove questa collaborazione è florida - gli attori del Terzo Settore sono poco presenti e si rileva il bisogno di più servizi per gli anziani. L’Emilia-Romagna, invece, vanta un’ottima integrazione tra i settori pubblico, privato e Terzo Settore, una buona copertura dei servizi per la vecchiaia e l’infanzia, oltre a un buon grado di innovazione[1].

Questo approfondimento, nello spirito della serie, mette a confronto dati fondamentali e immediatamente leggibili sulla quantità e spesa per le prestazioni di welfare, scorporando i dati previdenziali da quelli assistenziali, ma soprattutto ricostruendo spesa e bilancio previdenziale sia a livello nazionale sia per regione e per macroarea.

La spesa per pensioni e assistenza - La tabella 1 evidenzia per le tre regioni la spesa per prestazioni assistenzialicioè pensioni e assegni sociali, pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento, integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali mettendole in relazione con la popolazione residente. Tra le maggiorazioni sociali sono conteggiate quelle ex legibus 140/1985 art.1-2; 544/1988 art.1-2; 388/2000 art.69-70; 448/2001 art.38 e quelle destinate a ex combattenti.

        

Per quanto riguarda pensioni e assegni sociali, la tabella illustra molto chiaramente che Piemonte e Emilia-Romagna, con una prestazione rispettivamente ogni 125 e 141 abitanti, concorrono a alzare il dato nazionale (di una prestazione ogni  71 abitanti), mentre la Puglia, per quanto con una prestazione ogni 50 abitanti abbia un dato migliore di quello della sua macroarea, spende più del doppio delle altre due regioni.

Una situazione simile si riscontra nell’analisi delle pensioni di invalidità civile, ma in questo caso la Puglia performa addirittura lievemente sotto il dato medio del Sud. Il gap relativo tra le tre regioni si assottiglia molto nei rimanenti settori, in coerenza con i dati nazionali e per macroarea, che sono in questi casi più allineati. Per quanto riguarda le integrazioni al minimo, essendo correlate alle pensioni di vecchiaia, il Piemonte spende più della Puglia, che ha oltre 130 mila pensioni di vecchiaia in meno, ma anche dell’Emilia-Romagna con un rapporto prestazioni/popolazione di oltre un punto sotto la relativa macroarea e inferiore al dato nazionale.

Come vedremo anche nell’analisi di bilancio, il Piemonte sconta i riflessi delle diverse crisi industriali che negli ultimi 25 anni hanno colpito grandi Gruppi come Fiat e Olivetti e l’enorme indotto produttivo, il che ha aumentato di molto le uscite per prestazioni temporanee (cassa integrazione ordinaria e speciale, prepensionamenti, pagamento di contribuzioni figurative) appesantendo il deficit.  

Prestazioni previdenziali al 31/12/2015

La tabella 2 scorpora invece la spesa per prestazioni previdenziali: pensioni di anzianità, pensioni di vecchiaia, pensioni di invalidità previdenziale e pensioni ai superstiti. Anche in questo caso rapportare la quantità di prestazioni erogate alla popolazione aiuta a capire la diffusione dei beneficiari  e a riflettere sulla sostenibilità del sistema. Come conseguenza dei differenziali nei tassi di occupazione le pensioni di anzianità sono in Piemonte ed Emilia-Romagna il doppio di quelle della Puglia; anche per la vecchiaia, la numerosità pugliese è inferiore a quella delle due regioni del Nord, il che significa che la stragrande maggioranza di queste prestazioni è sostenuta da contributi e da carriere regolari. Anche nel caso delle pensioni ai superstiti, la spesa pugliese è inferiore a quella delle due regioni del Nord. L’ordine si inverte nel caso delle pensioni di invalidità previdenziale, dove il Piemonte spende 772 milioni di euro l’anno, contro i 1.047 dell’Emilia-Romagna e i 1.313 della Puglia (una prestazione ogni 34,25 abitanti).

Il bilancio previdenziale e tassi di copertura -  In tabella 3 è riportato il bilancio previdenziale, che tiene conto delle entrate contributive dalla produzione (aziende e lavoratori) e delle uscite per prestazione previdenziali e assistenziali, erogate da Inps, ex Inpdap e dalle casse privatizzate. Si ottiene così il bilancio regionale della previdenza (pensioni e assistenza). Se osserviamo il saldo totale e i tassi di copertura al 2001 e al 2014, notiamo, per quanto riguarda le tre regioni qui considerate, che l’Emilia-Romagna è di gran lunga quella con la migliore copertura, anche se con un saldo negativo di 2.898,48 mln di euro a fronte dei 5.539,41 della Puglia e i 6.512,68 del Piemonte.

Il Piemonte è anche l’unica regione ad aver peggiorato il tasso di copertura, che passa dal 73,57% del 2011 al 69,11% del 2014 (le sole altre regioni italiane ad aver registrato una flessione sono il Lazio e la Lombardia che, però, partivano da tassi di copertura molto elevati e spesso positivi). Invece, Emilia-Romagna e Puglia migliorano il proprio rispettivamente di 8,48 e 11,54 punti percentuali.

Anche per quanto riguarda il rapporto tra entrate contributive e uscite previdenziali dell’Inps, l’Emilia-Romagna è la regione che restituisce la migliore performance (le entrate coprono l’85% delle uscite), mentre le uscite pugliesi non arrivano a coprire nemmeno la metà dell’entrate (48%) e quelle piemontesi arrivano al 66%. Per quanto riguarda i lavoratori della pubblica amministrazione (ex Inpdap), le tre regioni hanno avuto nel 2014 un comportamento abbastanza omogeneo restituendo i seguenti tassi di copertura: Piemonte 75%, Emilia Romagna 75%, Puglia 70%. Il tasso di copertura è invece positivo per tutte le regioni per quanto riguarda le casse privatizzate e, in questo caso, primeggia la Puglia con una copertura del 177%, seguita da Emilia-Romagna (153%) e  Piemonte (139%).  

               Bilancio previdenziale e tassi di copertura al 2014

Il bilancio del welfare - Nel bilancio precedente i tassi di copertura risultano inferiori al 100% a causa delle prestazioni assistenziali che, non avendo contributi sociali propri, sono finanziate dalla fiscalità generale; più aumentano le assistenziali e più basso è il tasso di copertura. Inserendo le entrate da Irpef e Irap e considerando anche le uscite per la spesa sanitaria e per il welfare locale (assistenza), siamo in grado di valutare la sostenibilità regionale delle prestazioni sociali nel loro complesso (tabella 4).

In questo caso, è immediatamente evidente come le entrate pugliesi si assestino in tutte le voci sotto o intorno alla metà delle entrate piemontesi e emiliano-romagnole e come le uscite non siano commisurate in maniera omogenea tra le due regioni del Nord e quella del Sud (la Puglia spende 450 milioni di euro in più delle altre due regioni in pensioni di invalidità e accompagnamento e quasi il triplo dell’Emilia-Romagna in pensioni di guerra). Si tratta di un comportamento che rispecchia quello delle relative macroaree. Infatti, il tasso di copertura della Puglia, che ha un saldo negativo di 7,63 miliardi di euro, è del 66,01%, un dato allineato con quello del Sud (67,43%); similmente, quello dell’Emilia-Romagna (113,30%) è in linea con quello del Nord (114,76%). Il Piemonte, invece, non raggiunge la copertura, ma si assesta comunque sul 99,35% e raggiunge quasi l’autosufficienza. Mentre le 2 regioni del Nord hanno prestazioni di welfare sostenibili (il Piemonte potrebbe superare agevolmente quota 100 nel 2017), per la Puglia e per il Sud occorrono politiche mirate di sviluppo per aumentare l’occupazione, che consentirebbe di ridurre le spese assistenziali e aumentare le entrate contributive; il primo obiettivo dovrebbe essere quello di raggiungere almeno il 75% di copertura.

Il bilancio del welfare 2014 in Piemonte, Puglia e Emilia Romagna

Serie storica dei tassi di copertura e dati di correlazione - I tassi di copertura trattati in questo paragrafo sono relativi alla sola serie storica dell’Inps (tabella 5), unico istituto che dispone di dati  dal 1979; tuttavia, questa serie è una fotografia preziosissima e ricca di dettagli della storia economica del welfare italiano e meriterebbe da sola una lunga analisi, che limitiamo a qui a alcune osservazioni sulle relative performance delle regioni in esame.

La totale copertura delle spese è stata raggiunta solo nel 1979/80 e solo dal Piemonte (106,39%) che in quell’anno ha anche raccolto un avanzo di 529,96 milioni di euro, coerentemente con il dato puntuale della macroarea Nord, che ha registrato, sempre nel 1979, una copertura di 111,68%. La crisi industriale abbinata all’aumento dell’aspettativa di vita e ai disavanzi maturati negli anni precedenti prodotti dalla poco previdente riforma Brodolini del 1969 iniziano a manifestarsi dal 1979 con un minimo disavanzo che aumenta ogni anno, creando la necessità del ciclo di riforme iniziato da Amato nel 1992. Anche in questo caso, l’immagine per regione è variegata. L’Emilia-Romagna mostra un mantenimento, con moderata costanza, di tassi di copertura superiori al 75% e una media dell’83,74% (a fronte di una media nazionale di 76,60%), addirittura più alta se si guardano gli anni successivi alla crisi, ossia 87,37% negli anni 2009-2012. Al contrario, il tasso di copertura medio del Piemonte, di 76,79% nell’arco di tutta la finestra temporale registrata, è sceso a 68,95% nel quadriennio post-crisi e dal 2010 non è più risalito oltre il 70%. Anche il dato medio della Puglia dopo la crisi è migliore della media della serie tutta, ma si tratta di percentuali basse: 49,90% (2009-2012) e 43,74% (1980-2015). La regione ha coperto poco più della metà delle spese solo tra il 2008 e il 2010 e tra la metà degli anni ’90 e i primi anni ’00, il tasso è sceso anche abbondantemente sotto il 40%. Il risultato è che il calcolo in moneta 2015 del debito pugliese per i 35 anni osservati restituisce una stima più che doppia rispetto a quella emiliano-romagnola.

Serie storica dei tassi di copertura

L’ultima tabella (tabella 6) è strutturata in modo da accostare trend produttivi, trend di consumo e stime relative all’evasione fiscale, valori che, determinando la crescita economica, si intersecano con le dinamiche del mercato del lavoro e dei servizi e dunque con le prestazioni regionali in termini di welfare.

Parallelamente a quanto osservato relativamente al bilancio del welfare, la disomogeneità più evidente è quella tra Piemonte e Emilia-Romagna, da un lato, e Puglia dall’altro, con dati nuovamente allineati a quelli delle rispettive macroaree. La popolazione delle tre regioni è simile, ma l’Emilia-Romagna contribuisce al Pil nazionale in misura più che doppia rispetto alla Puglia, avendo per contro un tasso aggregato di sommerso e attività criminali prossimo alla metà di quello pugliese.

Dati di correlazione

In conclusione, si può sostenere che le due correlazioni dirette sono confermate; infatti, maggiori sono le prestazioni assistenziali e più elevato è il livello di sommerso e di attività criminali, maggiore è il deficit che deve essere finanziato dallo Stato e, in definitiva, dalle regioni del Centro-Nor,  erodendo i loro residui fiscali. L’Emilia-Romagna emerge dunque come la "regione modello" all’interno del piccolo gruppo selezionato; è seguita dal Piemonte, che ha attraversato la crisi industriale rimanendo relativamente stabile. Per quanto riguarda la Puglia, (ma in generale l’intero Sud) sembra opportuno auspicare una seria di misure e di “patti territoriali” che consentano di aumentare l’occupazione regolare, non solo nei settori turistici, servizi e agro-alimentare ma anche nel manifatturiero (e l’Ilva di Taranto, il Tap e l’alta velocità possono essere di grande aiuto). Per ottenere questi obiettivi (e anche una sanità efficiente) occorre intraprendere una seria lotta al sommerso e alle attività criminali; solo così la Puglia e, in genere, il Sud potranno sviluppare il loro enorme potenziale inespresso, dando così un contributo fondamentale all’intero Paese.

Irene Vanini, Itinerari Previdenziali

12/2/2018


[1]Bertin, G. & Carradore, M. “Differentiation of welfare regimes: The case of Italy”. International Journal of Social Welfare 25 (2016): 149-160.

 
 

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