Come cambia la diffusione dell'epidemia COVID-19

Nell'attesa che il piano di vaccinazione decolli e l'economia riparta, come sta cambiando la diffusione dell'epidemia COVID-19? Qualche considerazione tratta dai risultati elaborati da Istat e ISS nel loro quarto Rapporto congiunto

Michaela Camilleri

643.219 vaccini somministrati su un totale di 908.700 dosi consegnate (469.950 tra il 30 dicembre 2020 e l'1 gennaio 2021 e 438.750 tra il 5 e il 7 gennaio). Le vaccinazioni su tutto il territorio nazionale sono iniziate lo scorso 31 dicembre per il tramite di 293 punti di somministrazione. Circa l’81% dei vaccini somministrati è stato destinato a operatori sanitari e sociosanitari, il 13% a personale non sanitario e il restante 6% a ospiti di strutture residenziali. Sono questi i principali dati riportati nel Report vaccini anti COVID-19 aggiornati al 10 gennaio 2021. Numeri che stanno già facendo discutere moltissimo a livello sia politico che mediatico, in primis, circa l’esistenza di un vero e proprio piano di vaccinazione da parte del governo, in secundis, della possibilità di acquistare dosi di vaccino ulteriori rispetto a quelle a noi riservate per il tramite dell’Europa, ma anche del possibile ritardo che l’Italia avrebbe già accumulato rispetto ad altri Paesi nella somministrazione, della carenza di punti di somministrazione e di personale e così via. 

Senza voler entrare nel merito delle polemiche e nell’attesa che il piano di vaccinazione prenda effettivamente piede, scongiurando così una terza ondata e dando fiato all’economia, com’è cambiata in questi mesi la diffusione dell’epidemia COVID-19? A delineare i principali tratti del mutato scenario sono l’Istat e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nel loro quarto Rapporto congiunto “Impatto dell’epidemia COVID-19 sulla mortalità totale della popolazione residente periodo gennaio-novembre2020” pubblicato lo scorso 30 dicembre

Innanzitutto, tra il mese di febbraio e il 30 novembre 2020 sono stati diagnosticati 1.651.229 casi positivi di COVID-19. Come ormai noto, lo scenario di diffusione epidemica può essere sintetizzato in tre fasi: la prima fase compresa nel periodo da febbraio alla fine di maggio 2020, la cosiddetta “prima ondata”, si è caratterizzata per una rapidissima diffusione dei casi e dei decessi e per una forte concentrazione territoriale prevalentemente nel Nord del Paese; è seguita, poi, una fase di transizione nella stagione estiva, da giugno a metà settembre, durante la quale la diffusione è stata inizialmente molto contenuta, per  riprendere alla fine di settembre con focolai sempre più numerosi in tutto il Paese che hanno portato alla “seconda ondata” e a un aumento dei casi con un ritmo esponenziale su gran parte del Paese, con un calo dell’incidenza a partire solo da metà novembre.

Figura 1 – Numero di casi COVID-19 per data di prelievo/diagnosi e numero di tamponi (per milione di abitanti)
Italia, febbraio-novembre 2020

Fonte: Quarto Rapporto Istat-ISS, 30 dicembre 2020

Venendo alle caratteristiche delle diverse fasi a confronto, nella seconda ondata resta invariata la prevalenza della componente femminile (54%), ma diminuisce la classe di età mediana dei casi: 45-49 anni rispetto a 60-64 anni della prima ondata. Cala, in percentuale, il dato dei contagi registrato nella popolazione molto anziana (over 80 anni), che passa da 26% nella prima ondata a 8% nella seconda, pur confermandosi la classe con la più alta percentuale di decessi per COVID-19 (il 60% di quelli  complessivi). Tale diminuzione è infatti in gran parte dovuta all’aumentata capacità diagnostica tra le classi di età più giovani e nelle persone con sintomi meno severi (è stato stimato che nella prima ondata il rapporto tra i casi notificati e i casi reali fosse almeno nel rapporto di 1:6). 

Complessivamente, da fine febbraio a novembre i decessi COVID-19 rappresentano il 9,5% del totale dei decessi del periodo (13% durante la prima ondata epidemica e 16% nella seconda ondata, con un considerevole aumento nel mese novembre). Se si considerano i contributi per fasce di età dei decessi COVID-19 alla mortalità generale si può notare come, a livello nazionale, la mortalità COVID-19 abbia contribuito al 4% della mortalità generale nella classe di età 0-49 anni, all’8% nella classe di età 50-64 anni, all’11% nella classe di età 65-79 anni e all’8% negli individui di ottanta anni o più. Nel periodo di osservazione dell’epidemia di COVID-19 (febbraio-novembre 2020) si stimano complessivamente circa 84mila morti in più rispetto alla media del 2015-2019 e i decessi di persone positive a COVID-19 riferiti allo stesso periodo sono 57.647, pari al 69% dell’eccesso totale (si tenga tuttavia conto, come precisato il Rapporto, di tutti i problemi metodologici collegati al consolidamento delle basi dati e della difficoltà nell’identificare i decessi causati da COVID-19 quando questi avvengono in pazienti con numerose patologie concomitanti). 

In dettaglio, durante la prima fase dell’epidemia si sono contati oltre 211mila decessi (da marzo a maggio del 2020), 50mila in più rispetto alla media dello stesso periodo del 2015-2019, di cui oltre 45mila relativi a residenti nel Nord del Paese. L’incremento nelle regioni del Nord ha fatto registrare quasi un raddoppio dei decessi nel mese di marzo e un incremento del +75,0% ad aprile. Nel periodo giugno-settembre, in corrispondenza con la fase di transizione, si è osservata una riduzione della mortalità totale che ha portato, in tutte le regioni/province autonome, il numero dei decessi per il complesso delle cause registrati nel 2020 in linea con i valori di riferimento del periodo 2015-2019. Viceversa, a partire dalla metà di ottobre 2020 diventano via via più evidenti gli effetti della seconda ondata dell’epidemia sulla mortalità totale. 

Dal punto di vista geografico, infatti, la seconda ondata si caratterizza a ottobre per un eccesso di decessi totali del 13% sia al Nord che al Centro-Sud riscontrato, mentre nel mese di novembre si distingue nuovamente l’eccesso di mortalità del Nord (+61,4%), rispetto al Centro (+39,3) e al Sud (+34,7%). In molte regioni del Nord l’eccesso di mortalità totale del mese di novembre supera addirittura quello del picco di marzo-aprile: in Valle d’Aosta (+139,0% rispetto al +71,0% di aprile), in Piemonte (+98,0% a novembre rispetto al +77,0% di aprile), Veneto (+42,8% rispetto al +30,8% di aprile), e Friuli-Venezia Giulia (+46,9% vs +21,1%). L’incremento dei decessi registrato a novembre è più basso di quello osservato in corrispondenza della prima ondata dell’epidemia solo in Lombardia (+66% a novembre rispetto al +192% di marzo e il +118% di aprile) e in Emilia-Romagna (+34,5% rispetto al +69% di marzo). 

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

11/1/2021

 
 

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