Invecchiamento e non autosufficienza, la voce inascoltata della demografia

Non si tratta più di se ma di quando: il nostro Paese sta andando incontro a un'importante transizione demografica. Eppure, malgrado l'invecchiamento della sua popolazione, l'Italia sconta (ancor di più in chiave prospettica) una grave carenza di  strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali

Lorenzo Vaiani

È il 2045, l’invecchiamento della popolazione, iniziato decenni prima, è giunto al suo culmine: ben oltre un terzo della popolazione ha un’età superiore ai 65 anni. Di questi 18,9 milioni di ultra65enni, circa un quinto (vale a dire poco meno di 3,38 milioni di persone), non sono autosufficienti e un ulteriore 1/5, ovvero 675mila individui, vivono all’interno di strutture socio-sanitarie o socio-assistenziali. Non si tratta di un futuro distopico o fantascientifico ma semplicemente quello di un Paese che ha accettato e compreso che la trasformazione oggi in atto, e destinata a proseguire appunto fino al 2045, è un sentiero certo e dal quale si possono (a patto di una corretta gestione) trarre delle importanti esternalità positive. 

Per poter giungere a questo ipotetico e auspicabile domani, è assolutamente indispensabile cominciare a predisporre oggi le basi e i pilastri necessari, tra i quali c’è senza alcun dubbio la parte relativa alla residenzialità socio-sanitaria e socio-assistenziale. Per comprendere dunque quali sia il livello e la diffusione attuale delle strutture presenti e come la loro offerta debba evolvere nei prossimi due decenni può essere utile incrociare i dati diffusi dall’ultimo Report Istat su “Le strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie” con le proiezioni della popolazione italiana.

Attualmente sull’intero territorio nazionale sono presenti 12.576 presidi residenziali per un ammontare complessivo di circa 414mila posti letto, ovvero 7 ogni mille persone residenti. Il computo complessivo naturalmente riguarda tutte le diverse tipologie di strutture, rivolte a una molteplicità di soggetti (anziani autosufficienti e non, minori, vittime di violenze, disabili, soggetti con dipendenze e così via). Sul numero totale di ospiti presenti all'1 gennaio 2022, pari a 356.556, gli anziani (65anni e più) rappresentano oltre i tre quarti del totale, vale a dire poco meno di 267mila persone; di questi, l’80% (circa 215mila unità) si trova in una condizione di non autosufficienza. La figura 1, che riporta l’evoluzione del numero di anziani presenti in queste strutture negli ultimi 7 anni mostra una mancanza di crescita preoccupante se si considera che solo tra il 2015 e il 2019 la componente di ultra65enni è salita di oltre mezzo milione di unità. Il grafico mette inoltre in evidenza in maniera estremamente drammatica il crollo subito durante il 2020 e causato dagli effetti della pandemia.

Figura 1 – Numero di over 65 presenti alle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie

Figura 1 – Numero di over 65 presenti alle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie

Fonte: elaborazioni a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Istat

Proprio da questo (grave) momento occorre ripartire ripensando e riprogettando il sistema delle strutture socio-residenziali e la loro diffusione sul territorio. 

La tabella 1 mostra la situazione di dettaglio rapportando da una parte l’incidenza percentuale di anziani sull’ammontare complessivo di persone residenti in ciascuna macro-area e, dall’altra, il numero di ospiti over65 attualmente presenti nelle strutture ogni 100 ultra65enni. Come si osserva, nonostante la percentuale di anziani sia sostanzialmente la medesima tra le diverse zone del Paese, vi sono importanti differenziazioni nel numero di individui ospitati all’interno di queste strutture: a fronte di una media nazionale di 1,9 persone presenti in residenze apposite ogni 100 over 65, nelle regioni del Nord il dato passa a 2,8 con un numero di posti letto che varia dai 150mila del Nord-Ovest ai 116mila del Nord-Est. Viceversa, nelle regioni del Sud e delle Isole il dato medio è rispettivamente pari a 0,8 e 1. Un divario che non si giustifica con il fatto che nel Settentrione l’incidenza percentuale sia lievemente maggiore (24,4%) rispetto alle regioni insulari o del Mezzogiorno (23,3% e 22,3%, rispettivamente) bensì con la differenza abissale nel numero di posti letto e, di conseguenza, di strutture presenti in queste aree del Paese. 

Tabella 1 – Percentuale di over65 per macroarea e distribuzione dei posti letto in strutture
socio-sanitarie o socio-residenziali, anno 2021
             Tabella 1 – Percentuale di over65 per macroarea e distribuzione dei posti letto in strutture socio-sanitarie o socio-residenziali, anno 2021
Fonte: elaborazioni a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Istat


Per capire quanta strada è necessario ancora percorrere per far sì che il futuro, ormai prossimo, non veda il nostro Paese sopraffatto dall’onda lunga della transizione demografica è possibile quantificare di quanto crescerà il numero di persone in condizioni tali da dover aver bisogno di accedere a una struttura socio-assistenziale o socio-sanitaria sulla base delle nuove proiezioni Istat e mantenendo invariata l’attuale incidenza di posti letto nel Nord, a fronte di un valore pari almeno al dato medio nazionale per il Centro e il Mezzogiorno (1,90).

Nello scenario così tracciato emerge una prima grave criticità che vedrà giungere il suo momento di apice prorpio nel 2045: il maggior invecchiamento della popolazione si verificherà principalmente nelle regioni del Sud e delle Isole. Infatti, se per il Nord e il Centro l’incremento al 2030 è stimabile intorno ai 2,5/3 punti percentuali, per poi crescere ulteriormente di altri 6 punti nel 2045, per le regioni del Mezzogiorno l’aumento sarà pari inizialmente a circa 4 punti percentuali e, successivamente a 8 punti. Già questo dovrebbe suggerire la necessità di avviare importanti progetti edili in queste aree del Paese per andare incontro a una domanda che sarà via via crescente.

Ma di quanto dovrà crescere l’attuale offerta di posti letto? Rispondere a questa domanda è sicuramente più complesso: infatti, se da una parte, è auspicabile che grazie al progresso medico-scientifico e a programmi generalizzati di prevenzione l’incidenza percentuale della componente di non autosufficienti  tra gli over 65 possa ridursi nei prossimi anni, dall’altra non si può non considerare che, a causa dell’inevitabile scivolamento della popolazione verso età più anziane, il numero di persone non-autosufficienti è inesorabilmente e fisiologicamente destinato a crescere. A queste considerazioni occorre poi aggiungere che il “modello” di crescita dell’offerta immaginato considera livelli di copertura insufficenti, in special modo per quelle aree che avrebbero il maggior bisogno come il Sud e le Isole, e, dunque, sottostima i posti letto effettivamente necessari. 

Premesso ciò, a livello nazionale i posti letto dovrebbero crescere almeno nell’ordine delle 170mila unità in meno di 2 decenni. Nel dettaglio, nel Nord-Ovest e nel Nord-Est dovrebbero passare rispettivamente a 170mila e 130mila nel 2030 e a 206mila e 161 nel 2045; al Centro a 102mila e 124mila, mentre nel Sud e nelle Isole i posti letto dovrebbero crescere entro il 2045 a non meno di 140mila e 80mila.

Tabella 2 – Previsione del numero di posti letto e di ospiti anziani presso stutture socio-sanitarie e socio-assistenziali
Tabella 2 – Previsione del numero di posti letto e di ospiti anziani presso stutture socio-sanitarie e socio-assitenziali
Fonte: elaborazioni a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Istat

Questo semplice esercizio di “reverse engineering” sociale mostra come il nostro Paese abbia un’urgente necessità di investimenti nel settore delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, che inevitabilmente richiederà un’importante e sinergica collaborazione tra pubblico e privato. Difatti, anche volendo descrivere il fenomeno demografico in atto come una tempesta come alcuni scenari più pessimistisci vorrebbero, le opzioni a nostra disposizione sono sostanzialmente due: sperare e auspicarci che la tempesta non arrivi o che ci sfiori solo marginalmente per via di qualche accadimento ad oggi non prevedibile, oppure prepararci e attrezzarci di conseguenza, andando a sfruttare l’energia prodotta da questa nuova forma di dividendo demografico. 

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

28/11/2023 

 
 
 

Ti potrebbe interessare anche