Le Casse di Previdenza e l'impegno verso la sostenibilità economico-sociale

Gli investimenti ESG sembrano attraversare una fase di rallentamento dopo il forte sviluppo registrato negli ultimi anni. Una parziale battuta d'arresto più nella forma che nella sostanza, che non cambiano la volontà di contribuire a uno sviluppo economico-sociale sostenibile in linea con i trend di lungo periodo: il caso delle Casse di Previdenza 

Bruno Bernasconi

L’attuale contesto di perdurante incertezza che vige sui mercati finanziari, con il susseguirsi di crisi improvvise e inaspettate, ha portato a fasi ormai cicliche di volatilità che impongono agli investitori di adottare scelte di portafoglio in grado di coniugare strategie opportunistiche di breve con allocazioni di medio-lungo termine che garantiscano rendimenti adeguati nel tempo. Un assunto ancora più vero per enti previdenziali come le Casse Privatizzate, che stanno progressivamente affiancando alla loro mission principale di garantire prestazioni pensionistiche adeguate e sostenibili ai propri iscritti un sistema sempre più orientato verso una visione integrata e inclusiva del welfare.

Il rapporto AdEPP 2024 sottolinea infatti l’impegno di tali enti verso una significativa espansione delle prestazioni erogate, con un ruolo sempre più rilevante delle componenti non IVS, a testimonianza della volontà di non limitarsi solo a fornire un supporto economico nella fase finale della carriera, ma di configurarsi come partner dei propri iscritti durante tutto il loro percorso lavorativo. Un impegno che mira a riflettere i cambiamenti demografici, economici e sociali in atto, in cui rivoluzione tecnologica, invecchiamento della popolazione e cambiamento climatico rappresentano alcuni dei trend legati a doppio filo con la sostenibilità e che influenzano trasversalmente diversi settori e asset class

Tuttavia, dopo il forte sviluppo registrato negli ultimi anni, gli investimenti ESG sembrano attraversare una parziale battuta d’arresto, che appare però più radicata negli Stati Uniti rispetto all’Europa. Il Vecchio Continente, infatti, con un peso sugli asset ESG a livello globale dell’84% contro l’11% degli USA, ha raggiunto un grado di maturità sul fronte della finanza sostenibile che rende improbabile un completo dietrofront, mostrando piuttosto un rallentamento fisiologico e alcuni ripensamenti più nella forma che nella sostanza. 

Ma come si pongono le Casse di Previdenza nei confronti della sostenibilità? Innanzitutto, vale la pena sottolineare la solida condizione economico-finanziaria dimostrata negli anni da questi enti, con un attivo patrimoniale complessivo (a valori di bilancio) passato dai 37,6 miliardi del 2007 ai 107,03 miliardi del 2023, pari a un tasso di crescita medio annuo del 6,8% (+185% complessivo). La modalità di gestione degli investimenti preferita da questi enti è per via diretta: secondo l'ultima indagine su investitori istituzionali e gestori finanziari curata da Itinerari Previdenziali (a cui hanno partecipato tutte le 19 Casse di Previdenza), tutte le Casse, a eccezione di una, effettuano attualmente investimenti diretti in OICR tradizionali e in FIA, seguiti da obbligazioni (89%) e azioni ed ETF (entrambi scelti dal 68% dei rispondenti). Anche nel prossimo futuro FIA e OICR si confermano i principali strumenti su cui investire, rispettivamente con l’84% e il 68% delle preferenze, mentre la percentuale di chi pensa di aumentare l’esposizione nel reddito fisso scende al 58%, complice probabilmente l’aumento del peso di tale asset class nell’ultimo biennio a seguito del rialzo dei tassi di interessi, che hanno invece iniziato ora una fase di discesa. Il tutto senza dimenticare il ruolo rilevante in termini di sostegno al sistema Paese: tutte le 19 Casse rispondenti alla survey detengono in portafoglio strumenti che investono nell’economia reale; il 21% lo fa con una quota pari a oltre il 50% del patrimonio totale e il 47% con una quota compresa tra il 10% e il 50%. 

Figura 1 - In quali strumenti investe/investirà l’ente?

Figura 1 - In quali strumenti investe/investirà l’ente?

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 - “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

Venendo al capitolo riguardante gli investimenti sostenibili, la settima edizione della survey sulle politiche di investimento SRI curata dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali evidenzia come sebbene la percentuale di Casse che adotta formalmente una politica di investimento sostenibile sia solo del 37%, molti enti acquistano comunque prodotti finanziari che rispettano i criteri ESG pur non dotandosi di linee guida formali. Importante sottolineare, inoltre, come tutte le Casse che ancora non adottano una politica sostenibile, con la sola eccezione di un rispondente, hanno valutato di implementarla in futuro dopo aver affrontato internamente il tema. Un impegno verso la sostenibilità che va oltre le logiche del solo rendimento: i motivi che spingono gli enti a introdurre investimenti SRI, infatti, sono per il 53% dei rispondenti la volontà di fornire un contributo allo sviluppo sostenibile (ambientale e sociale) e la gestione più efficace dei rischi finanziari (37%), mentre solo 2 Casse mirano all’ottenimento di rendimenti migliori. Considerazioni analoghe emergono anche nelle valutazioni ex-post in riferimento agli effetti generati dall’investimento sostenibile, che per il 43% degli enti rispondenti riguardano benefici in termini di reputazione, mentre l’86% riscontra un miglioramento della diversificazione del rischio e solo 2 rispondenti hanno segnalato un aumento del rendimento. 

I principi a cui si ispira l’attività sostenibile sono principalmente gli UNPRI e gli SDGs delle Nazioni Unite e, tra quest’ultimi, i più votati risultano, con l’80% delle preferenze, l’SDG 3 – Salute e benessere, e l’SDG 7 energia pulita e accessibile, con il 70% dei riscontri; seguono al terzo l’SDG 13 – Lotta contro il cambiamento climatico con il 60%, a parimerito con l’SDG 5 – Parità di genereche potrebbe aver meritato una menzione speciale anche per via della tendenza alla femminilizzazione di alcune professioni (biologi, psicologi, ecc.). Risultati che evidenziano, da un lato, il sopracitato crescente impegno verso forme di welfare a sostegno dei propri iscritti e, dall’altro, il focus rivolto alle tematiche ambientali per il positivo impatto socio-economico. 

Al fine di perseguire questi obiettivi generali di sostenibilità, le esclusioni si confermano la strategia maggiormente scelta dalle Casse di Previdenza con il 53% delle risposte, seppur in costante calo negli ultimi due anni a favore di altre strategie in crescita come l’engagement, in aumento dal 26% del 2023 al 32% del 2024 fino al 37% dell’ultimo anno. Seguono best in class con il 47% e gli investimenti tematici in calo anche in questa rilevazione indicati dal 42% del campione.

Figura 2 – Le strategie SRI adottate dalle Casse di Previdenza

Figura 2 – Le strategie SRI adottate dalle Casse di Previdenza

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 - “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

Entrando più nel dettaglio, le esclusioni riguardano principalmente i settori della pornografia e del lavoro minorile (per il 42% dei rispondenti), seguono le armi (37%), al pari di tabacco e gioco d’azzardo. Con riferimento alla strategia best in class, i criteri maggiormente indicati nella fase di selezione degli emittenti in portafoglio sono riduzione delle emissioni di anidride carbonica ed efficienza energetica, entrambi indicati dal 32% dei rispondenti, confermando l’attenzione rivolta alla lotta al cambiamento climatico; in riferimento agli investimenti tematici, invece, chi applica questa strategia lo fa soprattutto nel campo dell’efficientamento energetico (37%), della salute (32%) e della Silver Economy (37%). 

Infine, la maggioranza delle Casse (79%) dichiara di voler incrementare l’esposizione agli investimenti sostenibili nel prossimo futuro, prevalentemente verso i settori della Silver Economy (79%), delle energie rinnovabili (71%), delle infrastrutture sanitarie (57%), dell’healthcare e delle piccole e medie imprese (50%).

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

21/5/2025

 
 

Ti potrebbe interessare anche