Fondazioni di origine Bancaria, welfare territoriale con una gestione ibrida

Da sempre impegnate nel welfare territoriale e di comunità, le Fondazioni non possono disporre - a differenza degli altri player istituzionali - di nuova raccolta: politiche di investimento mirate a conservazione e aumento del valore patrimoniale diventano quindi fondamentali, anche per continuare a proseguire i propri scopi di utilità sociale

Bruno Bernasconi

Le Fondazioni di origine Bancaria sono soggetti privati e autonomi il cui scopo principale si declina nel perseguimento di obiettivi di utilità sociale e nella promozione dello sviluppo economico del territorio, svolgendo un ruolo complementare a quello statale nella risposta ai bisogni delle comunità. Per farlo, questa tipologia di enti ha sviluppato un modello di “welfare territoriale”, che ben sintetizza l’attività di sostegno al tessuto socio-economico di riferimento e che le differenzia dallo scopo più prettamente previdenziale degli altri investitori istituzionali. 

Per adempiere alla loro mission istituzionale, non disponendo di flussi contributivi, le Fondazioni necessitano quindi di un’attenta gestione finanziaria che garantisca loro le risorse da far confluire nei propri territori di riferimento. Le strategie e le politiche di investimento sono di conseguenza rivolte, in primis, alla conservazione del valore economico del patrimonio, attraverso un’adeguata redditività che possa permettere di adempiere ai loro scopi sociali (erogazioni) e di conseguire rendimenti al fine di aumentarne il valore nel tempo. In attesa di conoscere le indicazioni sul 2023 dall’Undicesimo Report Annuale sugli investitori istituzionali curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, come si sono evoluti dunque gli investimenti e la composizione dei portafogli di questi enti nel tempo?

L’attivo di bilancio delle 86 Fondazioni di origine Bancaria è passato dai 57,55 miliardi di euro del 2007 ai 47,6 miliardi del 2022, mostrando trend differenti che vedono il 2010 come anno spartiacque: alla crescita del primo decennio del terzo millennio, arrivando al picco di quasi 60 miliardi nel 2010, è seguita infatti una fase di costante diminuzione dell’attivo complessivo, coincisa con gi effetti della doppia crisi finanziaria e del debito sovrano e culminata con la pandemia dI COVID-19 nel 2020. 

Figura 1 - Evoluzione dell’attivo delle Fondazioni dal 2007 al 2022 (dati in miliardi di euro)

Figura 1 - Evoluzione dell’attivo delle Fondazioni dal 2007 al 2022 (dati in miliardi di euro)

Fonte: Itinerari Previdenziali

Ciononostante, nell’arco temporale che va dal 2000 al 2022, le Fondazioni hanno erogato complessivamente oltre 26 miliardi e accantonato ulteriori risorse per l’attività erogativa futura per a circa 4,8 miliardi, confermando un ruolo di primaria importanza sia nel sostegno alle difficoltà del settore bancario sia nel supporto della collettività, in un periodo prolungato di stagnazione della crescita economica del Paese. 

Analizzando la composizione dei portafogli delle prime 30 Fondazioni, che rappresentano l’87% del totale attivo gestito da tali enti, si nota come una quota importante del patrimonio sia investita in partecipazioni istituzionali (che comprendono principalmente la conferitaria e CDP), con un peso rilevante sul conto economico grazie ai flussi garantiti dalla distribuzione di dividendi. Questa rilevanza è però diminuita costantemente nel tempo (dal 31,4% nel 2017 al 28,4% nel 2022), per effetto principalmente della riduzione delle partecipazioni nella banca conferitaria di riferimento, cioè l’istituto bancario di cui erano parte integrante prima della Legge Ciampi del 2000, in scia al processo di dismissione iniziato già nel 1994 con la direttiva “Dini” e ulteriormente sostenuto dal Protocollo Acri/MEF dell’aprile 2015, che a fine 2022 ha portato al 24,5% il peso delle conferitarie sul totale attivo.

Come già evidenziato, l’asset allocation delle Fondazioni deve riuscire a garantire la reddittività necessaria per svolgere per adempiere scopi di utilità sociale, compito reso ancor più difficile negli ultimi anni da un prolungato periodo di bassi rendimenti obbligazionari e dal ridimensionamento dei dividendi delle conferitarie. Il rialzo dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali tra il 2022 e il 2023 ha però riacceso l’appeal sui bond, la cui incidenza è salita lo scorso anno al 5,3% del totale attivo (rispetto al 3,7% del 2022), di cui circa il 46% rappresentati da titoli di Stato italiani. L’asset class predominante rimane però quella dei fondi comuni di investimento, pari al 47,3% del totale attivo 2022 rispetto al 42% del 2017, di cui la maggior parte (il 37,5%) riconducibile all’utilizzo di veicoli dedicati in forma di fondi, sub-fondi SICAV UCITS, o SIF, con obiettivi di investimento dedicati anche per singola Fondazione e che consentono maggiore flessibilità e rapidità di cambio delle strategie.

Figura 2 - La ripartizione per asset class dell’attivo delle Fondazioni dal 2017 al 2022 

Figura 2 - La ripartizione per asset class dell’attivo delle Fondazioni dal 2017 al 2022

Fonte: Itinerari Previdenziali

Si tratta di una modalità di gestione delle risorse ibrida tra investimenti diretti e indiretti che ha contribuito a ridurre il peso dei mandati di gestione individuali, diminuiti progressivamente dal 2,7% del 2017 allo 0,9% del 2022. Tra le tipologie di fondi e veicoli dedicati, spiccano quelli multiasset, pari a circa l’85% di questa asset class nel 2022, in grado di garantire un buon livello di flessibilità e diversificazione del rischio, seguiti a distanza da quelli alternativi con il 9,5%. 

Infine, vale la pena sottolineare la forte attenzione dedicata all’economia reale dalle Fondazioni con un investimento pari a circa il 44% del totale attivo aggregato. Complessivamente le 30 Fondazioni esaminate, sul totale di 41,4 miliardi di euro di attivo, hanno destinato all’economia reale italiana 18,2 miliardi, di cui 10 sono investiti nelle conferitarie. Un dato sottostimato rispetto alla realtà in quanto non tiene conto della componente di investimenti reali italiani contenuti all’interno di OICR e FIA, inseriti nelle piattaforme e fondi dedicati (e non facilmente individuabili dai bilanci), a cui andrebbe aggiunto, inoltre, il contributo rappresentato dal flusso annuale delle erogazioni, l’altro grande strumento a disposizioni delle Fondazioni di origine Bancaria. Si tratta di un miliardo l’anno, in media, negli anni dal 2011-2022, rivolto oltre che alla conservazione del patrimonio artistico e culturale, a ricerca e sviluppo, allo sviluppo locale, al sostegno ai servizi di volontariato, all’intervento sociale e sanitario, collaborando sempre di più con altre istituzioni pubbliche e private ma anche agendo attraverso operazioni di sistema (ne sono esempio il Fondo per il contrasto della Povertà Educativa minorile, dal 2015, e il Fondo per la Repubblica Digitale dal 2021). 

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/7/2024 

 
 

Ti potrebbe interessare anche