Fondi pensione e sistema produttivo, la leva del TFR
Il TFR rappresenta al contempo la maggiore forma di contribuzione alla previdenza complementare e la principale fonte di autofinanziamento per le PMI: incentivare gli investimenti in economia reale dei fondi pensione appare quindi il naturale anello di congiunzione per generare un circolo virtuoso a beneficio dell'intero sistema Paese
Quando si parla di fondi pensione un tema ricorrente riguarda la destinazione del TFR, sia a livello di convenienza per il lavoratore rispetto alla scelta di lasciarlo in azienda (tra fiscalità, rendimenti e modalità di riscatto), sia a livello politico per cercare di incentivare adesioni e contribuzioni alla previdenza complementare. Ciclicamente, infatti, viene riproposta la possibilità di un nuovo semestre di silenzio-assenso (da ultimo, un emendamento bocciato nella Legge di Bilancio 2025), salvo poi naufragare per la mancanza di coperture per sopperire al deflusso di risorse dal Fondo Tesoreria INPS.
In base alla normativa vigente, il lavoratore dipendente del settore privato può scegliere se fare confluire il TFR maturando a una forma di previdenza complementare con modalità esplicita o tacita: se entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore non ha effettuato alcuna scelta, il datore di lavoro fa confluire il TFR maturando alla forma previdenziale collettiva di riferimento (o, in presenza di più fondi, in quello cui è iscritto il maggior numero di dipendenti) o, in mancanza di questa, al fondo COMETA). In alterativa, il lavoratore può decidere di lasciare il TFR presso lazienda nel caso di imprese con meno di 50 dipendenti o, nel caso di aziende con 50 o più dipendenti, destinarlo al Fondo di Tesoreria.
In primo luogo, appare evidente come il TFR costituisca una risorsa importante nel sistema dei fondi pensione: secondo la Relazione annuale COVIP per lanno 2024, il flusso complessivo di TFR che nel corso dellanno è stato versato alle forme pensionistiche complementari è stato di 8,6 miliardi di euro, pari al 42,5% dei 20,3 miliardi di contributi raccolti (esclusi i PIP vecchi) e al 50,6% dei 17 miliardi riferiti ai soli lavoratori dipendenti. Di questi 8,6 miliardi, 4,2 sono riguardano i fondi negoziali, 2,2 i fondi preesistenti e 1,2 e 1,04 miliardi rispettivamente i PIP e i fondi aperti. In generale, il flusso complessivo di TFR generato nel sistema produttivo lo scorso anno può essere stimato in circa 32,7 miliardi di euro, di cui 17,6 miliardi (il 53,8%) sono rimasti accantonati presso le aziende, 8,6 miliardi (26,4%) versati alle forme di previdenza complementare e 6,5 miliardi (19,9%) destinati al Fondo di Tesoreria.
Figura 1 - Destinazione del TFR negli ultimi 5 anni (importi in milioni di euro)
Fonte: Relazione annuale COVIP per lanno 2024
Negli ultimi cinque anni, il TFR destinato alla previdenza complementare è stato pari a 37,3 miliardi, mentre allargando lorizzonte temporale fino al 2007, anno di avvio della riforma sui fondi pensione, su 445,2 miliardi di TFR, il totale della parte destinata alla previdenza complementare si è attestato a 105,9 miliardi (il 23,8%), 234,1 miliardi (il 52,6%) sono rimasti in azienda e 105,2 miliardi (il 23,6%) sono confluiti nel Fondo di Tesoreria.
A questo punto è bene ricordare che il TFR è a tutti gli effetti una forma di retribuzione differita per i lavoratori e il suo impiego assume quindi una notevole rilevanza allinterno del sistema Paese analogamente, in un certo senso, allutilizzo dei contributi da reddito da lavoro e del risparmio privato. In particolare, essendo circolante interno, per le aziende rappresenta una forma di autofinanziamento e quindi la prima fonte di liquidità a sostegno delleconomia reale, soprattutto per le PMI che faticano ad avere accesso al credito bancario. Le modifiche al Decreto Legislativo n. 252/2005 introdotte dalla legge finanziaria 2007 n. 296/2006 hanno però prodotto il duplice effetto di disincentivare, da un lato, ladesione alla previdenza complementare e sottrarre dallaltro risorse alleconomia reale, attraverso labolizione del fondo di garanzia per le PMI e lobbligo per le imprese con più di 50 dipendenti di far confluire al fondo INPS il TFR lasciato in azienda.
Al netto delle storture generate dal Fondo di Tesoreria INPS, come rafforzare il secondo pilastro pensionistico (un bisogno crescente alla luce del trend demografico e dei vincoli di bilancio cui è soggetto il sistema pubblico) e, nel frattempo, garantire un flusso di finanziamento aggiuntivo al sistema produttivo? Un possibile contributo è certamente quello di favorire gli investimenti in economia reale dei fondi pensione che, sebbene siano tra i maggiori percettori del TFR, destinano una quota ancora contenuta del proprio patrimonio ad asset domestici per diverse ragioni. Come spiega la COVIP, tra le motivazioni dietro la ridotta quota allocata nei titoli delle imprese italiane sul portafoglio complessivo, resta confermato il ruolo rivestito dal riferimento a benchmark di mercato diversificati su scala internazionale, nei quali il peso assegnato allItalia è modesto dato lesiguo numero di imprese quotate e, in generale, dal limitato sviluppo, a livello nazionale, dei mercati del capitale di rischio e del debito privati.
In attesa del Dodicesimo Report sugli Investitori Istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per lanno 2024 di Itinerari Previdenziali, gli ultimi dati disponibili mostrano che nel 2023 i fondi pensione negoziali e preesistenti hanno investito in economia reale il 10,9% e il 9,3% del proprio patrimonio, una quota che però scende al 2,9% e al 5,2% escludendo i titoli di Stato. Una percentuale ancora limitata, seppure in lenta ma progressiva crescita anche grazie alla maggiore diffusione di strumenti e strategie alternative nei private market. Un ulteriore assist deve però necessariamente arrivare da iniziative di sistema e dalla politica, nonché dal fondamentale sviluppo del mercato dei capitali domestico, creando un circolo vizioso a beneficio di lavoratori, previdenza complementare e sistema produttivo. Dei primi passi avanti sono stati mossi, ma la strada è ancora lunga.
Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
7/8/2025