Fondi pensione, perché non vanno trascurati gli asset reali

Premessi i buoni segnali per l'anno in corso, diversi analisti concordano sulla necessità per i fondi pensione di approfondire, in ottica futura, le potenziali dinamiche inflattive: dinamiche complesse nel corso delle quali gli asset reali potrebbero giocare un ruolo fondamentale 

Leo Campagna

Dopo aver archiviato un discreto 2023 dal punto di vista dei rendimenti, i fondi pensione aperti hanno iniziato a navigare nel complesso contesto del 2024 alla ricerca di fonti di alpha. I dati sui fondi pensione aperti rivacabili dal Comparatore Itinerari Previdenziali evidenziano che il loro rendimento medio nel 2023 si è posizionato a +4,9%: percentuale grazie alla quale anche la performance a 3 anni è ritornata in territorio positivo (+2,5%). Alla luce del rialzo dei rendimenti nel reddito fisso ci sono buone probabilità di replicare i buoni risultati dell’ultimo anno.

Tuttavia, allargando l’orizzonte oltre il 2024, i fondi pensione farebbero bene ad approfondire le potenziali dinamiche inflattive. Alcuni addetti ai lavori sostengono che i prezzi al consumo, dopo la fiammata del 2022-2023, non solo stanno tornando vicino agli obiettivi dichiarati dalle Banche Centrali (2%) ma sarebbero destinati a stazionare sui livelli minimi (inferiori all’1%) visti nel decennio precedente la pandemia. In quest’ottica non si può trascurare il fatto che Stati Uniti, Cina ed Europa puntano ormai da alcuni anni a una loro industria domestica, con relative catene di approvvigionamento e distribuzioni, con anche sovvenzioni pubbliche. Nei prossimi anni potrebbe verificarsi una fase di eccesso di offerta con prezzi al ribasso. 

Al contempo, tuttavia, le crescenti barriere protezionistiche potrebbero provocare drastiche disaffezioni dei consumatori: si pensi, per esempio, alla vendita di soli smartphone cinesi in Cina oppure alla circolazione in Europa di soli prodotti agricoli continentali per evitare importazioni di beni non rispettosi delle norme di sostenibilità o, ancora, ai dazi doganali negli USA per merci e prodotti stranieri, e così via. Il tutto senza trascurare gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, ritenuto fino a pochi anni fa foriero di effetti deflazionistici e che oggi fa invece pensare a implicazioni inflazionistiche. 

Dinamiche tanto complesse mettono in discussione sia chi afferma con sicurezza che i prezzi torneranno stabili e schiacciati sui minimi come nel decennio scorso e sia chi, al contrario, sostiene che l’inflazione sarà un fenomeno permanente. La sensazione e che, con ogni probabilità, l’inflazione futura sarà molto più volatile che in passato e, di conseguenza, gli asset manager farebbero bene a destinare nei portafogli asset reali in grado di compensarne gli effetti nel tempo.

Leo Campagna

1/3/2024 

 
 

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