Quella linea sottile tra massimi borsistici e timori di frenata

I primi giorni del nuovo anno sembrano seguire pedissequamente le orme di quello appena concluso, caratterizzato dal rally dei corsi azionari, da politiche monetarie espansive a livello mondiale ma anche da possibili rallentamenti dovuti a congiuntura e alle tensioni geopolitiche che innervosiscono i mercati

Niccolò De Rossi

Come di consueto, i giorni dell'anno sono l’occasione per tirare le somme di quanto avvenuto nei 365 giorni passati e tentare di gettare le basi per identificare i futuri movimenti dei mercati finanziari. Se in molti hanno infatti rallentato le proprie attività lavorative, loro (i mercati) no, nemmeno durante le vacanze natalizie. Si contrappongono allora pareri e view su ciò che sarà, tra chi ipotizza una frenata dell’economia mondiale, la possibile inversione del ciclo espansivo che dura ormai da diversi anni, o ancora la continuazione del trend rialzista delle borse o la sostanziale stabilità nella dinamica di crescita/riduzione dei fondamentali delle maggiori economie. Se è vero, però, che la storia passata può essere un buon indicatore del futuro osservare il 2019 può fornire qualche utile spunto per anticipare ciò che potrebbe avvenire nei prossimi mesi.

 

Un 2019 da record

Fare peggio del 2018 sarebbe stato davvero difficile, questo è certo. L’annus horribilis, dopo aver fatto segnare perdite consistenti a doppia cifra su quasi la totalità delle asset class, è stato ampiamente recuperato a partire dal rimbalzo di fine 2018 che ha aperto la strada a una corsa a perdifiato su tutti i listini mondiali. 

Wall Street e Pechino, nonostante l’estenuante guerra commerciale che ha visto contrapporsi le due maggiori economie mondiali per gran parte del 2019, hanno registrato performance record (soprattutto la prima) trainata dalle sue big company tecnologiche i cui titoli continuano ad attrarre l’attenzione e i capitali di molti investitori. Complici le politiche espansive del Presidente Trump, che hanno continuato a dare benzina a un’economia in ottima salute, in miglioramento e con un tasso di disoccupazione molto basso.

Le borse europee, nonostante il quadro di crescita economica non sia stato dei migliori (ha cominciato a scricchiolare anche una super potenza come la Germania), sulla scia degli umori borsistici internazionali hanno conseguito rendimenti di tutto rispetto, con Milano seconda migliore piazza dietro alla Grecia con un rendimento vicino al 30%. Del resto, il Vecchio continente ha solide basi per confermarsi uno dei player più importanti a livello mondiale, anche se il lavoro di coesione tra i Paesi ha bisogno di costante manutenzione su molti fronti.

Brexit sì, Brexit no: rinvii e conferme hanno contribuito a tenere alta l’attenzione sulla sfida tra Europa e Londra, fattore che - inevitabilmente - è stato tenuto in considerazione durante tutto l’anno da analisti e gestori per le conseguenze che ha avuto e avrà su mercati finanziari, scambi commerciali internazionali e commercializzazione di prodotti di investimento nella UE. Un’incognita che ha contribuito ad agitare, in più occasioni, gli umori sempre in fermento dei mercati.

Non da ultimo, e in parte causa delle dinamiche rialziste dei corsi azionari, le politiche monetarie espansive sono state protagoniste anche nel 2019. In Europa, con l’avvicendamento alla presidenza della BCE tra Mario Draghi e Christine Lagarde non è mutato l’indirizzo dello stesso istituto di mantenere il costo del denaro su livelli molto bassi per continuare a sostenere una dinamica inflattiva che, tuttavia, sembra essere restia a recepire stimoli esterni. Su questo fronte è stata incisiva anche la FED che, calorosamente sollecitata dal Presidente USA, ha ritoccato al ribasso i tassi di interesse contribuendo a creare appetito nei confronti del mercato equity domestico e non solo.

 

Ma che 2020 sarà?

Se in generale nel panorama finanziario si hanno poche certezze sul futuro, probabilmente una delle poche che può essere considerata tale è quella che vedrà il permanere di una politica monetaria accomodante anche per il 2020. A meno di improbabili e improvvisi cambiamenti, i tassi di interesse rimarranno bassi favorendo anche quest’anno l’asset class azionaria a discapito dei bond.

L’anno appena iniziato sembra però non voler lasciare il precedente. Invece di concedersi qualche mese di tregua dagli scontri internazionali tra Paesi, al conflitto commerciale tra USA e Cina si è sostituito subito quello con l’Iran. Una nuova tensione geopolitica che rischia di far saltare i già fragili equilibri in un territorio che assomiglia sempre più a una polveriera. Uno scenario di cui andrà monitorata l’evoluzione soprattutto per gli impatti che potrà avere sulle decisioni di investimento degli investitori internazionali.

Di tutta risposta i mercati hanno subìto una flessione e spinto invece sui massimi i beni rifugio, oro e petrolio su tutti, anche se nei giorni successivi, soprattutto il secondo, ha ripiegato su valori inferiori. Nonostante il nuovo possibile elemento di instabilità, i mercati sembrano essersi tranquillizzati con le ultime dichiarazioni di Trump su una probabile intesa a stretto giro, senza l’uso delle armi. Ciò testimonia, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che i tradizionali mercati hanno ormai incorporato un “rumore di fondo” che viene destato e subito sopito con troppa facilità, creando certamente opportunità di guadagno per quegli investitori professionali che, della gestione attiva, fanno il loro faro.

Verrebbe da dire dunque che si riparte da dove ci eravamo lasciati, ovvero con l’equity che la fa da padrona, anche se la volatilità farà come sempre capolino in corso d’anno, e con un mercato obbligazionario al palo che costringe molti investitori, soprattutto i più prudenti, a guardare verso soluzioni più rischiose o ad “accontentarsi” di qualche zero virgola. Del resto, oggi più di ieri, i rendimenti a basso rischio non esistono più. Che fare allora?

Questi scenari hanno costretto gli investitori, soprattutto istituzionali, a volgere lo sguardo verso strumenti di investimento nei mercati privati, i quali offrono rendimenti attesi superiori ma non per questo sempre a maggior rischio. Passo dopo passo, come per altro riportato nel Quaderno di approfondimento 2020 di Itinerari Previdenziali presentato il 22 gennaio a Roma, Fondi Pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine Bancaria hanno acquisito competenze e una visione consolidata per investire in private equityprivate debt, infrastrutture, energie rinnovabili.

Il mercato istituzionale italiano è dunque maturo per poter affrontare un 2020 che, probabilmente, sarà diviso da quella sottile linea tra nuovi record e possibili brusche frenate.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

21/1/2020

 
 
 

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