Rischi geopolitici e politica monetaria: cosa aspettarsi per il 2025?

Il 2024 è stato in tutto il mondo un anno di importanti appuntamenti elettorali, segnato dall'inizio del ciclo di allentamento monetario da parte delle Banche Centrali. Il persistere di rischi geopolitici e la minaccia di maggiori spinte protezionistiche alimentano ora però le incertezze sul 2025, tanto sul fronte politico quanto sulle prospettive dei tassi di interesse

Bruno Bernasconi

Il 2024 è stato un anno di importanti appuntamenti elettorali che hanno portato alle urne circa la metà della popolazione mondiale in oltre 70 Paesi, tra elezioni nazionali, comunitarie e locali. L’ultimo in ordine cronologico, ma probabilmente il più atteso per i risvolti a livello globale e per il peso specifico all’interno dello scacchiere internazionale, è stato il voto negli Stati Uniti dello scorso 5 novembre che ha visto il trionfo di Donald Trump. Dopo l’iniziale euforia seguita al risultato elettorale guidato soprattutto dalla corsa dei "Trump trades", i mercati ora si interrogano sull’impatto che avranno le misure della nuova amministrazione USA, che si ritrova con il controllo del Congresso ma con una situazione ben diversa rispetto all’insediamento del primo mandato del tycoon nel 2016, sia sul fronte interno, tra i dubbi sulla sostenibilità di un debito pubblico in continua crescita, sia su quello esterno, con una decisa escalation delle tensioni geopolitiche. 

A livello di politica estera, al netto delle dichiarazioni e promesse fatte in campagna elettorale, è indubbio che con il ritorno di Trump alla Casa Bianca aumentano le incertezze sugli equilibri internazionali, a partire dai conflitti in corso in Medio Oriente e in Ucraina fino ad arrivare ai rapporti con la Cina. Il tutto con l’Europa spettatore interessato per non perdere ulteriore terreno nei confronti delle altre potenze mondiali, con il rischio di dover compensare il possibile ritiro del sostegno militare degli Stati Uniti a Kiev, in un momento caratterizzato da una complicata congiuntura economica. Oltre alle presidenziali USA, il 2024 di elezioni ha visto anche il rinnovo lo scorso giugno del Parlamento europeo, che si trova ad affrontare sfide fondamentali quali la spinta ad aumentare gli investimenti in sicurezza in un contesto già condizionato dai vincoli di bilancio del nuovo Patto di Stabilità e dall’incremento della necessità di spesa legata all’invecchiamento della popolazione e alla messa a terra delle transizioni ecologica e digitale. 

Tutti temi che, allargando l’orizzonte di analisi e nell’ottica della progressiva ascesa dei BRICS, si inseriscono in un quadro che sembra potenzialmente delineare la nascita di un nuovo ordine mondiale; ordine che potrebbe preludere un radicale cambio d’epoca in grado di sfidare il predominio occidentale a guida americana nato dopo la Seconda Guerra Mondiale e accusato di utilizzare doppi standard. Anche per questo, l’evolversi delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente hanno il potenziale di trasformarsi da crisi dalle dimensioni regionali a eventi con conseguenze politiche mondiali, in cui aumenta il peso economico esercitato dai BRICS. L’insieme di questi Paesi, infatti, ha costituito il principale motore della crescita globale del nuovo millennio, arrivando a superare il G7 in termini di PIL e rappresentando quasi la metà della popolazione mondiale, oltre a gran parte della produzione e delle riserve mondiali di materie prime. Pur rimanendo un gruppo ancora piuttosto eterogeneo e con interessi e posizioni non sempre univoci, l’obiettivo - difficile quanto meno in tempi brevi - sembra essere una de-dollarizzazione dell’economia mondiale offrendo alternative per la finanza e il commercio internazionali.

Nonostante l’incertezza del quadro geopolitico, il driver destinato nel breve periodo a influenzare maggiormente i mercati resta però l’orientamento della politica monetaria, dopo che sia Fed che BCE hanno già tagliato i tassi di interesse di 75 punti base. Le difficoltà nel riportare l’inflazione su un percorso sostenibile verso il target del 2% rende tuttavia più incerto l’outlook sulle prossime mosse e ad alimentare i dubbi contribuisce inoltre il risultato delle presidenziali USA. Tra le altre cose, infatti, Trump ha promesso diverse misure inflazionistiche, tra cui un aumento dei dazi sulle importazioni che rischiano di provocare ritorsioni. D’altro canto, in Europa le preoccupazioni per il rallentamento dell’economia fanno propendere per un rapido proseguimento dell’allentamento, sebbene l’attuale contesto di incertezza suggerisca l’adozione di un approccio più cauto soprattutto tra i più falchi. 

Secondo l’OCSE, nella zona Euro l'inflazione dovrebbe passare dal 5,4% del 2023, al 2,4% del 2024 e al 2,1% del 2025, con una crescita del PIL che rimane modesta e prevista allo 0,7% quest’anno e all’1,3% il prossimo. Nel suo report sulle previsioni autunnali, la Commissione UE ha però messo in guardia sulla vulnerabilità del blocco alle crescenti tensioni geopolitiche e all’incremento delle tendenze protezionistiche, data la dipendenza dal commercio globale delle economie del Vecchio Continente, tra l’aumento delle frizioni commerciali con la Cina e la minaccia di un aumento delle tariffe USA con la rielezione di Trump. A complicare ulteriormente l’assunto sono arrivate poi le turbolenze politiche in Francia e Germania, che rischiano di indebolire la posizione dell’Unione all’interno dei tavoli internazionali. 

Per i mercati, lo scenario sopra descritto si inserisce in un contesto che vede un aumento della correlazione tra l’obbligazionario e l’azionario e un maggiore rischio di concentrazione negli indici globali, sia settoriale sia geografico verso gli Stati Uniti, a causa soprattutto delle big tech di Wall Street, che limitano la diversificazione anche delle strategie passive. Per gli investitori istituzionali si pone quindi la questione di quali strategie adottare e quali interventi apportare nei propri portafogli per assicurare il giusto rapporto rischio/rendimento, navigando tra l’incertezza di breve e le opportunità di lungo periodo: temi dei quali si parlerà in occasione del tradizionale Convegno di Fine Anno organizzato da Itinerari Previdenziali.

Bruno Bernasconi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

18/11/2024 

 
 

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