Fondi pensione preesistenti: investitori maturi per l'economia reale italiana

Anche per investitori di lungo corso come i fondi pensione preesistenti non è sempre facile approcciare investimenti alternativi e quindi più complessi, come quelli nell’economia reale italiana. Ma i casi di successo sono sempre più numerosi, come dimostra il Fondo Pensione Previndai

Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi

Da un lato il sostegno all’economia del Paese, dall’altro l’esigenza di conciliare una maggiore redditività attesa con i vincoli di rischio che, inevitabilmente, ha un fondo pensione il quale, prima di ogni altra cosa, deve assicurare il pagamento delle prestazioni agli iscritti e quindi l'adeguatezza di queste stesse prestazioni. Al contempo, le soluzioni di investimento sono ormai ampie e cresce la necessità di individuare quella più adeguata ai propri obiettivi e alla consistenza della propria governance.

Ne abbiamo parlato con Oliva Masini, Direttore Generale del Fondo Pensione Previndai che, in occasione del Tavolo di Lavoro promosso da Itinerari Previdenziali in collaborazione con Borsa Italiana, ha raccontato l'esperienza di investimento nell’economia reale italiana del Fondo.

Quali sono stati i passaggi decisionali e le analisi effettuate internamente e sulla popolazione di riferimento per investire in strumenti alternativi e in economia reale nazionale?

A partire dal 2015, il Consiglio di Amministrazione di Previndai, nell’ambito di un contesto caratterizzato da un livello estremamente basso dei tassi di interesse e da un quadro normativo di riferimento in evoluzione, ha avvertito l’esigenza di avviare una riflessione sulla generale politica di investimento del Fondo, con l’obiettivo di offrire ai propri aderenti soluzioni di investimento ottimali, allineate alle best practice internazionali e adeguate rispetto alla propensione al rischio e alle esigenze previdenziali degli iscritti. 

Nell’ambito di queste prime riflessioni sono state svolte alcune importanti analisi, tra cui un’indagine sull’atteggiamento e la consapevolezza degli iscritti nei confronti del rischio, con il coinvolgimento di esperti di finanza comportamentale e l'invio agli iscritti di un questionario. È emerso che, se da una parte, anche tra gli iscritti con una sufficiente conoscenza finanziaria c’è una preferenza per investimenti con basso livello di rischio, dall’altra una percentuale non trascurabile è disponibile a sopportare una più elevata rischiosità con la prospettiva di ottenere maggiori rendimenti.

All’indagine si è affiancato un approfondito studio sulle combinazioni ottimali rendimento/rischio dei portafogli e la verifica, con il pool delle Compagnie di Assicurazione che gestiscono i comparti assicurativi, delle prospettive di rendimento dei relativi comparti in relazione al contesto di bassi tassi di interesse. A seguito di tali analisi, il Consiglio di Amministrazione del Fondo ha deliberato l’avvio del processo di revisione della politica di investimento dei comparti finanziari, nell’ambito dei quali ha deciso di introdurre una quota di investimenti alternativi per beneficiare, in un contesto di investimento di lungo periodo quale quello previdenziale, dell’incremento di redditività connesso al relativo premio di illiquidità, possibilmente a parità di rischio, con conseguenti benefici di diversificazione. 

Nei successivi approfondimenti sugli asset alternativi, oltre a individuare in 15 anni il relativo periodo di investimento medio, valutato coerente con lo studio degli andamenti di entrate/uscite dei comparti finanziari anche in situazioni di stress, sono state individuate le tre classi di private equity, infrastruttura azionario e direct lending e si è deciso di introdurre di vincoli di investimento sull’Italia. Si è voluto infatti tener conto della possibilità di indirizzare risorse a favore di investimenti domestici, con potenzialità di ritorni indiretti positivi per le aziende e i dirigenti italiani, platea di riferimento del Fondo. Le analisi hanno evidenziato un aumento del rendimento netto atteso del portafoglio complessivo, seppur proporzionale al relativo peso sull’intero portafoglio, e un miglioramento del rapporto rendimento/rischio per effetto dei benefici fiscali riconosciuti dalla normativa del 2017. 

Il fondo ha scelto di investire direttamente o indirettamente e quali sono le motivazioni alla base della relativa scelta?

La nostra scelta è stata di operare attraverso l’investimento diretto, cioè tramite sottoscrizione di quote di fondi comuni d’investimento mobiliare chiusi e non tramite l’affidamento di mandati di gestione. Si è ritenuto infatti che la soluzione di investimento diretto fosse quella più aderente alle tipicità di questi investimentirisultando dalle verifiche svolte e considerando l’assetto del Fondo, l’affidamento di un mandato di gestione un servizio meno efficiente e più costoso.

Ricordo che Previndai ha una robusta struttura organizzativa autonoma, caratterizzata dalla presenza della funzione finanza sin dall’avvio delle analisi che hanno portato ai comparti finanziari, affiancata da un advisor di elevato standing professionale, di caratura internazionale. Comunque, il Consiglio ha rivisto l’organizzazione interna del Fondo in coerenza con il percorso già intrapreso di rafforzamento e separazione dei presidi di controllo e di gestione dei rischi, con ciò anticipando le previsioni normative IORP II che sarebbero state recepite nel D.Lgs. 252/2005 un anno dopo. 

La decisione di operare tramite investimento diretto ha comportato la modifica statutaria, sottoposta all’approvazione all’Assemblea del Fondo (seppur non strettamente necessaria) in considerazione dell'importante modifica alle modalità di investimento. 

Gli investimenti alternativi richiedono molta più attenzione rispetto a un tradizionale investimento in azioni o obbligazioni. Come hanno impattato questi investimenti sul profilo rischio/rendimento complessivo e quanto ne ha beneficiato la redditività del patrimonio?

La struttura di Previndai è stata impegnata in un importante sforzo di analisi sia nella selezione di gestori tradizionali multi-asset – prima fase della revisione della politica di investimento di cui ho parlato – sia in quella successiva relativa ai gestori alternativi. In entrambi i casi, è stata adottata una selezione a evidenza pubblica. Oltre all’analisi dei questionari, sono stati incontrati i gestori presso le loro sedi operative, svolgendo nel complesso la due diligence di investimento e quella operativa. Per gli alternativi si è poi aggiunta la due diligence legale. 

Sia per le classi di investimento tradizionali sia per quelle alternative Previndai ritiene infatti che sia fondamentale svolgere analisi adeguate, che permettano ragionevolmente di avere accesso ai gestori migliori, capaci di ottenere performance superiori rispetto alla media del mercato. Siamo consapevoli che, a parità di sforzo di analisi, le aspettative di beneficio sono maggiori in ambito di investimenti alternativi.

Da questi ci aspettiamo mediamente una remunerazione del 5% superiore agli investimenti tradizionali. In termini di redditività del patrimonio dei comparti, con il raggiungimento a regime del 10% di asset alternativi in portafoglio, ci aspettiamo quindi che il rendimento atteso ne benefici per circa lo 0,5% su base annua. Tale incremento è legato in parte al premio di illiquidità/complessità e in parte alla capacità di individuazione di gestori capaci di ottenere risultati superiori rispetto alla media dei propri concorrenti, aspetto che appunto si ricollega alle considerazioni appena svolte.

Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

20/1/2020

 
 

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