Investitori istituzionali, una partita da mille miliardi

Fondazioni di origine Bancaria, Casse di Previdenza, fondi pensione, Compagnie di Assicurazione (Vita) e forme di assistenza sanitaria integrativa valgono il 47% del PIL e non sono mai stati così importanti per lo sviluppo del Paese e la tenuta del suo welfare. Eppure, il confronto internazionale suggerisce ampi margini di crescita, soprattutto per la previdenza complementare

Alberto Brambilla

Ammonta a 1.030 miliardi di euro il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani, pari a circa il 47% del PIL nazionale contro il 25% del 2007. È quanto emerge dal dodicesimo Report annuale di Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2024”, presentato lo scorso 10 settembre a Milano nella prestigiosa cornice della Sala Parterre di Borsa Italiana. 

In dettaglio, il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali che operano nel welfare contrattuale e fondazionale ammonta a 315,93 miliardi di euro, in aumento di 19,96 miliardi (+6,74%), rispetto allo scorso anno e così composto: 50,8 miliardi fanno capo alle Fondazioni di origine Bancaria, 115,2 miliardi alle Casse di Previdenza privatizzate, 74,6 ai fondi pensione negoziali, 69,6 ai fondi pensione cosiddetti preesistenti e circa 5,7 miliardi per questo nuovo investitore istituzionale composto da fondi e casse di assistenza sanitaria integrativa. A questi soggetti si aggiungono quelli operanti nel welfare privato, e cioè i fondi pensione aperti (37,29 miliardi), i Piani Individuali Pensionistici (PIP) con circa 62 miliardi e le Compagnie di Assicurazione relativamente rami Vita I, IV e V (615 miliardi), il cui patrimonio complessivo ammonta a 714,22 miliardi, con un aumento di circa 17 miliardi di euro rispetto ai 697,4 del 2023. 

Sommando il welfare contrattuale al welfare privato, il patrimonio totale raggiunge i 1.030,14 miliardi con un aumento di 36,77 miliardi rispetto ai 993,37 miliardi di euro del 2023: è il valore più alto fin qui registrato e questo nonostante le varie crisi che si sono succedute dal 2008 in poi fino alla pandemia del 2020 e all’anno orribile per le borse del 2022. Tra il 2007 e il 2024 il patrimonio degli investitori istituzionali è aumentato del 155% rispetto ai 404,11 miliardi di euro del 2007. Come il 2023, il 2024 è stato quindi un anno positivo per tutti gli investitori istituzionali. È quindi il ritratto di un Paese che negli anni è riuscito a conservare e consolidare il proprio mercato istituzionale, resistendo a scenari avversi e raggiungendo ormai una dimensione rilevante anche nel confronto internazionale.

 player istituzionali operativi a fine 2024 nel nostro Paese sono 289 (11 in meno rispetto all’anno precedente). Si tratta di 85 Fondazioni di origine Bancaria (-1 rispetto al 2023), 20 Casse Professionali privatizzate, 33 fondi negoziali e 151 fondi preesistenti (-10 rispetto al 2023 e -153 negli ultimi 10 anni), cui si aggiungono poi 324 tra Casse e Fondi di assistenza sanitaria integrativa secondo gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute, fermi però al 2022. Si tratta di un numero sicuramente elevato tanto più se si considera che i primi 50 fondi rappresentano da soli, per iscritti e patrimonio, i due terzi dell’intero settore e che, alla sanità privata manca ancora, a differenza della previdenza complementare, una legge quadro che regolamenti in via definitiva un sistema sempre più rilevante per un Paese che invecchia come l’Italia. 

Nel confronto internazionale, secondo gli ultimi dati OECD, i fondi pensione italiani per dimensione del patrimonio si classificano al 15esimo posto tra i 38 Paesi aderenti all’OCSE e al 17esimo posto considerando anche gli altri 30 Paesi non OCSE. In definitiva, un risultato che ci pone appena sotto la Germania con 284 miliardi di dollari e la Francia (390) ma molto lontano da Svezia (670 miliardi) Danimarca (885), Giappone (1.140 miliardi), Svizzera (1.500 miliardi) e Olanda (1.770); Australia, Regno Unito sono oltre i 2mila miliardi, il Canada a 3.500 miliardi, mentre gli USA arrivano a 43 mila miliardi. Nella classifica mondiale sui primi 300 fondi per dimensione patrimoniale il primo fondo italiano si posiziona al 196esimo posto grazie all’Enpam, l’ente previdenziale dei medici e odontoiatri. Infine, per quanto riguarda il rapporto tra patrimonio dei fondi pensione e PIL l’Italia è in coda alla classifica con un l’11,7%, molto indietro rispetto ai maggiori competitor internazionali con la classifica guidata dalla piccola Danimarca con il 204% e seguita dai citati Paesi che stanno tra l’80% e il dato danese.

Risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante, ma con alte potenzialità di sviluppo, soprattutto se verranno implementate le indispensabili riforme che dovranno riguardare: nuovi semestri di silenzio/assenso, molto utili sotto il profilo formativo e informativo, magari con l’introduzione, come nel Regno Unito e in Germania, dell’auto enrolment con opting out, vale a dire l’adesione automatica di tutti i nuovi assunti a partire, supponiamo, dal gennaio 2026; la reintroduzione del fondo di garanzia per le micro e le PMI che devolvono il TFR ai fondi pensione, strumento indispensabile per un Paese che ha il 94% delle imprese tra 1 e 9 dipendenti; la possibilità di gestire le rendite da parte dei fondi pensione, la riforma del TFR con la chiusura del Fondo INPS e l’eliminazione dell’obbligo per i lavoratori delle imprese con 50 e più dipendenti di versare il TFR all’INPS se non lo si investe nei fondi pensione. Opzioni eliminate dal Governo Prodi/Damiano nel 2007. Infine, la revisione fiscale prevista nella delega. 

Quanto ai rendimenti, emerge come la buona diversificazione degli investimenti abbia consentito a Fondazioni di origine Bancaria e Casse Privatizzate risultati positivi rispetto ai rendimenti obiettivo (inflazione, TFR e media quinquennale del PIL) e ai fondi Pensione di mantenere un vantaggio nella media a 10 anni sia per i rendimenti composti sia per quelli cumulati, su inflazione e media quinquennale del PIL, pareggiando il rendimento del Trattamento di Fine Rapporto.  Gli investimenti in economia reale nazionale, al netto degli immobili a uso strumentale e degli investimenti in titoli di Stato italiani che pesano in particolar modo sui portafogli delle Casse di Previdenza e dei fondi pensione, vedono le Fondazioni di origine Bancaria con il 42% del patrimonio investito in Italia, le Casse Privatizzate dei liberi professionisti con il 17% circa, mentre si conferma modesta la quota dei fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 3,10% e al 6,31% del patrimonio. 

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

22/9/2025

 

L’articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L’Economia dell’8/9/2025
 
 

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