Italia, "fabbrica di ignoranti": come può allora "galleggiare"?

Gli esiti di alcune recenti indagini sulle competenze di giovani e adulti italiani si prestano a diverse chiavi di lettura: se molti commentatori hanno utilizzato toni catastrofici, altri hanno puntato l'attenzione su un Paese a due velocità (evidente il gap Nord-Sud) che riesce nonostante tutto a "galleggiare"

a cura della Fondazione Anna Kuliscioff

Stando ai media italiani, che quasi sempre privilegiano i titoli e le cronache a effetto rispetto alle analisi approfondite, il panorama offerto dal sistema educativo italiano è catastrofico. Secondo il 58° rapporto Censis, pubblicato il 6 dicembre, la scuola del nostro Paese è una “fabbrica di ignoranti”, e secondo la seconda indagine OCSE-PIAAC sulle competenze degli adulti, resa nota subito dopo, siamo tra i peggiori nella graduatoria dei 31 Paesi OCSE indagati: quart’ultimi in matematica e problem solving, mentre in comprensione della lettura facciamo solo un po’ meglio degli ultimi: Israele (!), Lituania, Polonia, Portogallo e Cile.

Secondo il Censis, gli studenti quindicenni italiani dedicano in media 2,3 ore al giorno ai compiti a casa, il tempo più alto in Europa. Una mole di lavoro che non sembra però tradursi in risultati scolastici soddisfacenti, dato che meno della metà degli studenti italiani raggiunge gli obiettivi minimi in italiano e matematica al termine delle superiori. Il rapporto affronta anche l’“annosa questione dei docenti di sostegno”, sottolineando che negli ultimi 15 anni il numero di studenti con disabilità è quasi raddoppiato (da 187mila a oltre 300mila), così come il numero di docenti di sostegno (+163,1%). Tuttavia, il 58% dei docenti di sostegno è precario, e il 53,3% dei dirigenti scolastici ritiene che in molti casi manchi una preparazione adeguata. Di fronte a una popolazione studentesca con bisogni educativi speciali in costante aumento (7,9%), il 98,7% dei dirigenti sottolinea l’urgenza di una formazione specifica per tutto il corpo docente. In questo quadro disastroso fa eccezione il giudizio sul ruolo degli ITS nell’innovazione tecnologica, definito “cruciale”. Il Censis nota, peraltro che nelle 146 ITS Accademy oggi attive sono in partenza o programmati solo 21 percorsi riferibili alla figura del tecnico superiore per la digitalizzazione dei processi con soluzioni AI based.

Anche Antonio Polito, nell’editoriale sul Corriere della Sera del 7 dicembre, ha commentato i dati del rapporto con toni decisi, definendo a sua volta il sistema educativo italiano come una “fabbrica di ignoranti”. Polito evidenzia che un terzo degli italiani non sa chi sia Giuseppe Mazzini o chi abbia affrescato la Cappella Sistina. Ma il problema va oltre la semplice mancanza di conoscenze: l’ignoranza, sostiene, è diventata quasi uno “status”, esibito con orgoglio sui social e nella politica, dove prevalgono slogan e pregiudizi. Questa condizione, avverte Polito, non è senza conseguenze: un Paese con un numero di laureati tra i più bassi in Europa è destinato a lavori meno qualificati e a una riduzione del reddito pro capite. “Investiamo meno nell’istruzione di quanto spendiamo per gli interessi sul debito pubblico”, sottolinea, richiamando la necessità di una leadership capace di promuovere uno “scatto di volontà e coesione nazionale”

C’è da chiedersi come fa un Paese così a sopravvivere, o anche solo a “galleggiare”, come dice il Censis, ma visto che l’Italia bene o male resiste nella top ten delle economie più sviluppate del mondo (e anzi, secondo l’Economist, è tra le cinque che hanno fatto meglio nel 2024), e che è seconda in Europa nel settore manifatturiero dopo la Germania, diventa a questo punto legittimo avanzare qualche ipotesi, ovviamente da approfondire.  La prima è che gli indicatori utilizzati dall’OCSE, e i relativi strumenti di rilevazione delle prestazioni (adottati in Italia anche per le prove nazionali dall’Invalsi, e ampiamente utilizzate dal Censis), privilegino contenuti, modelli, stili di apprendimento e tecniche (il testing) più diffusi in altri Paesi, a partire da quelli anglosassoni, di origine e filosofia economico-statistica, Paesi che dunque partono in qualche modo favoriti.  È vero che la IEA utilizza (e da più tempo) strumenti in parte analoghi, ma con obiettivi diversi, di tipo pedagogico-qualitativo e non economico-quantitativi. La discussione in proposito è in corso da tempo, ma non è pervenuta a conclusioni definitive, anzi. La seconda ipotesi è che ci sia in Italia una tendenza, in parte favorita da una letteratura sociologica da decenni centrata sugli aspetti critici del nostro sistema educativo (disuguaglianze, condizionamento sociale, conservatorismo dell’impianto burocratico, impreparazione dei docenti), e da una saggistica minore finto-scandalistica che induce l’opinione pubblica, ben riflessa in questo caso dai mass e social media, a una percezione soggettiva della realtà – non solo quella scolastica, per la verità – assai diversa e più negativa rispetto all’oggettività dei fatti. 

Anni fa un’indagine internazionale su questo tema condotta da Ipsos, The perils of perception, relegò l’Italia all’ultimo posto fra i 15 Paesi europei partecipanti. Sarebbe utile aggiornare ricerche di questo genere e approfondire in particolare il problema del contrasto stridente tra un’autorappresentazione pessimista, al limite del masochismo, di buona parte dell’opinione pubblica e dei media italiani, e la sostanziale resilienza di cui dà prova il sistema Paese. Forse tra gli indicatori ne manca qualcuno capace di individuare le ragioni di questa resilienza: come fanno studenti e lavoratori così ignoranti a comunicare di fatto tra di loro (al di là della comprensione dei testi scritti oggetto delle prove Ocse e Invalsi) e a organizzarsi sui luoghi di lavoro. Intuizione, creatività, empatia, capacità di adattamento, attitudine inconscia al problem solving? O si risponde a quesiti di questo genere o l’Italia continuerà ad essere, come il calabrone, un Paese teoricamente incapace di volare, ma che vola lo stesso. 

Orazio Niceforo per la Fondazione Anna Kuliscioff

 


Ma l’Italia galleggia davvero? 

Caro Orazio, le tue acute osservazioni […] invogliano a rispondere su due punti.   Il primo è il più ovvio. Ma davvero i commentatori giornalistici dei dati Invalsi e OCSE li leggono? Non è chiaramente un problema solo dei giornali: in generale, il nostro Paese non fa gran conto della scuola come strumento di alfabetizzazione ad alto livello in quanto mezzo di sviluppo, ma solo come strumento di uscita dall’alfabetismo e di omogeneizzazione, ovvero inclusione, a  un livello medio-basso. Se però i commentatori li leggessero, dovrebbero avere il coraggio di dire che ci sono due Italie: l’Italia del Centro-Nord (in ordine Nord-Ovest e Nord-Est che si contendono il top a seconda dei casi), poi sempre solidamente il Centro,(escluso il Lazio), e quella del Sud+Lazio, non indifferenziata, ma in cui il Sud adriatico sta alle calcagna del Centro, mentre il Sud delle Isole, con in capo la Sicilia, sprofonda. Quando si parla dei risultati italiani, si parla della media ed è come la famosa questione dei polli di Trilussa. Il fatto è che il Nord-Centro sta sulla media OCSE o la supera di poco, mentre il Sud sprofonda e il risultato è quel che è, cioè i titoli effimeri e allarmistici […] sul nostro indifferenziato disastro. All’inizio degli anni 2000, una ricerca sui dati PISA 2003 arrivò alla conclusione che solo in Canada era riscontrabile una differenza fra le due parti del Paese (Est e Ovest in quel caso) paragonabile a quella italiana. Mai risultati colà –differentemente che costì - erano comunque sopra il 500, media internazionale. Gradite ulteriori successive ricerche, di peraltro difficile reperimento. 

Ma nessuno parla di questo dato evidente da ormai più di 20 anni, perché? […] Comunque, costantemente dall’inizio degli anni 2000, tutte le prove nazionali e internazionali hanno dato lo stesso risultato e la stessa graduatoria. Anche quelle di Creative Thinking, ovvero di pensiero creativo. Sono disponibili in rete esempi delle prove: sarebbe interessante una contestazione nel merito ed eventuali proposte alternative, soprattutto in questo specifico caso, relativo alla famosa creatività italiana. […]

L’Europa sta vivendo la sindrome Paese dei Balocchi e l’Italia ne è, una volta tanto, sfortunatamente, la capofila. L’abbassamento dei livelli di apprendimento a fronte dell’Asia - e presto forse non solo di quella - ne è un indicatore evidente e in crescita. Non c’è bisogno di indagare nelle profondità dell’Io o nei bisogni psicologici dei nostri figli e nipoti: la storia delle generazioni dei grandi industriali è un prototipo in piccolo del nostro futuro. E questo vale anche per le società e pertanto anche per il Nord -Centro Italia. Stiamo troppo bene per aver voglia di studio e lavoro hard. Gli studenti con alti livelli di ESCS (status economico-sociale, l’indicatore a oggi più significativamente predittivo dei risultati di apprendimento), anche delle zone più performanti del Nord, come l’alta Lombardia, non ottengono risultati pari a quelli dei coetanei con pari livelli di ESCS delle altre regioni europee. Che pure a loro volta, nel loro complesso ,ottengono risultati mediocri, se collocati in un contesto internazionale, come risulta dalla prima analisi effettuata dalla Unione Europea all’inizio del 2024, sotto - non a caso - la direzione di una commissaria bulgara. Poiché i Paesi dell’Europa dell’Est, nonostante le apparenze e i pregiudizi, manifestano una maggiore disponibilità a un severo impegno, anche di studio ai fini di un miglioramento economico-sociale, avendo come capofila la Polonia. 

Ci sono, certamente, molti giovani italiani che sono ben accolti e apprezzati all’estero. I lombardo-milanesi di medio-alto livello preferiscono decisamente cercare il loro futuro a Londra, New York o Bruxelles piuttosto che a Roma. […] Tranne ovviamente che per il settore artistico-comunicativo in senso lato. Pertanto, il reclutamento delle istituzioni economico-politiche nazionali avviene dal Centro e soprattutto dal Sud, con i risultati che si vedono. Ci sono molti giovani brillanti del Sud […] che ottengono ottime posizioni nel mondo anglosassone e anche in modo crescente italiano. Risultato della polarizzazione economico-sociale del sistema formativo del Sud, di cui nessuno parla […] “.

Galleggiare felicemente nella ignoranza grazie a una sapienza antica di adattamento è una prospettiva che non convince più neanche il Censis.

Tiziana Pedrizzi per la Fondazione Anna Kuliscioff

 

31/12/2024

 
 

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