Non siamo troppi, e invece pare di sì!

In meno di un secolo, la popolazione mondiale è cresciuta a ritmi serrati, insieme ad allevamenti intensivi, uso di combustibili fossili, emissioni di anidride carbonica, stress idrico e riscaldamento globale. Un quadro che rende gli allarmi sull'inverno demografico difficili da conciliare con la tutela del pianeta, al netto di un serio ripensamento di consumi e stili di vita

Alberto Brambilla

Otto miliardi. E non siamo troppi. Questo il titolo di apertura dell’Avvenire del 20 aprile, che prosegue: "contrordine il mondo non sta scoppiando, non c’è alcun motivo di essere in ansia per la crescita della popolazione che ha raggiunto gli 8 miliardi e non ci sono ragioni per temere che l’espansione demografica rappresenti un problema per il clima e non c’è alcuna prova che il cambiamento climatico dipenda dagli umani e quindi il tema di malthusiana memoria può essere archiviato”.

Letto fin qui sembra di essere tornati alla Santa Inquisizione, al mondo piatto e al Sole che gira intorno alla Terra e, quando l'ideologia è eccessiva, tutto può succedere. Poi, in realtà, il testo dell’articolo è molto più equilibrato di quanto l'incipit non lasci intuire e descrive una relazione dell’UNFPA (il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione), nella quale si parla in particolare del diritto di scelta delle donne che, dice il report, in 64 Paesi, non possono assumere decisioni consapevoli sui rapporti sessuale e sulla maternità. L’apertura del pezzo merita però comunque un commento perché, se è pur vero che non esiste una correlazione conclamata nel rapporto tra incremento della popolazione e problemi climatici, la maggior parte degli specialisti, ritiene, dati alla mano, che questa correlazione sia chiara. 

Per fare appunto chiarezza, dobbiamo partire da quella che viene ormai definita “la grande accelerazione”, cioè quell’enorme crescita che è iniziata, proprio dalla demografia, alla fine del Secondo Dopoguerra. Nel 1945 raggiungevamo a malapena i 2 miliardi di terrestri. Per arrivare al primo miliardo, nel 1804, ci avevamo impiegato oltre 200mila anni; il secondo miliardo lo abbiamo raggiunto nel 1927 ma i postumi della prima guerra mondiale, della spagnola del 1918, della grande crisi del 1929 e, quindi, della seconda guerra mondiale ci hanno inchiodato intorno a quella cifra. Rispetto alla data del primo miliardo erano comunque passati solo 123 anni. Nei successivi 78 anni è successo di tutto: il terzo miliardo lo abbiamo raggiunto nel 1960 dopo soli 33 anni, per poi inizare una folle corsa, con il quarto miliardo toccato nel 1974 dopo soli 14 anni,  il quinto dopo 13, il sesto dopo 12, il settimo dopo altri 12 anni e l’ottavo arrivato il 15 novembre dello scorso anno, dopo altri 11 anni. Allo stesso tempo, si è ormai largamente diffuso -  sia nelle forme di capitalismo autocratico, come la Cina o la Russia, sia nel capitalismo occidentale, ormai deviato e consumista all’eccesso -  il seguente paradigma: "il PIL mondiale e nazionale cresce solo se aumenta la popolazione e quindi è imperativo aumentarne il numero per avere tassi di crescita positivi". 

Questa visione si sposa bene con molte religioni e così si fa di tutto per aumentare le nascite, lanciare allarmi sulle culle vuote, sull’inverno demografico e sulle peggiori catastrofi. I demografi ricordano che una crescita del 2% raddoppia la popolazione in soli 35 anni, quindi una popolazione che aumenta ogni anno a un ritmo vicino al 2% è un'anomalia pericolosa dal punto di vista della sostenibilità. E infatti il PIL mondiale è passato da meno di mille miliardi di dollari del dopoguerra agli attuali 102mila miliardi; al contempo, il consumo di energia è passato da 1.720 milioni di tonnellate di petrolio equivalente (Mtoe) a oltre 14mila Mtoe. Il tutto mentre l’enorme uso e consumo dei combustibili fossili a partire dal 1945 è diventato la causa principale dell’aumento dell’anidride carbonica (CO2) e dell’anidride solforosa. Situazione appunto prodotta dall'uomo, esattamente come il consumo di fossili e di risorse naturali.

Parallelamente al consumo di energia, l’incremento della popolazione e soprattutto le connesse attività agricole e di allevamento per sfamare gli individui hanno prodotto un'enorme crescita nel consumo annuo di acqua dolce tra il 1900, 1950 e il 2010. Secondo le stime di Aquastat, calcolando i consumi di acqua dolce in miliardi di metri cubi (mmc), nel 1900 il prelievo era pari a 580 mmc, nel 1950 a 1.366, nel 1980 a 3.214, nel 2011, a 3.900. Secondo le proiezioni di OCSE, Water Resources Group e Peter Burek, il consumo di acqua dolce aumenta a un tasso dell’1% annuo, sicché nel 2021 avremmo già raggiunto e superato i 4.300 miliardi di metri cubi e nel 2030 i circa 4.730. Secondo le Nazioni Unite, circa 2 miliardi di persone vivono già oggi nelle condizioni di “stress idrico”, cioè di mancanza di acqua rispetto ai fabbisogni. Il rischio, tra qualche tempo, è quello di avere le guerre per l’acqua tra Paesi che fanno dighe, come quelle sul Tigri e sull’Eufrate, sul Nilo e così via.

Questi consumi sono responsabili dell’aumento dell'anidride carbonica in atmosfera. Nel Dopoguerra ne immettevamo in atmosfera circa 4 miliardi di tonnellate l’anno; oggi siamo oltre le 36 tonnellate, principali responsabili del riscaldamento del pianeta. Secondo il Segretario Generale delle Nazioni Unite (che annovera tra le associazioni minori la citata UNFPA), “possiamo restare sotto l’incremento di temperatura di 1,5 gradi, ma ci vorrà un salto di qualità e, in primis, occorrerà ridurre i consumi, l’uso dei fossili, l’uso dell’acqua, e cosi via”. E questi consumi si riducono anche evitando un aumento delle bocche da sfamare.

Secondo la FAO per sfamare gli 8 miliardi di abitanti della Terra servono 1,3 miliardi di bovini e altri miliardi di animali. Tradotto in peso, o meglio biomasse, questo vuol dire che gli esseri che respirano, mangiano, bevono e altro sul nostro pianeta sono passati dai 7,5del 1945 ai 33 di oggi: altro che 8 miliardi! E più aumentiamo, maggiore inquinamento e riscaldamento creiamo. Secondo Global Footprint Network, nel 1970 il giorno del consumo di tutte le risorse prodotte dalla Terra si collocava oltre il 31 dicembre; lo scorso anno, l’Earth Overshoot Day (così si chiama) è stato il 28 luglio. Ciò significa che siamo a debito di 160 giorni nel mondo. In Italia, è invece addirittura caduto il 15 maggio, eppure ci consideriamo spesso una popolazione "povera"!

Insomma, come si vede, c’è più di qualche correlazione lineare tra eccessivo sviluppo demografico e problemi ambientali. Ed è su questi numeri che dovremmo riflettere, senza veli ideologici.        

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

2/5/2023 

L'articolo è stato pubblicato su Libero Quotidiano del 22/4/2023
 
 
 

Ti potrebbe interessare anche