Per un welfare sostenibile, non solo finanziariamente

I fondi pensione negoziali sono ormai diventati degli investitori istituzionali maturi. Da una maggiore attenzione agli investimenti in economia reale alla crescente sensibilità per i criteri ESG, passando per il rilancio delle adesioni, sono però ancora molti i possibili ambiti di crescita: il futuro del settore secondo Assofondipensione

Giovanni Maggi

Nel corso degli ultimi anni, anche a seguito del D.M. n. 166 del 2014, i fondi pensione negoziali hanno iniziato ad allargare lo spettro degli strumenti e delle asset class in cui sono investite le relative risorse. I fondi negoziali sono ormai diventati investitori istituzionali maturi, che possono giocare una partita importante per fronteggiare l'emergenza demografica con un welfare più efficiente e inclusivo e, al contempo, finanziare l’economia nazionale, facendosi promotori di un circolo virtuoso teso alla crescita.

In merito al sostegno all’economia reale, le indagini più recenti (tra cui anche il Sesto Report sugli investitori istituzionali italiani di Itinerari Previdenziali) indicano che nel panorama europeo l’Italia è il fanalino di coda, del resto in linea con i dati sulla crescita del PIL. Tendenzialmente, i fondi pensione investono solo il 7% in azioni italiane rispetto ad una media europea del 12% e punte molto più alte come Belgio (30%), Francia (28%) e Spagna (19%). I dati COVIP, a loro volta, evidenziano che le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari assommano a 167,1 miliardi, pari al 9,5% del PIL e al (solo) 4% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.  Gli investimenti dei fondi pensione nell'economia italiana sono pari a 36,7 miliardi, il 27,7% del patrimonio dei fondi, e i titoli di Stato (28,3 miliardi) fanno la parte del leone. Mentre sono molto marginali gli impieghi in titoli di imprese italiane: 3,7 miliardi, meno del 3% del patrimonio, di cui 2,5 miliardi in obbligazioni e 1,2 miliardi in azioni.

Massimizzare i rendimenti netti entro rischi "accettabili" rende necessario guardare a strumenti finanziari con un profilo di rischio più elevato, ma in prospettiva più redditizi. Anche gli investimenti cosiddetti alternativi (ad esempio, fondi di private equity, fondi di debito, credit funds) possono rappresentare uno strumento utile, nell’ambito di una adeguata diversificazione, e allo stesso tempo, ove rivolti alle imprese domestiche, possono contribuire alla crescita del reddito nazionale e dell’occupazione.

Lo dimostrano peraltro le recenti esperienze maturate da alcuni fondi soci di Assofondipensione che hanno avviato da qualche tempo questo percorso, contemplando anche asset class alternative nel loro portafoglio, e altri che lo stanno percorrendo (ad esempio, il “Progetto Iride”). Anche l’Associazione sta portando avanti un progetto tecnico sulle diverse opzioni di investimento per i fondi pensione negoziali, sulla tipologia degli strumenti utilizzabili e sulle modalità possibili di intervento per creare sinergie di tipo consortile tra i fondi negoziali soci che hanno manifestato il loro interesse, tramite la selezione di un advisor. Parallelamente, Assofondipensione ha aperto un’importante interlocuzione con la Cassa Depositi Prestiti per verificare tutte le condizioni finalizzate ad avviare un progetto CDP/AFP  di costituzione di una piattaforma per l’investimento dei fondi pensione negoziali in fondi di private equity, private debt, a  impatto sociale, con l’obiettivo di favorire la diversificazione/decorrelazione del rischio di portafoglio da un lato e il sostegno all’economia, all’occupazione e alla coesione sociale del Paese, dall’altro.

Al fine di rendere accessibile questo tipo di investimento, non alternativo ma complementare alle tipologie di investimento già oggi presenti nel mondo dei fondi pensione negoziali, il confronto si dovrà sviluppare ulteriormente e si concentrerà sugli strumenti e sui sottostanti finanziari, sulle modalità e sul grado di coinvestimento della CDP, nonché sulle eventuali garanzie prime perdite.

Nell’ambito degli approfondimenti sulla diversificazione degli strumenti di finanziamento e dell’offerta finanziaria, si aprono per i fondi anche ulteriori prospettive da valutare e approfondire: da una parte, nuovi strumenti finanziari che si affacciano sul mercato - ad esempio, gli Eltif (European long term investments funds) - strumenti che si muovono in un’ottica di lungo periodo offrendo agli investitori possibilità di  diversificazione e decorrelate rispetto all’andamento dei mercati finanziari; dall’altra, il confronto con i nuovi strumenti pensionistici paneuropei (PEPP), non più cosi lontani dopo l’approvazione del Regolamento UE 2019/1238 del 20 giugno 2019, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 25 luglio 2019,  e le misure da adottare per continuare a operare con successo in un mercato della previdenza complementare che diventerà sempre più “europeo” e concorrenziale.

Oltre che a un più ampio ventaglio di asset class e strategie, è interessante che nei propri investimenti i fondi pensione negoziali siano sempre più attenti agli impatti sociali e ambientali. Il tema è molto importante e merita la massima attenzione, anche perché l’integrazione di criteri ESG nella gestione può essere insieme obiettivo e veicolo di ri-motivazione della relazione stessa fra iscritti e fondo pensione. Nel nostro Paese questo aspetto gioca ancora un ruolo marginale, ma grande impulso potrà venire ora dalle novità che la direttiva IORP II e il D.Lgs. n. 147/2018 che vi ha dato attuazione -apportano in materia ESG.

Ci sarebbe spazio per fare molto di più. Così come, visto il trend demografico e il gap sempre più profondo tra coloro che percepiscono le prestazioni pensionistiche e coloro che contribuiscono a finanziare le prestazioni, ci sarebbe necessità di mobilitare più attenzione attorno alla previdenza complementare e, in generale, su come strutturare un sistema di welfare sostenibile non solo finanziariamente.

Nonostante gli aderenti alla previdenza complementare siano in costante rialzo negli ultimi anni, il totale degli iscritti è pari a soli 8,75 milioni: un numero ancora ben lontano dal coprire l’intera platea dei lavoratori italiani. La sfida è anche, e soprattutto, culturale: non dimentichiamo che l’Italia è penultima tra i Paesi Ocse.

Auspichiamo, quindi, un veloce superamento della crisi politica delle ultime settimane per riaprire un confronto tra Istituzioni, parti sociali e fondi pensione per affrontare le criticità che oggi ancora caratterizzano il settore (come, ad esempio, la necessità di una campagna di informazione per un concreto rilancio delle adesioni, l’estensione della detassazione degli investimenti, nonché un riassetto del sistema impositivo), ricordando all’interlocutore politico la necessaria sussidiarietà sociale del secondo pilastro rispetto a quello obbligatorio per un sistema sociale che, in prospettiva, tenga.

Giovanni Maggi, Presidente Assofondipensione

24/9/2019

 
 

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