Scenari e prospettive per il 2023: si punta sulla finanza made in Italy

Il neonato Ministero delle Imprese e del Made in Italy sembra puntare, fin dal nome, sul sostegno al nostro tessuto imprenditoriale: perché non replicare, a livello finanziario, mettendo i grandi investitori istituzionali italiani nelle condizioni di supportare al meglio il rilancio del Paese?

Gianmaria Fragassi

Il nuovo governo italiano ha dato vita a un nuovo ministero dal nome sicuramente confortante: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Non possiamo ancora stabilire se fosse davvero necessario un nome nuovo per il Ministero dello Sviluppo Economico, né se e quali saranno i successi del Ministro Adolfo Urso ma, comunque, il solo fatto di aver avuto l’idea e la volontà di creare questo nuova dizione per il dicastero necessita di un approfondimento.

La sovranità industriale del Paese, che rappresenta senza dubbio il motore trainante della nostra economia, merita infatti grandissima attenzione per la crescita dell'Italia stessa e la tutela dei suoi interessi!  In Italia – vale sempre la pena ricordarlo - le piccole e medie imprese impiegano l’82% dei lavoratori (ben oltre la media UE) e rappresentano il 92% delle imprese attive: si tratta dunque a tutti gli effetti dell’ossatura, finanziaria e patrimoniale, del nostro Paese; attività dale cui sorti - in termini di investimenti e ritorno sul territorio -  dipende dunque anche lo stato di salute della penisola. Nonostante la loro importanza, le PMI si trovano spesso ad affrontare sfide importanti, tra cui risorse limitate, mancanza di competenze e conoscenze ma, soprattutto, accesso ai finanziamenti. D'altro canto, il nostro tessuto produttivo, aiutato con fondi perduti dai precedenti governi, è riuscito ad uscire dall’incubo della pandemia dimostrando - anche più dei nostri competitor europei - costituito da realtà capaci e flessibili, sorrette da una mentalità imprenditoriale abile nel seguire i cambiamenti. 

E, allora, così come per il mondo delle Imprese è nato un ministero ad hoc, sarebbe interessante ragionare e valutare una commissione o un gruppo di lavoro politico che possa invece tutelare la finanza made in Italy. Vale a dire quella finanza prima di tutto rappresentata e sorretta dai  grandi investitori istituzionali nazionali, come fondi pensione, Casse di Previdenza, Fondazioni di origine Bancaria, Compagnie di Asicurazione e Family Office. Sarebbe interessante infatti trattare le dinamiche della finanza italiana allo stesso modo del mondo delle imprese, legandole dunque in maniera indissolubile a una politica nazionale che ne supporti la crescita, gli strumenti, le prospettive. Anche attraverso una Legge di Bilancio coraggiosa, che tuteli e incrementi gli investimenti in economia reale. Dalla centralità del caro energia al futuro del reddito di cittadinanza, passando per la tregua fiscale, le novità in cantiere su fisco e lavoro saranno diverse ma un occhio di riguardo in più allo sviluppo del Paese sembra sia plausibile, anche appunto a fronte del nuovo Ministero a tutela del made in Italy. 

Passando allo scenario, dopo che il 2021 si era chiuso con una ripresa a V post anno della pandemia, il 2022 ha vissuto un grande rallentamento, con forti segnali inflattivi, ampi e costanti aumenti dei tassi di interesse e situazioni geopolitiche instabili, che hanno accentuato crisi energetica dopo quella relativa alle materie prime. 

Figura 1 -  Andamento dei rialzi dei tassi di interesse di BCE e FED, anno 2022 

Figura 1 - Andamento dei rialzi dei tassi di interesse di BCE e FED, anno 2022

Fonte: rielaborazione e  sintesi a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

In questo periodo storico operano i patrimoni istituzionali e previdenziali, con l’impellente necessità di raggiungere obiettivi finanziari oltre ogni reale aspettativa: i rendimenti obiettivo si sono spostati nell'anno in corso all’8% per chi deve “battere” l’inflazione, al 7,5% per chi deve almeno pareggiare la rivalutazione del TFR e attorno al 3% per chi ha nel suo benchmark statutario la media quinquennale del PIL. Sono ovviamente dei rendimenti obiettivo che difficilmente verranno rispettati, perlomeno nel 2022. Da qui, la necessità di una strategia maggiormente orientata all’investimento in economia reale nazionale; il che significa spingere l’economia interna, anche al fine di contribuire allo sviluppo e all’occupazione del Paese, volani per un aumento della domanda interna e anche per un miglioramento delle entrate sia tributarie che contributive (non di poco conto per enti che operano nell'ambito del welfare e, in particolar modo, della previdenza).  

Viste le difficoltà che stanno incontrando le asset class obbligazionarie, difficoltà dovuto principalmente alle mosse di BCE e FED, e vista anche la volatilità dei mercati azionari, come conseguenza dello scenario geopolitico complesso, l’investimento in alternativo domestico potrebbe essere un punto di caduta per i grandi investitori. Va inoltre detto che ormai così come avviene per gli investimenti sostenibili che rispondono ai criteri SRI e alle politiche ESG, anche per quanto riguarda investimenti con ricadute dirette verso l’economia reale, la ricerca del rendimento viene messa quantomeno allo stesso livello degli impatti in economia reale (o degli impatti sostenibili). Questa rappresenta un’ottima notizia per lo sviluppo del Paese, così come per l’ambiente!  

È facile aspettarsi che il costo della vita si stabilizzi, a livelli più alti di quelli a cui eravamo abituati e che, probabilmente, non tornerà sotto a quel 2% che vorrebbero le Banche Centrali. Per la finanza può essere un bene che il denaro non sia più "gratuito": potrebbe infatti significare meno azzardi e minore speculazione. A questo quadro, occorre però aggiungere le previsioni contenute all’interno della NADEF che ipotizza una contrazione del PIL 2023 dal +2,6% previsto ad aprile 2022 al +0,6% ; PIL che potrebbe ulteriormente ridursi al +0,1% in caso di completo stop delle forniture di gas provenienti dalla Russia. Mai come in questa nuova stagione politica saranno allora cruciali per l’Italia le indicazioni fornite dal DEF e l’indirizzo che saprà dare la successiva Legge di Bilancio. 

Probabilmente non sarà necessario dedicare un dicastero al tema dell’economia reale, così come fatto per il mondo industriale, ma un buon gruppo di lavoro in capo al MEF per una finanza più orientata al made in Italy potrebbe dare finalmente una svolta concreta allo sviluppo del Belpaese. 

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/11/2022

 
 

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