Età legale ed età effettiva di pensionamento a confronto: quando si lascia davvero il lavoro in Italia?

Benché negli ultimi due anni la corsa al pensionamento anticipato sia rallentata, una delle maggiori criticità del sistema previdenziale italiano resta l'elevato numero di norme che hanno previsto deroghe all'età legale di pensionamento, producendo un abbassamento dell'età effettiva poco coerente con l'aspettativa di vita di uno dei Paesi più longevi al mondo

Mara Guarino

Secondo il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, una delle maggiori criticità del nostro sistema pensionistico è l’elevato numero di norme che hanno concesso nel tempo deroghe rispetto all’età legale di pensionamento per alcune categorie di lavoratori: dalle baby pensioni del 1969 ai prepensionamenti dovuti alle diverse crisi di settore, dalle nove salvaguardie per gli esodati alle anticipazioni come APE sociale, Opzione Donna e le varie Quota 100/102 o 103, passando per i lavori “gravosi” (di cui non vi è peraltro alcuna traccia nella letteratura medico-scientifica). Una sorta di giungla pensionistica che, come sottolinea anche il Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale, da una parte ha allungato la durata delle pensioni, lì dove sotto il profilo attuariale la durata corretta di una prestazione non dovrebbe superare i 20-25 anni, e dall’altra ha prodotto un abbassamento dell’età effettiva di pensionamento, di cui spesso però non si tiene conto nel dibattito pubblico. 

Età effettiva ed età legale di pensionamento a confronto - Fissata a 67 anni l’età pensionabile per la vecchiaia, a che età si va davvero in pensione in Italia? Sulla base dei dati tratti dall’Osservatorio pensioni INPS e rielaborati dalla pubblicazione, è possibile mettere a confronto l’età legale con l’età media effettiva alla decorrenza della pensione, oltre a evidenziarne l’evoluzione nel tempo. «Dato, quello sull’età effettiva alla decorrenza, ancora più rilevante in un Paese, come l’Italia, alle prese con una forte transizione demografica e, in particolare, con una delle aspettative di vita alla nascita e a 65 anni (anche se non sempre in buona salute) più elevate in Europa e al mondo», come ha ricordato il Prof. Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e curatore della ricerca presentata lo scorso gennaio alla Camera dei Deputati. 

Per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, nel 1997 l’età legale richiesta per i dipendenti del settore privato era di 63 anni per gli uomini e 58 anni per le donne, con un’anzianità contributiva di almeno 18 anni, mentre l’età media effettiva al pensionamento è stata di 63,5 anni per gli uomini e di 59,3 anni per le donne. Nel 2018 l’età legale per la pensione di vecchiaia viene unificata per genere e attività lavorativa e dal 2019 resta bloccata a 67 anni fino al 31 dicembre del 2026, così come previsto dagli appositi decreti del MEF, a fronte di una contribuzione di almeno 20 anni. Gli ultimi dati relativi al 2023 evidenziano, in linea con lo scorso anno, un’età media effettiva di pensionamento per la vecchiaia pari 67,5, quindi oltre l’età legale di 67 anni sia per gli uomini (67,5) che per le donne (67,4).

Per la pensione di anzianità, invece, nel 1997 era sufficiente avere 35 anni di contribuzione e un’età di almeno 52 anni oppure 36 anni di anzianità con qualsiasi età e l’età media alla decorrenza era di 56,3 anni per i maschi e di 54,3 anni per le donne, quindi oltre l’età legale. Nel corso degli ultimi anni, però, per effetto dei diversi canali di uscita anticipata introdotti, l’età media effettiva alla decorrenza per la pensione di anzianità/anticipata si è costantemente ridotta: se nel 2022 si è attestata a 61,6 anni per gli uomini e a 61,1 per le donne (era rispettivamente di 61,8 e 61,3 nel 2021), è rimasta tutto sommato stabile attestandosi a 61,5 per i pensionati e a 61,2 per le pensionate. Nella media maschi-femmine, l’età effettiva della pensione anticipata resta dunque ferma a 61,4 anni: nell’ultimo biennio, e i dati così come le ultime due Leggi di Bilancio lo confermano, la corsa verso la ricerca di nuovi canali di pensionamento anticipato è evidentemente rallentata ma, senza le deroghe degli anni precedenti, l’età di uscita anticipata sarebbe stata ben maggiore e verosimilmente più vicina al target dei 64 anni. Giusto per avere un ordine di idee, come evidenzia il Rapporto, hanno beneficiato di Quota 100 e della successiva Quota 102  oltre 448mila pensionati hanno beneficiato di Quota 100 e Quota 102, beneficiando di un anticipo pensionistico di almeno due anni rispetto all’età di vecchiaia, con costi che al 31 dicembre 2023 superavano i 21 miliardi. 

Figura 1 – Età effettiva al pensionamento del settore privatoFigura 1 – Età effettiva al pensionamento del settore privato
Fonte: Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali

Come rimarca la pubblicazione, va innanzitutto ricordato che per il periodo compreso tra l’1 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2026, sono stati bloccati gli adeguamenti della speranza di vita per i requisiti contributivi richiesti per la pensione anticipata che, a prescindere dall’età anagrafica, consente l’uscita dal mondo del lavoro con un’anzianità di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e di 41 anni e 10 mesi per le donne. Un provvedimento che ha posto temporaneamente rimedio a una delle principali storture della riforma Monti-Fornero, vale a dire l’aggancio dell’anzianità contributiva alla speranza di vita nel caso della pensione anticipata (a fronte appunto di una lunga contribuzione), cui hanno fatto però da contraltare numerosi meccanismi di anticipazione. Ad esempio, anche Quota 100, i cui requisiti all’introduzione richiedevano almeno 62 anni di età (non adeguabili alla speranza di vita) e 38 anni di anzianità, dall’1 aprile 2019 è rientrata statisticamente tra le pensioni anzianità/anticipate; principio analogo per Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) e per Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi). Un altro canale di uscita per la pensione anticipata da considerare è poi Opzione Donna, nata sperimentalmente nel 2004 e prorogata con qualche modifica di anno in anno, prevedendo al 2023, anno di indagine del Dodicesimo Rapporto, 35 anni di contribuzione e un’età anagrafica di anni 61 anni, con uno sconto di un anno per figlio nel limite massimo di due anni; possono tuttavia accedervi solo le lavoratrici che, raggiunti i requisiti entro il 31 dicembre 2023, siano caregiver, invalide almeno al 74% oppure licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi. 

«Tenuto conto del fatto che le pensioni anticipate sono tendenzialmente le più elevate per numero (e importo) incidendo quindi molto sulle età di fruizione, se si considera il complesso della vecchiaia - anzianità, vecchiaia e prepensionamenti - si osserva che nel 2023 l’età media effettiva del pensionamento è di 64,7 anni», puntualizzano gli estensori del Rapporto. Nel calcolo della media, ponderata per genere, pesa di più l’età maschile  (gli uomini rappresentano il 60,2% del totale dei due generi), pari a 64,3 anni, che quella femminile (il 39,8%) pari a 65,3 anni. D’altra parte, come ribadito anche dagli estensori del documento, l’età di pensionamento delle donne ha subito, in modo più incisivo dal 2014, un progressivo innalzamento dei requisiti anagrafici, che ha provocato una brusca frenata nel numero delle pensioni di vecchiaia e il prevalere come via di uscita, benché in misura ridotta, del canale anzianità/anticipata, di cui in precedenza tipicamente beneficiavano soprattutto gli uomini con anzianità più elevate e carriere continue.  Se, insieme all’età media effettiva di pensionamento per vecchiaia o anzianità/anticipata, si tiene infine conto anche di quella per invalidità previdenziale, ossia l’età media effettiva di tutte le uscite per pensionamento previdenziale diretto, nel 2023 si scende a 63,2 anni per gli uomini e 64,1 per le donne, con una media dei due generi di 63,5 anni. 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

31/3/2025

 
 

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