Fondi pensione: chi sfrutta (e con quali strumenti) i vantaggi fiscali della previdenza complementare?

Con la fine dell'anno, è tempo di  bilanci anche per gli iscritti ai fondi pensione che, in queste ultime settimane, hanno la possibilità di ottimizzare i benefici fiscali previsti dalla normativa: analisi di un'opportunità ancora poco sfruttata, e delle ulteriori potenzialità per i lavoratori di prima occupazione successiva all'1 gennaio 2007

Giulia Sordi

Per la previdenza complementare, gli ultimi mesi dell’anno coincidono con l’ultima opportunità per sfruttare al massimo i vantaggi fiscali concessi dalla normativa di riferimento (D.L. 252/2005): i contributi versati ai fondi pensione entro il 31/12 sono difatti deducibili dal reddito fino a un massimo di 5.164,57 euro consentendo all’iscritto di ottenere uno “sconto” fiscale annuo pari alla sua aliquota marginale IRPEF più elevata. 

Non tutti i versamenti ai fondi pensione tuttavia rientrano nel computo dei contributi deducibili: il grande “escluso” è generalmente il TFR che, rappresentando una quota di reddito differito, non rientra nell’imponibile IRPEF annuo ma è bensì assoggettato a una tassazione separata alla liquidazione. Viceversa, gli importi pienamente deducibili sono:

- i contributi versati dal lavoratore dal datore di lavoro - sia volontari sia dovuti in base ai contratti o agli accordi collettivi, anche aziendali – a uno o più fondi pensione;

- le contribuzioni da “welfare aziendale” (differenti dai “premi di risultato” – si veda i paragrafi successivi - che beneficiano di un diverso regime fiscale);

- eventuali versamenti eseguiti a favore di posizioni aperte a nome di familiari fiscalmente a carico dell’iscritto.

Un iscritto che volesse sfruttare interamente la soglia di deducibilità di 5.164,57 euro deve pertanto prestare attenzione a quanto è stato già (e verrà nel corso dell’anno) versato da parte sua ed, eventualmente, da parte dell’azienda (contributo percentuale datoriale e del lavoratore, se dovuto). Si ricorda inoltre che, per coloro che lo desiderassero, la suddetta soglia massima di deducibilità potrebbe già oggi essere più elevata: analizzeremo il tema nei prossimi paragrafi dedicati ai “casi particolari”. 

Prima di approfondire l’ampiezza del regime fiscale agevolato e le relative peculiarità, una breve fotografia degli iscritti che, a oggi, sfruttano – chi più e chi meno – questa importante leva fiscale.

 

Versamenti deducibili: quanto si versa e chi beneficia maggiormente dei vantaggi fiscali

Il grafico sottostante riporta la classificazione degli iscritti “versanti”, al netto delle quote TFR (non deducibili) e dove la classe con versamenti nulli fa riferimento a soggetti che versano solo quote di TFR (approfondimento a parte per il fenomeno degli iscritti “non versanti”). 

Figura 1 - Iscritti versanti per classi di contribuzione al netto dei versamenti delle quote di TFR

Figura 1 - Iscritti versanti per classi di contribuzione al netto dei versamenti delle quote di TFR

Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati COVIP (Relazione per l'anno 2023)

Secondo la Relazione COVIP per l’anno 2023,  gli iscritti che, a livello di sistema, hanno versato un contributo deducibile entro la fascia tra i 4.500 e i 5.500 euro – sfruttando quindi la soglia massima di deducibilità annua - sono stati pari all’8,9% (poco meno di 600mila soggetti), mentre coloro che si spingono oltre 5.500 euro si riducono al 3,1% (pari a circa 210mila individui). Gli iscritti rimanenti (l’88% del totale) versano contributi al di sotto del limite di deducibilità fiscale; di questi, il 60% versano meno di 1.000 euro all’anno. 

Tra le tipologie di forme pensionistiche, le evidenze sono molto diverse. Nei fondi negoziali, solo l’1% degli iscritti si colloca nella fascia di versamenti compresi tra 4.500 e 5.500 euro e solo lo 0,5% contribuisce con oltre 5.500 euro. In questo ambito, si nota come il 62,3% degli iscritti versanti contribuisca con un importo annuo limitato alla fascia 1-1.000 euro: è l’effetto dovuto alla presenza di aderenti “contrattuali”, 960mila posizioni (di cui solo il 33% hanno registrato contribuzioni nel corso del 2023) alimentate generalmente dal solo contributo del datore di lavoro. Viceversa, nelle forme di mercato, il cui bacino è composto anche da una rilevante presenza di lavoratori autonomi, la classe di contribuzione che include il limite di deducibilità fiscale raggruppa il 14,3% degli iscritti ai fondi aperti (circa 171.000 unità) e il 15% degli aderenti ai PIP (circa 353.000 unità); differentemente, coloro che versano oltre 5.500 euro sono l’1,9% nei fondi aperti a l’1,4% nei PIP. Nei fondi preesistenti, per effetto delle retribuzioni in media più elevate (e, di riflesso, anche di contributi a carico del datore di lavoro più rilevanti), la percentuale di iscritti che si collocano nella fascia 4.500-5.500 euro è pari al 7,6% e quella di coloro che versano oltre 5.500 è il 22,5% del totale.

Figura 2 - Iscritti versanti per classi di contribuzione al netto dei versamenti delle quote di TFR   Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati COVIP (Relazione per l'anno 2023)

Deducibilità: quanto vale?

A differenza della detraibilità che consente di sottrarre definiti importi dopo aver determinato l’imposta IRPEF dovuta, la deducibilità manifesta i suoi effetti prima del calcolo dell’imposta, andando a diminuire il reddito di riferimento dal quale sarà poi quantificata la tassazione. Il beneficio fiscale è quindi determinato dall’aliquota IRPEF più alta applicata all’iscritto e che potrà poi far valere sul suo versamento deducibile.

A oggi, gli scaglioni IRPEF sono 3 e pari a:

  • 23% per i redditi tra gli 8.501 e i 28.000 euro; 
  • 35% per redditi tra gli 28.001 e i 50.000 euro; 
  • 43% per redditi oltre i 50.001 euro.

Nel 2024 è stata poi confermata la cosiddetta “no tax area unificata”, ovvero una fascia di esenzione fiscale per i contribuenti percettori di redditi fino a  un massimo di 8.500 euro, unica sia per i lavoratori che per i pensionati. Se volessimo dunque fornire un esempio sul valore della deducibilità, un lavoratore con un reddito imponibile di 35mila euro  che volesse integrare il suo fondo pensione con un versamento volontario di € 3.000 otterrebbe uno “sconto fiscale” annuo di 1.050 euro (versamento € 3.000 x IRPEF 35%).

Importo che potrebbe essere anche maggiore tenendo conto che, generalmente, l’aliquota regionale e comunale IRPEF si aggira attorno al 2%.

 

Come e quando effettuare i versamenti deducibili

Le modalità di versamento dei contributi deducibili sono prettamente due:

1) attraverso il datore di lavoro, qualora l’iscritto abbia attivato il versamento del TFR. In questo caso, i fondi negoziali e talune forme di mercato consentono all’aderente di aumentare il proprio risparmio previdenziale mediante il versamento di quote deducibili come il contributo azienda e il contributo lavoratore (se dovuti) e/o eventuali versamenti volontari aggiuntivi. Contabilmente, gli importi transitano per la busta paga del lavoratore, abbattendo fin da subito il reddito complessivo dell’iscritto, che potrà così beneficiare immediatamente dello “sconto fiscale”, mese dopo mese. I versamenti verranno inoltre rappresentati nella CU (Certificazione Unica) messa a disposizione dal datore di lavoro e direttamente nella dichiarazione dei redditi, senza che l’iscritto debba pertanto presentare ulteriore documentazione in sede di compilazione del modello 730;

2) mediante bonifico bancario da parte dell’iscritto. Il lavoratore può, per esempio, istruire un bonifico mensile permanente oppure valutare uno o più versamenti una tantum nel corso dell’anno. Per accedere al beneficio fiscale, il contribuente dovrà tuttavia attendere la fase di compilazione della dichiarazione dei redditi dell’anno successivo.

 

E se l’iscritto supera la soglia massima di deducibilità?

In caso i contributi dell’iscritto e (se dovuti) dell’azienda fossero superiori alla soglia di 5.164,57 euro, il beneficio fiscale rimane immutato entro la suddetta soglia ma è bene comunicare al fondo pensione le cifre eccedenti: si tratta dei cosiddetti “contributi non dedotti“, importi non deducibili e, proprio per tale ragione, per evitare una “doppia tassazione” al momento della liquidazione, la fiscalità finale applicata dal fondo pensione su tali importi sarà pari a zero. Pertanto, è bene informare il fondo pensione circa l’entità dei “contributi non dedotti” entro il 31 dicembre dell’anno successivo.

 

Caso particolare: il premio di risultato

I premi di risultato, talvolta denominati semplicemente “PDR”, negoziati attraverso la contrattazione di secondo livello ed entro il limite di 3.000 euro lordi annui, beneficia di un regime fiscale specifico che varia in base all’uso per il quale il lavoratore vorrà optare:

1) pagamento del PDR in busta paga: è applicata un’imposta sostitutiva all’IRPEF pari al solo 5%;

2) conversione del PDR in una delle diverse forme di welfare aziendale: non è prevista alcuna tassazione;

3) destinazione del PDR (anche parzialmente) all’assistenza sanitaria integrativa o alla previdenza complementare: le somme (sempre nel limite massimo di 3.000 euro) non concorrono a formare il reddito complessivo dell’iscritto anche se viene superato il limite di deducibilità di 5.164,57 euro e non sono soggette a tassazione al momento dell’erogazione da parte del fondo.

In sintesi, i contributi da premio di risultato destinati alla sanità e/o alla previdenza integrativa non sono assoggettati né in entrata né in uscita ad alcuna tassazione.

 

Caso particolare: la soglia deducibile aumenta per i lavoratori di prima occupazione successiva all'1 gennaio 2007

Il Decreto Legislativo 252/05 prevede una soglia “aggiuntiva” di deducibilità per i lavoratori di prima occupazione successiva all'1 gennaio 2007. L’articolo 8, comma 6, prevede infatti che “ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui”. 

Pertanto, se il lavoratore si è iscritto dopo l'1 gennaio 2007 e nei primi 5 anni di iscrizione al fondo pensione non ha sfruttato interamente tutto il plafond di deducibilità fiscale (5.164,57 euro annui), nei 20 anni successivi lo può recuperare a patto che il contributo deducibile aggiuntivo non superi 2.582,29 euro annui. 

Proviamo a fornire un esempio. Ipotizziamo un lavoratore di prima occupazione successiva al 2007 che, tuttavia, ha atteso alcuni anni prima di avvicinarsi alla previdenza complementare: si è infatti iscritto a un fondo pensione nel recente 2018. Nei primi 5 anni di iscrizione al fondo si è limitato a versare solo il TFR, senza ulteriori contribuzioni. Attualmente la sua retribuzione è pari a 40.000 euro lordi annui e la relativa aliquota IRPEF marginale è pari al 35% (per semplicità, in questa sede non consideriamo eventuali aliquote regionali e comunali IRPEF). A inizio 2024, alla fine del quinto anno di iscrizione, per l’iscritto si rende disponibile un plafond fiscale aggiuntivo pari a 25.822,85 euro (importo deducibile anno non sfruttato € 5.164,57 x 5 anni) che potrà utilizzare con “tagli massimi” pari a 2.582,29 euro annui in un periodo massimo di 20 anni. L’ipotetico lavoratore potrebbe quindi utilizzare tutto il periodo a sua disposizione (20 anni) aggiungendo alla “classica” soglia di 5.164,57 euro un ulteriore importo pari a 1.291,14 euro (plafond totale aggiuntivo € 25.822,85 / periodo massimo di 20 anni). In questo caso, l’iscritto potrebbe portare in deduzione un totale di 6.455,71 euro (soglia deducibilità ordinaria € 5.164,57 + importo deducibile aggiuntivo € 1.291,14) ottenendo un risparmio fiscale nell’anno pari a 2.259,50 euro (€ 6.455,71 x IRPEF 35%).

In un’altra ipotesi, l’iscritto potrebbe utilizzare l’importo deducibile massimo a sua disposizione (2.582,29 euro) in periodo pari a 10 anni (plafond totale aggiuntivo € 25.822,85 / importo aggiuntivo massimo annuo € 2.582,29). La deduzione si applicherebbe quindi a un importo complessivo pari a 7.746,86 euro (soglia deducibilità ordinaria € 5.164,57 + importo deducibile aggiuntivo € 2.582,29): il risparmio fiscale annuo corrisponderebbe quindi a oltre 2.710 euro. 

Un’opportunità spesso ignorata che, per chi ne è interessato, può rappresentare una “boccata d’ossigeno” nei confronti di un fisco non sempre equo con i suoi cittadini.

Giulia Sordi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

25/11/2024 

 
 
 

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