Pensioni, la "giungla" degli anticipi

La Legge di Bilancio per il 2024 ha confermato i canali di anticipo pensionistico già esistenti, rendendo più stringenti i requisiti per l'accesso. Nessuna riforma di sistema, dunque, nonostante una delle maggiori criticità sia proprio l'elevato numero di norme che hanno previsto anticipi: un'autentica "giungla pensionistica"

Michaela Camilleri

La Legge di Bilancio per il 2024 ha confermato i canali di anticipo pensionistico già esistenti (Quota 103, APE sociale e Opzione Donna), rendendo più stringenti i requisiti per l’accesso. Nessuna riforma di sistema, dunque, nonostante una delle maggiori criticità del nostro sistema pensionistico risieda proprio nell’elevato numero di norme che hanno concesso nel tempo deroghe rispetto all’età legale di pensionamento per specifiche categorie di lavoratori: dalle baby pensioni del 1969 ai prepensionamenti dovuti alle diverse crisi di settore, dalle nove salvaguardie per gli esodati alle anticipazioni come APE, Opzione Donna, Quota 100, 102 e 103. Una vera e propria “giungla pensionistica” che, come evidenzia l’Undicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali presentato lo scorso 16 gennaio alla Camera dei Deputati, ha, da una parte, allungato eccessivamente la durata delle pensioni, e, dall’altra, prodotto un abbassamento dell’età effettiva di pensionamento di cui spesso non si tiene conto nel dibattito sui requisiti di accesso e nelle conseguenti scelte politiche.

Sono senza dubbio necessarie misure di flessibilità in uscita, anche considerando l’eccessiva rigidità imposta dalla riforma Fornero. Tuttavia, occorre ridurre il numero dei meccanismi di anticipo attualmente previsti e fare in modo che la flessibilità diventi strutturale per evitare di ripetere gli errori del passato e garantire equità tra le diverse categorie di lavoratori. Già nel 2012 lo stesso governo Monti si è visto costretto a introdurre le prime due salvaguardie cui sono seguite norme “transitorie” per flessibilizzare l’acceso al pensionamento anticipato di una molteplicità di categorie: a partire dai cosiddetti “lavoratori esodati”, proseguendo con i “lavoratori precoci”, per concludere con le diverse Quote. Stando ai dati INPS rielaborati nel Rapporto Itinerari Previdenziali, dal 2012 fino al 2022 i governi che si sono succeduti hanno introdotto agevolazioni che hanno permesso di accedere al pensionamento con i requisiti vigenti prima della legge Fornero a circa 837.000 lavoratori. Al netto dei soggetti che hanno optato per la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, si tratta nel dettaglio di circa 143.000 “salvaguardati”, 94.000 beneficiari di APE sociale, 84.000 di Opzione donna, 80.000 “precoci”, 436.000 destinatari di Quota 100 e Quota 102. A questi andrebbero peraltro aggiunti i prepensionamenti concessi a particolari categorie, i beneficiari dei fondi esubero per le banche e le assicurazioni, i lavoratori che accedono all’isopensione e al contratto di espansione, che però sono quasi totalmente a carico delle imprese e non dello Stato. 

Tabella 1 – Numero di domande cumulate accolte per anticipi pensionistici      Tabella 1 – Numero di domande cumulate accolte per anticipi pensionistici
Fonte: Undicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano,  Itinerari Previdenziali. Dati al 31/12/2022 

 

Quota 100, 102 e 103

La Legge di Bilancio per il 2019 ha introdotto Quota 100, misura che permette ai lavoratori che hanno maturato i requisiti dei 62 anni di età e 38 anni di contribuzione nel periodo tra l’1 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021 di andare in pensione con regole meno stringenti rispetto a quelle previste per la pensione di vecchiaia o anticipata. L’età media alla decorrenza dei lavoratori che hanno usufruito di Quota 100 è stata di 63 anni per uomini e donne, con un anticipo medio rispetto ai requisiti Fornero di 29 mesi

Non rinnovata oltre il triennio di sperimentazione, è stata dunque sostituita per il solo 2022 da Quota 102 che ne ha ereditato le caratteristiche salienti spostando però in avanti l’età anagrafica richiesta per lasciare in anticipo il mondo del lavoro: 64 anni di età e 38 di contribuzione i requisiti da maturare entro il 31 dicembre 2022 per accedere alla misura. Al riguardo è importante ricordare che una volta raggiunti i requisiti gli assicurati possono esercitare il diritto in qualsiasi anno successivo. A fine 2022 risultano presentate 517.358 domande cumulate di pensione per Quota 100 e Quota 102, a fronte di 436.143 domande accolte per un costo complessivo di oltre 17 miliardi di euro. Stando ai dati aggiornati a giugno 2023, in totale 522.316 lavoratori hanno lasciato il mondo del lavoro grazie a queste due modalità di anticipo, per una spesa di circa 21 miliardi. 

Con la Legge di Bilancio per l’anno 2023, in sostituzione di Quota 102, è stata poi introdotta Quota 103, che fissa i requisiti da perfezionare entro il 31 dicembre 2023, a un’età anagrafica di 62 anni e un’anzianità contributiva di 41 anni. La misura è stata prorogata anche per il 2024 ma con alcuni cambiamenti (metodo di calcolo interamente contributivo, inasprimento delle finestre mobili e limite all’importo dell’assegno abbassato a 4 volte il trattamento minimo INPS).

 

Opzione Donna

Introdotta dalla l. n. 243 del 2004 (cd. legge Maroni), prevede per le sole lavoratrici donne la possibilità di anticipare l’uscita dal mercato del lavoro optando per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo il metodo di calcolo contributivo. Fino al 31 dicembre 2015 i requisiti richiesti erano 57 anni (58 se lavoratrici autonome) unitamente a 35 anni di contributi; l’opzione è stata poi prorogata per il 2019 con requisiti da maturare entro il 31 dicembre 2018 innalzando di un anno l’età anagrafica. In totale, al 31 dicembre 2022 hanno richiesto di andare in pensione anticipatamente in regime contributivo per Opzione Donna (ex. art. 16 D.L. 4/2019) circa 106.000 assicurate: di queste domande ne sono state accolte 83.468. L’età media alla decorrenza è stata di 60 anni, con un anticipo medio rispetto ai requisiti Fornero di 53 mesi, indicativi della volontà delle lavoratrici di lasciare il mondo del lavoro con anticipo anche a costo di subire una decurtazione dell’assegno. I dati relativi alle liquidazioni per anno di decorrenza non sono omogenei e dimostrano come, in particolare la riforma Fornero, bloccando di fatto il pensionamento di vecchiaia e di anzianità delle donne, abbia favorito il ricorso a questa soluzione.

Con la legge di Bilancio per il 2023, i requisiti sono stati però sono stati resi più stringenti: possono accedervi infatti solo le lavoratrici con 60 anni di età anagrafica (61 nel 2024 sempre con 35 anni di contributi e con riduzione di 1 anno per ogni figlio nel limite massimo di 2): a) licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero; b) con disabilità pari o oltre il 74% con accertamento dello stato di invalido civile; c) che assistono da almeno 6 mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992, di primo o secondo grado di parentela solo in quest’ultimo caso per ultra 70enni. Nel primo semestre 2023 le accolte per Opzione donna sono state 8.437.

 

APE sociale e precoci

Con Legge di Bilancio per l’anno 2017 viene introdotta l’APE sociale, la possibilità di ricevere una prestazione di accompagnamento alla pensione di vecchiaia (67 anni), entro un tetto di 1.500 euro lordi al mese non rivalutabili all’inflazione, per alcune specifiche categorie di lavoratori individuate dalla legge come in condizioni di particolare difficoltà (disoccupati, caregiver, invalidi civili almeno pari al 74%, dipendenti che svolgono attività considerate gravose). Per accedere all’APE sociale occorre aver maturato 63 anni d’età (5 mesi in più nel 2024) e 30 di contributi (36 per chi svolge attività gravose); per le lavoratrici madri è previsto uno “sconto” di un anno per ogni figlio, entro un massimo di 2 anni. Il sussidio è interamente a carico dallo Stato: non si tratta quindi di una prestazione previdenziale vera e propria, ma piuttosto di un aiuto economico destinato a soggetti in particolare stato di bisogno. Alla data del 31 dicembre 2022 le domande presentate sono state 182.750, di cui 93.765 accolte in seguito alla verifica dei requisiti. Per il 2023 il costo sarà di 620 milioni, mentre il costo totale della misura, dal 2017 fino a quando si esauriranno gli oneri nel 2027, è stimato in 4,6 miliardi di euro. 

La Legge di Bilancio per il 2017 ha poi previsto un canale di uscita anticipata a 41 anni di contribuzione anche per i cosiddetti lavoratori “precoci”, ossia coloro che hanno lavorato per almeno 12 mesi prima dei 19 anni e che risultino in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, oltre a trovarsi n un particolare stato di bisogno (le stesse previste per APE sociale). In sostanza, le lavoratrici precoci possono pensionarsi con un anticipo di 10 mesi e gli uomini di un anno e 10 mesi se uomini rispetto ai requisiti generali previsti dalla Legge Fornero. A fine 2022 sono state complessivamente accolte dall’INPS 80mila domande a fronte di 167mila richieste, per un onere cumulato – riferito al solo 2022 – di 462,7 milioni di euro.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

24/1/2024 

 
 

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