Pensioni, le principali novità della Legge di Bilancio per il 2019

Revisione del meccanismo di rivalutazione, taglio delle cosiddette “pensioni d’oro”, flat tax per i pensionati che rientrano dall’estero. Ecco le principali novità in materia pensionistica contenute nell’ultima Legge di Bilancio, in attesa dei decreti attuativi di quota 100 e del reddito di cittadinanza

Michaela Camilleri

Dalla stretta all'indicizzazione, alla riduzione degli assegni di importo superiore a 100mila euro lordi annui (le cosiddette “pensioni d’oro”), passando per l’introduzione di una tassazione agevolata per i pensionati che rientrano in Italia. Sono queste le principali novità pensionistiche contenute nella Legge di bilancio per l’anno 2019.

Si dovrà, invece, aspettare indicativamente metà gennaio per la pubblicazione dei decreti che disciplineranno quota 100 e il reddito e la pensione di cittadinanza. A questi provvedimenti dovrebbero essere abbinati la proroga dell'opzione donna, l'estensione di un anno dell'Ape sociale per le categorie disagiate e la sospensione degli adeguamenti alla speranza di vita della pensione anticipata. Al momento, per la realizzazione di tali misure, la Legge di Bilancio 2019 ha istituito il “Fondo per il reddito di cittadinanza” e il “Fondo per la revisione del sistema pensionistico”, per i quali sono stati stanziati rispettivamente circa 7 e 4 miliardi di euro per il 2019.

 

Rivalutazione delle pensioni 

A partire da quest’anno avrebbe dovuto essere ripristinata la più favorevole indicizzazione definita dalla legge 388/2000 (sia in termini di importo sia in termini di meccanismo di calcolo), ossia la rivalutazione al 100% dell’inflazione sulla quota di pensione fino a 3 volte il trattamento minimo INPS, al 90% sulla quota compresa tra 3 e 5 volte il trattamento minimo e al 75% sulla quota superiore a 5 volte il trattamento minimo. L’art. 1 comma 260 della Legge di Bilancio 2019 ha, invece, previsto per il triennio 2019-2021 una revisione del meccanismo di perequazione nella seguente misura:

  • Il 100% dell’inflazione per le pensioni di importo fino a 3 volte il trattamento minimo INPS*;
  • Il 97% dell’inflazione per le pensioni di importo compreso tra 3 e 4 volte il minimo;
  • Il 77% dell’inflazione per le pensioni di importo compreso tra 4 e 5 volte il minimo;
  • Il 52% dell’inflazione per le pensioni di importo compreso tra 5 e 6 volte il minimo;
  • Il 47% dell’inflazione per le pensioni di importo compreso tra 6 e 8 volte il minimo;
  • Il 45% dell’inflazione per le pensioni di importo compreso tra 8 e 9 volte il minimo;
  • Il 40% dell’inflazione per le pensioni di importo oltre 9 volte il minimo.

*Il trattamento minimo (TM) è pari a 513,01 euro mensili per l’anno 2019

Inoltre, anche per il prossimo triennio (come già accaduto in passato) la rivalutazione sarà applicata sull'importo complessivo della pensione e non sui diversi scaglioni, come previsto dalla legge 388/2000.

Ad esempio, una pensione di 4.000 euro lordi al mese veniva rivalutata al 100% dell’inflazione fino a 3 volte il minimo, ossia fino a circa 1.522 euro[1], il 90% da 3 a 5 volte il minimo (da 1.522 a 2.537 euro) e il 75% sulla quota di pensione oltre 5 volte il minimo (da 2.537 a 4.000 euro). Con l’attuale Legge di Bilancio prosegue l’impostazione già prevista per il 2018 e, dunque, riprendendo il nostro esempio, l’intero importo della pensione di 4.000 euro lordi mensili verrà rivalutato solo al 47% dell’inflazione. Il che implica che, tenuto conto dell’incremento previsionale del tasso di inflazione comunicato da Istat pari all’1,1%, la rivalutazione effettiva per importo complessivo sarebbe pari allo 0,517%, contro una rivalutazione per scaglioni che va dall’1,1% allo 0,825% (si vedano le due tabelle che seguono).

Così la rivalutazione per il 2019

Proseguendo con l’esempio per capire indicativamente quanto si perde con l’attuale meccanismo di rivalutazione sull’importo complessivo della pensione, con un assegno da 4.000 euro lordi al mese si perderebbero  rispetto alla rivalutazione per scaglioni circa 236 euro all’anno (nel primo caso, la rivalutazione varrebbe circa 38 euro al mese per 13 mesi, per un totale di circa 505 euro, mentre nel secondo 20 euro per 13 mensilità, per un totale di circa 270 euro) che, moltiplicati per 15 anni di aspettativa di vita media residua, diventerebbero 3.500 euro[1]. Importo quest’ultimo destinato, inevitabilmente, ad aumentare perché la quota persa non potrà essere rivalutata e che, con un’inflazione all’1,5%, potrebbe arrivare a oltre 4.800 euro.

 

Taglio delle cosiddette “pensioni d’oro” 

Il comma 261 dell’art. 1 della Legge di Bilancio ha previsto, in aggiunta, una riduzione degli assegni pensionistici superiori a 100 mila euro lordi annui per un periodo di 5 anni, sulla base delle percentuali illustrate in tabella. 

Tabella pensioni d'oro

Tale riduzione si applica alle pensioni liquidate con il metodo di calcolo retributivo o misto e in proporzione agli importi dei trattamenti pensionistici, ferma restando la cosiddetta “clausola di salvaguardia” (il che significa che, per effetto dell’applicazione della riduzione l’importo complessivo dei trattamenti pensionistici diretti, non può comunque essere inferiore a 100 euro lordi su base annua).

Gli importi delle riduzioni e delle minori entrate IRPEF sono stati calcolati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e riportati in un precedente editoriale a firma del Professor Alberto Brambilla. Come evidenziato dall’Approfondimento a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali sul ricalcolo delle pensioni oltre i 4.500 euro netti al mese, si tratta di un taglio lineare che appare difficilmente applicabile sia dal punto di vista concettuale sia dal punto di vista tecnico-attuariale. 

 

Flat tax per pensionati dall’estero 

Novità anche per i pensionati che risiedono all’estero da almeno cinque anni: per chi decide di trasferire in Italia la residenza in uno dei comuni del Mezzogiorno (e in particolare delle regioni Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia), con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, è prevista un’imposta sostitutiva forfettaria pari al 7% per i cinque anni successivi.

La Legge di Bilancio ha stabilito che le risorse derivanti dall’applicazione di questo provvedimento saranno destinate alle Università del Mezzogiorno, in cui sia presente almeno un dipartimento in discipline tecnico-scientifiche e sociologiche, nelle forme di finanziamento diretto agli studenti, di assegni di ricerca, nonché si studi e ricerche legati allo sviluppo del territorio.

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

9/1/2019


[1] Per semplicità nel calcolo, non è stata considerata la rivalutazione all'inflazione per gli anni successivi, cioè la rivalutazione ex legge 388 con un’inflazione media annua dell’1,5% moltiplicata per 15 anni e la stessa rivalutazione sull'importo ridotto dalla Legge di Bilancio.

 
 

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