Previdenza, i conti del sistema pensionistico tra gestioni in attivo e in passivo

Nel 2021 la spesa pensionistica è ammontata a 238,271 miliardi: tenuto conto della ripresa delle entrate contributive post COVID-19, il saldo negativo tra entrate e uscite si è attestato a circa 30 miliardi. Un deficit su cui pesa soprattutto il disavanzo di alcune gestioni, come quella dei dipendenti pubblici

Mara Guarino

Nel 2021 la spesa pensionistica relativa a tutte le gestioni previdenziali INPS e alle Casse dei liberi professionisti è ammontata a 238,271 miliardi contro i 234,736 del 2020, facendo segnare un incremento pari all’1,5%. Un incremento tutto sommato fisiologico, persino inferiore di 0,4 punti percentuali rispetto al valore dell’inflazione, e che soprattutto non sposta il giudizio sulla tenuta della previdenza italiana: il sistema regge, a patto di contenere una spesa assistenziale fuori controllo (e troppo spesso impropriamente imputata al capitolo pensioni) e di tenere a bada i fin troppi meccanismi di anticipo con cui in questi anni si è cercato di derogare, frammentariamente e con troppe eccezioni, alle rigidità della riforma Monti-Fornero. 

In particolare, dopo il crollo imputabile agli effetti di emergenza sanitaria e misure di lockdown, crescono del 6,58% le entrate contributive, che si attestano a quota 208.264 milioni, valore di poco inferiore a quello registrato nel 2019. Diminuisce di riflesso il saldo (negativo) tra entrate e uscite, pari a circa 30,006 miliardi: sul deficit, che scende di quasi 9 miliardi rispetto ai 39,3 del 2020, incide in particolar modo il disavanzo della gestione dei dipendenti pubblici, che evidenzia da sola un passivo di oltre 37 miliardi (erano 33 prima di COVID-19). 

 

Gestioni in attivo e in passivo a confronto 

All’interno del quadro tutto sommato incoraggiante tracciato dal Decimo Rapporto a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, meritano in effetti di essere rimarcate significative differenze tra le diverse gestioni, alcune delle quali vessano infatti in condizioni di forte squilibrio. 

Sono 4 le gestioni obbligatorie INPS con saldi positivi, e in recupero rispetto al 2020 anche grazie al progressivo contenimento della pandemia da COVID-19: i lavoratori dipendenti che - al netto delle gestioni speciali poi confluite nel FPLD - presentano un attivo di 11.548 milioni (erano 1.203  l’anno precedente); i commercianti, che salgano da 607 a 654 milioni;  i lavoratori dello spettacolo ex ENPALS con 288 milioni (erano 150 nel 2020); e, infine, la Gestione Separata dei lavoratori parasubordinati. Con un saldo che passa da 6.819 a 7.700 milioni, quest’ultima risulta indubbiamente favorita dall’istituzione piuttosto recente, avvenuta nel 1996, e dunque dal numero ancora ridotto di pensionati, spesso peraltro percettori di assegni dall’importo contenuto. Con la sola eccezione dell’INPGI, l’ente previdenziale dei giornalisti, bilanci positivi anche per le Casse privatizzate dei liberi professionisti, per un saldo positivo complessivo di 3.692 milioni che beneficia, proprio come i parasubordinati, soprattutto di un buon rapporto attivi/pensionati.

Tutte le altre gestioni presentano invece disavanzi: se il più elevato è appunto quello dei dipendenti pubblici, con un saldo negativo di 37.479 milioni che comunque si ridurrebbe se venisse computato nelle entrate il contributo aggiuntivo dello Stato alle Casse pensione dei dipendenti statali (pari a 10.800 milioni), seguono per dimensione del passivo il fondo ex Ferrovie dello Stato, i fondi ex INPDAI, la gestione degli artigiani e, quindi, il fondo CDCM (coltivatori diretti, coloni e mezzadri). 

 

I dati di dettaglio delle principali gestioni INPS: focus sui lavoratori dipendenti

Concentrandosi in questa sede soprattutto sull’INPS, che da sola rappresenta circa il 96% del sistema pensionistico nazionale, vale quindi la pena di analizzare ulteriormente nel dettaglio l’andamento di alcune delle principali gestioni, anche allo scopo di farsi un’idea (alla luce dei dati 2021, ultimo anno disponibile per l’analisi) più precisa dei possibili scenari post-pandemici. 

Premessa indispensabile a farsi è che l’aggregato dei fondi pensione dei lavoratori privati comprende, oltre al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti in senso stretto (FPLD), anche i dati relativi alla gestione dei dirigenti di aziende industriali (ex INPDAI) e alle gestioni degli ex fondi speciali (fondo trasporti, telefonici, elettrici) che, con contabilità separate, sono confluiti nel tempo al suo interno. Guardando però al FPLD in senso stretto,che rappresenta peraltro la gestione previdenziale numericamente più significativa del comparto, il saldo previdenziale al 2021 è positivo per 11.548 milioni di euro, nettamente superiore ai 1.203 milioni del 2020, dato fortemente condizionato da COVID-19: nel dettaglio, le entrate contributive ammontano a 115.591 milioni, comprensivi anche degli apporti della GPT e della GIAS per le contribuzioni figurative relative alle prestazioni di sostegno al reddito, mentre le uscite per prestazioni (al netto GIAS) risultano pari a 104.043 milioni.  

Tabella 1 - Fondo Pensioni Lavoratori DipendentiTabella 1 - Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti
Fonte: Decimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali

D’altra parte, come per gli anni precedenti, il risultato complessivo del fondo lavoratori dipendenti è invece condizionato negativamente dagli ex fondi speciali che, nel loro complesso, presentano un saldo negativo di 8.800 milioni: malgrado l’esigua rappresentatività (si tratta del 5% del totale dei lavoratori privati) pesano sui conti INPS anche le prestazioni di miglior favore erogate ai vecchi iscritti. Un fenomeno che riguarda tuttavia le sole pensioni di più vecchia data e “in esaurimento”, considerata la progressiva armonizzazione delle regole di calcolo e pensionamento introdotta a partire dalla riforma Dini. 

A causa del disavanzo importante, tra i fondi meritevoli di particolare attenzione anche la gestione dei dipendenti pubblici (ex INPDAP): al netto del contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro, lo Stato per l’appunto, il passivo 2021 è in questo caso il risultato di 41.102 milioni di entrate contributive e 78.581 milioni di uscite, con un aumento della spesa pensionistica del 2,63% imputabile più all’effetto sostituzione che all’inflazione. 

Tabella 2 - Fondo dipendenti pubblici (ex INPDAP)
Tabella 2 - Fondo dipendenti pubblici (ex INPDAP)
Fonte: Decimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali

A incidere sul trend diversi fattori. Va innanzitutto considerato che, a causa del blocco del turnover degli scorsi anni – i dipendenti pubblici in attività si sono sì ridotti nel tempo,  salvo però registrare un lieve aumento nel 2021, con un incremento di 12mila unità rispetto al 2020, per un totale di 3.318.000 dipendenti. Se le entrate sono dunque migliorate come diretta conseguenza della più numerosa platea dei contribuenti, lo stesso non si può dire per la spesa per prestazioni, che ha evidenziato un aumento costante dai 66.871 milioni del 2015 ai 78.581 milioni rilevati dal Decimo Rapporto. Complici, nel 2020 e nel 2021, le misure di flessibilità in vigore e in particolar modo di Quota 100, che nel proprio periodo di vigenza è stata utilizzata da 128.601 dipendenti pubblici. 

Il futuro della gestione è però ancora da scrivere. Dal 2022, nonostante il permanere di qualche forma di flessibilità tipo Quota 102, peraltro utilizzata meno del previsto, il personale dovrebbe aumentare per il massiccio potenziamento degli organici della pubblica amministrazione e, quindi, anche le entrate contributive dovrebbero tornare a crescere significativamente. 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

22/3/2023

 
 

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