"Regionalizzare la previdenza": un breve focus sul settore privato

La forte situazione di disequilibrio evidenziata dall'ultima Regionalizzazione Itinerari Previdenziali trova conferma anche guardando al solo bilancio del settore privato INPS: i dati di dettaglio su entrate contributive e uscite per prestazioni

Mara Guarino

Nel 2021 (ultimo anno di rilevazione al momento disponibile) il bilancio pensionistico/previdenziale italiano – inteso come differenziale delle entrate e uscite delle gestioni INPS privati, INPS ex INPDAP per i dipendenti pubblici e delle Casse di Previdenza dei liberi professionisti – ha mostrato un disavanzo di 48,68 miliardi sul quale, dall’analisi per macroaree condotta dall’ultima Regionalizzazione curata dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, sembrano incidere anche pesanti disparità territoriali. Basti, ad esempio, pensare che solo 9 delle 20 regioni del Paese presentano entrate contributive e uscite per prestazioni prossime a quel rapporto del 75% che avvicinerebbe maggiormente il sistema a punto di equilibrio: bene il Centro trainato dal Lazio e il Nord, con la sola eccezione di Piemonte e Liguria; particolarmente rilevanti, d’altro canto, i disavanzi del Mezzogiorno. 

Come cambiano però, ammesso che ci siano variazioni significative, i bilanci regionali restringendo il perimetro di osservazione al solo settore privato INPS? 

 

Un bilancio del settore privato: la mappa per macroarea delle entrate contributive

Nel 2021 il totale delle entrate contributive INPS relative al comparto lavoratori del settore privato è ammontato a 148,58 miliardi. Di questo importo, il 64% - vale a dire 95,134 miliardi - proviene dalle 8 regioni del Nord; il Centro concorre con 29,764 miliardi (il 20%), mentre le 8 regioni del Mezzogiorno con 23,683 miliardi di euro, corrispondenti al 16% del totale. Giusto per avere un ordine di confronto, la Lombardia versa da sola il 26,9% del totale, cioè 39,959 miliardi, quasi il doppio dell’intero Sud: sintomo di chiare ed evidenti anomalie. Tra le 4 regioni del Centro, il Lazio – che può contare anche sulla radicata presenza della pubblica amministrazione e, più in generale, di istituzioni italiane e straniere – versa il 9,7%, mentre al Sud regioni piuttosto popolose come, ad esempio, la Campania e la Sicilia si fermano  rispettivamente al 4,4% e al 3,3% delle entrate contributive.  

Una situazione di disparità troppo marcata, secondo Itinerari Previdenziali, per rispecchiare fedelmente la reale situazione socio-economica del Paese e che, oltretutto, non cambia guardando al versamento medio pro-capite. In base alla popolazione residente nel 2021, ciascun abitante del Nord versa in media 3.461,11 euro l’anno, il Centro versa 2.525,14 euro pro-capite, mentre il Sud si ferma a quota 1.186,33 euro. Semplificando, un terzo di quanto viene versato al Nord e la metà di quanto corrisposto dagli abitanti delle 4 regioni del Centro. 

Ancora una volta, scendendo nel dettaglio, risulta che è la Lombardia ad avere le entrate per abitante più alte con 4.003,31 euro; seguono quindi Emilia-Romagna, Trentino Alto-Adige e Veneto, con quote superiori ai 3.300 euro. Al Centro prevale invece la Toscana con 2.634,22 euro, seguita dalle Marche che battono il Lazio, con versamenti intorno ai 2.500 euro. Nessuna regione del Mezzogiorno arriva infine a superare i 1.700 euro, con l’eccezione dell’Abruzzo (1.791,44), seguito dalla Sardegna con 1.419,91 euro e dalla Basilicata con 1.375,56 euro; fanalino di coda la Calabria con un versamento pro-capite di 847,43 euro. 

 

Un bilancio del settore privato: la mappa per macroarea delle uscite per prestazioni

Nello stesso anno le uscite totali per prestazioni relative al settore privato registrate dall’INPS sono state pari a 182,542 miliardi. Sulle uscite totali il Nord pesa per 105,15 miliardi, pari al 57,6%, contro il 19,7% del Centro (pari a 36 miliardi di euro), e il 22,7% del Sud che, con 41,36 miliardi, presenta di fatto uscite quasi doppie rispetto alle entrate. Come ben evidenziato dal documento, la ripartizione per macroaree non presenta peraltro neppure grandi variazioni lungo la serie storica, a riprova di un quadro piuttosto statico  nel tempo soprattutto nel Mezzogiorno, dove pur si è provato a intervenire nel tempo attraverso forme di defiscalizzazione degli oneri sociali e benefici assistenziali, rivelatisi tuttavia controproducenti nel rilancio di tassi di occupazione e produttività del Sud Italia. 

Nel dettaglio, l’analisi delle prestazioni temporanee operata nella pubblicazione mostra, infatti, un ulteriore deterioramento della situazione produttiva evidenziato dall’uso intensivo di ammortizzatori sociali, quali la disoccupazione agricola e non agricola, la cassa integrazione nelle sue varie forme, la NASpI e le indennità di maternità e malattia. Tanto che, nonostante il tasso di occupazione nel Nord (68,1%) sia di 21,4 punti percentuali superiore a quello del Sud (46,7%) e il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali (14,3%) sia quasi tre volte quello del Nord (5,1% al primo trimestre 2023), il Mezzogiorno assorbe la stessa percentuale di prestazioni temporanee del SettentrioneAd esempio, la Calabria primeggia per indennità di malattia e maternità e consuma oltre la metà delle integrazioni salariali agricole (2,9 miliardi su un totale Italia di 5,4); la Sicilia riceve per NASpI, disoccupazioni e integrazioni salariali, 1,4 miliardi ed è seconda per trattamenti di famiglia. 

 

Alla ricerca di equilibrio tra entrate e uscite: il saldo per Regione al 2021

Guardando sempre al solo settore privato INPS, il saldo tra entrate e uscite per il 2021 presenta dunque un disavanzo complessivo di 33,96 miliardi, con un bilancio ancora una volta sfavorevole soprattutto nei riguardi del Sud del Paese anche nel confronto con il 2015, anno preso a riferimento dalla precedente edizione della Regionalizzazione Itinerari Previdenziali. In particolare, il Mezzogiorno peggiora  e assorbe il 52,06% dell’intero deficit annuale per 17,68 miliardi (assorbiva il 49,89% nel 2015 con un disavanzo di 21 miliardi), il Centro resta stabile e produce il 18,45% del deficit (18,86% nel 2015 con 7,9 miliardi), mentre il Settentrione migliora e produce il 29,49% del deficit (31,25% e 13,16 miliardi nel 2015). 

Figura 1 – Entrate e uscite per prestazioni per Regione (anno 2021, valori in milioni di euro) 

Figura 1 – Entrate e uscite per prestazioni per Regione (anno 2021, valori in milioni di euro)

Fonte: Settimo Rapporto “La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano”

In rapporto alla popolazione residente, ogni abitante del Nord paga 3.461,11 e riceve 3.825,52 euro l’anno, il Centro paga 2.525,14 euro e ne prende 3.056,60, il Sud paga 1.186,33 euro e ne riceve 2.072,04. Rapportato alla popolazione significa che lo Stato, per il solo sistema pensionistico, trasferisce a ogni abitante del Sud 886 euro l’anno contro i 531 del Centro e i 364 del Nord: i trasferimenti più rilevanti vedono come beneficiari al Nord i liguri (-1.389,16 euro per abitante) e i piemontesi (-1.230,21euro) e la regione a statuto speciale Valle d’Aosta (-1.157,75); al Centro gli umbri (-1.159,73 euro) e al Sud i calabresi (-1.288,78 euro), i molisani (-1.123,01 euro) e i pugliesi (-1.025,92 euro). 

Dati che si riflettono inevitabilmente anche sull’andamento dei tassi di copertura, indicatori utili a capire quanto i contributi versati da ogni singola Regione coprono effettivamente le uscite per prestazioni: a fronte di una media italiana, per il settore privato, pari all’81,4%, il Nord si attesta al 90,47%, il Centro all’82,61% e il Sud a un modesto 57,25%. Guardando alle singole realtà territoriali, le uniche Regioni con un valore positivo sono il Trentino-Alto Adige con il 102,29% e la Lombardia con un tasso pari al 101,42%; seguono quindi il Veneto con 96,6%, il Lazio (92,81%) e l’Emilia-Romagna (89,75%). Addirittura sotto al 60% invece Sardegna, Basilicata, Puglia, Molise, Sicilia e Calabria, ferma addirittura al 39,67%. 

L’ennesimo segnale di una situazione meritevole – al netto di intenti ideologici, propagandistici o persecutori – di maggiore attenzione da parte di media, parti sociali e politica, con quest’ultima in particolare chiamata a interventi concreti che possano finalmente rilanciare produttività, crescita e sviluppo del Mezzogiorno. 

Mara Guarino, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

20/11/2023

 

 

 
 

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