TFR in azienda o nel fondo pensione? Cosa cambierebbe con il silenzio-assenso bis

Un emendamento alla Legge di Bilancio 2025 potrebbe riaccendere un faro sull'opportunità di aprire un nuovo semestre di silenzio-assenso per la scelta di destinazione del proprio TFR: fondo pensione o azienda?

Michaela Camilleri

Tra gli emendamenti alla Legge di Bilancio in discussione in questi giorni, è stato riammesso anche quello che prevede l’introduzione di un nuovo semestre sperimentale di silenzio-assenso a partire dall'1 gennaio 2025 con l’obiettivo di rafforzare il sistema dei fondi pensione: per coloro che entro sei mesi non dovessero esprimersi sulla destinazione del proprio TFR, scatterebbe il trasferimento automatico alla previdenza complementare. Il primo silenzio-assenso risale al 2007, anno di avvio della riforma della previdenza complementare, e diede un impulso significativo al sistema dei fondi pensione, con un aumento del numero di iscritti pari al 43,2%, da 3,2 milioni a oltre 4,5 milioni. Negli anni successivi la spinta inizialmente offerta dall’introduzione di questo meccanismo andò a esaurirsi e oggi il numero complessivo di ingressi nel sistema avvenuti attraverso la modalità tacita si attesta a circa 450mila (dato di fine 2022)Dunque, un silenzio-assenso bis potrebbe dare una nuova spinta alle adesioni, soprattutto se accompagnato da solida campagna informativa incentrata sull’educazione previdenziale e finanziaria.

L’emendamento è, tuttavia, molto discusso in quanto la questione delle coperture non è ancora del tutto chiara anche in considerazione del fatto che la misura potrebbe sottrarre risorse al Fondo di Tesoreria INPS che solo nell’anno 2023 ha raccolto oltre 6 miliardi di euro di TFR. Stando alle stime riportate nell’ultima Relazione COVIP, infatti, dei circa 31,3 miliardi di TFR generati dal sistema produttivo nel 2023 solo 7,8 miliardi, pari a circa il 25%, sono stati versati a forme di previdenza integrativa, altri 17,3 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende e 6,1 miliardi sono stati destinati al citato Fondo di Tesoreria. Complessivamente, dall’avvio della riforma nel 2007, su 438 miliardi di TFR, 241,9 miliardi (55,3% del totale) sono rimasti in azienda; 98,5 miliardi (22,5%) sono confluiti nel Fondo di Tesoreria, mentre la parte destinata alla previdenza complementare è stata di 97,3 miliardi di euro (22,2%). 

Figura 1 – Le modalità di utilizzo del TFR generato dal sistema produttivo (importi in milioni di euro)

Figura 1 – Le modalità di utilizzo del TFR generato dal sistema produttivo (importi in milioni di euro)

Fonte: Relazione COVIP  per l’anno 2023

 

Come funziona il conferimento del TFR tramite silenzio-assenso

La normativa in vigore prevede che il lavoratore disponga di diverse opzioni riguardo alla destinazione del TFR maturando: 

- far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità tacita, tramite silenzio-assenso: se entro sei mesi dalla prima assunzione il lavoratore non ha effettuato alcuna scelta, il datore di lavoro fa confluire il TFR maturando alla forma previdenziale collettiva di riferimento per il lavoratore o, in mancanza di questa, al fondo Cometa (a seguito del decreto ministeriale di soppressione di FONDINPS entrato in vigore nell’agosto del 2020);

- far confluire il TFR a una forma di previdenza complementare con modalità esplicita: il lavoratore può decidere di versare il proprio TFR alla forma previdenziale prescelta investendo, oltre al TFR maturando, anche una quota di contribuzione aggiuntiva (propria ed eventualmente del datore di lavoro) che sarà interamente deducibile dal reddito complessivo entro la soglia annua di 5.164,57 euro;

- mantenere il regime il TFR in azienda con modalità esplicita: accantonandolo presso l’azienda di appartenenza nel caso quest’ultima abbia meno di 50 dipendenti ovvero, nell’ipotesi di un numero di dipendenti pari o superiore a 50, destinandolo al Fondo di Tesoreria dell’INPS.

Con il silenzio-assenso bis, verrebbe di fatto riproposta una finestra di sei mesi durante la quale il lavoratore deve esprimersi in merito alla destinazione del proprio TFR secondo le modalità appena descritte, oggi valide per le prime assunzioni.

 

TFR in azienda o al fondo pensione: rivalutazione o rendimento?

Se lasciato in azienda, il TFR viene rivalutato in misura prestabilita al tasso fisso dell’1,5%, cui aggiungere la componente variabile pari al 75% del tasso di inflazione rilevato da Istat. 

Aderendo alla previdenza complementare, invece, il TFR conferito che andrà ad alimentare il montante finale viene investito sui mercati finanziari e sarà valutato in base ai risultati della gestione finanziaria del fondo prescelto. Su un orizzonte temporale molto lungo (come l’intera carriera lavorativa se si decide di aderire fin da subito) si ha così la possibilità di partecipare al rialzo dei mercati e compensare eventuali ribassi registrati. Posto che il rendimento finanziario non è l’unico aspetto da considerare nella scelta di conferire o meno il proprio TFR al fondo pensione, occorre valutare i rendimenti su orizzonti coerenti con le finalità del risparmio previdenziale: nei 10 anni da inizio 2014 a fine 2023 il rendimento medio annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato pari al 2,4% per i fondi negoziali, al 2,5% per i fondi aperti, al 2,7% per i PIP di ramo III; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’1,7% annuo. Dunque, già a 10 anni i fondi pensione mostrano risultati più elevati rispetto al TFR, uno dei più importanti parametri obiettivo insieme all’inflazione e alla media quinquennale del PIL. 

Figura 2 – Rendimenti netti medi dei fondi pensione e rivalutazione del TFR (dati a dicembre 2023)

Figura 2 – Rendimenti netti medi dei fondi pensione e rivalutazione del TFR (dati a dicembre 2023)

Fonte: COVIP

Osservando poi la distribuzione dei rendimenti dei singoli comparti tra le diverse tipologie di fondi e le diverse linee di investimento, i comparti caratterizzati da una maggiore esposizione azionaria mostrano rendimenti più elevati rispetto agli altri e al TFR: il rendimento netto dei comparti azionari a 10 anni per i fondi negoziali è pari al 4,4%, per i fondi aperti al 4,5% e per i PIP al 4,2%. Vien da sé l’importanza di scegliere la linea di investimento più adeguata posizionandosi su comparti a maggior contenuto azionario in età più giovani e spostandosi verso comparti meno rischiosi all’avvicinarsi dell’età di pensionamento, così da ridurre la propria esposizione al rischio per consolidare la propria posizione e non intaccare il capitale accumulato.

 

TFR in azienda o al fondo pensione: la fiscalità

Allo stesso tempo, confrontare direttamente il TFR con i fondi pensione considerando solo il differenziale di rendimento è un’analisi troppo semplificata. È fondamentale considerare il trattamento fiscale delle due opzioni: spesso si tralascia di considerare l’imposta sostitutiva del 17% applicata al trattamento di fine rapporto, confrontando il rendimento lordo del TFR con il rendimento netto dei fondi pensione. Inoltre, sotto l’aspetto fiscale c’è da tenere conto anche della differenza di tassazione al momento dell’erogazione del TFR: 

- se è stato lasciato in azienda, al momento della sua liquidazione, sarà soggetto a tassazione separata su cui verrà applicata l’aliquota IRPEF media dei 5 anni antecedenti la cessazione dell’attività lavorativa (tra il 23% e il 43%); 

- nel caso di versamento al fondo pensione, invece, la prestazione pensionistica che verrà erogata sconterà una tassazione agevolata che dal 15% si riduce dello 0,3% per ogni anno di iscrizione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo fino a un minimo del 9%.

 

TFR in azienda o al fondo pensione: le modalità di utilizzo

E, se invece il lavoratore avesse bisogno di utilizzare il TFR in anticipo rispetto alla sua liquidazione ordinaria? Anche in questo caso vi sono alcune differenze che è bene valutare, in particolar modo con riferimento sia alle condizioni di accesso sia agli importi effettivamente utilizzabili.

Nel caso di TFR accantonato in azienda, l’anticipazione potrà essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro, a condizione che la richiesta non sia stata presentata da più del 10% degli aventi diritto e nel limite del 4% del totale dei dipendenti e verrà tassata come visto in precedenza. Al contrario, non c’è limite al numero di anticipazioni ottenibili dal fondo pensione che saranno invece assoggettate, nel caso di spese sanitarie, all’aliquota del 15% ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno di adesione oltre il quindicesimo (riduzione massima di 6 punti percentuali); in tutte le altre casistiche verrà applicata una ritenuta a titolo di imposta con aliquota fissata al 23%.

Figura 3 - Richieste di anticipazione: TFR al fondo o in azienda a confrontoFigura 3 - Richieste di anticipazione: TFR al fondo o in azienda a confronto
sintesi a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

Inoltre, occorre considerare che le somme richieste a titolo di anticipazione al fondo pensione possono essere successivamente reintegrato con uno o più versamenti che possono anche superare la soglia annuale di 5.164,57 euro e comunque in esenzione di imposta.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

2/12/2024 

 
 
 

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