Il 2023 in tre punti: inflazione, PIL ed energia

Energia, Prodotto Interno Lordo e inflazione sono i tre punti nodali che non solo hanno caratterizzato gli ultimi mesi ma che, almeno in base all'analisi prodotta dall'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), condizioneranno profondamente anche l'avvio del 2023 

Lorenzo Vaiani

Sta per concludersi un anno particolarmente difficile sotto molteplici punti di vista: l’inflazione, almeno nei Paesi occidentali, è arrivata a livelli prossimi alla doppia cifra, la guerra scoppiata nel cuore dell’Europa sembra lontana dalla sua conclusione, le Banche Centrali dell’Unione europea e degli Stati Uniti nel corso delle rispettive ultime riunioni dell’anno hanno nuovamente aumentato i tassi di interesse e i mercati globali, sia obbligazionari che azionari, sono in profondo rosso. Un quadro tanto disarmante quanto allarmante che sicuramente avrà ripercussioni nel breve e medio periodo, quantomeno per i prossimi 2 o 3 anni.

Utilizzando l’Outlook prodotto dall’OCSE lo scorso novembre è possibile allora analizzare cosa ci aspetta nel  prossimo futuro e, in particolare, il 2023 in dirittura d'arrivo nei tre punti nodali che, con ogni probabilità, lo caratterizzeranno.

 

Inflazione

Grazie alla figura 1, che riporta le previsioni dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, è possibile osservare come l’inflazione nei diversi Paesi europei dovrebbe assestarsi per il 2023 intorno al 6,5% (6,53% per l’Italia), con il dato massimo previsto per la Germania (8%) mentre quello minimo per la Francia (5,9%), per poi ridursi in maniera importante nel 2024 a un valore pari a circa il 3%. Situazione diversa, invece, sull’altra sponda dell’Atlantico. Infatti, per gli Stati Uniti già dall’anno prossimo il livello inflattivo dovrebbe essere pari a circa il 3,5%, per poi scendere intorno al 2,8% nel 2024.

La spiegazione dietro a questi diversi andamenti è rintracciabile in una duplice motivazione: da un lato, la FED è intervenuta prima e in maniera più intensa sui rialzi dei tassi base e, dall’altro, va considerata la natura stessa dell’inflazione che caratterizza le due aree. Infatti, se quella statunitense può essere considerata come un’inflazione endogena, dovuta alla forte ripresa della domanda interna, lo stesso non si può dire per quella europea, spinta sì da un incremento della domanda, ma trainata soprattutto dagli esorbitanti costi dell’energia. 

Figura 1 - Previsioni di crescita per inflazione e PIL, anni 2023-2024

Figura 1 - Previsioni di crescita per inflazione e PIL, anni 2023-2024

Fonte: OECD Economic Outlook 2022

Situazione ulteriormente diversa si rintraccia in Cina dove, anche a causa del protrarsi delle dure misure contenitive legate a COVID-19, non è ancora cominciata la fase di forte ripresa post-pandemica e, dove, grazie alla totale mancanza di problemi rispetto agli approvvigionamenti energetici non si sono verificate spinte inflattive correlate. Il che si traduce in livelli di inflazione che dovrebbero attestarsi intorno al 2,2/2%. Nel caso cinese, tuttavia, il condizionale - ancora più che per gli altri Paesi - è d’obbligo visto lo scenario mutevole dovuto alle recenti proteste contro le stringenti misure restrittive e che sembrerebbero aver spinto il governo di Pechino verso un allentamento delle maglie; allentamento che, seppure leggero, potrebbe portare a una non trascurabile spinta dei prezzi, viste anche le imponenti dimensioni demografiche del Paese. 

 

PIL 

Il secondo snodo è rintracciabile nell’andamento del Prodotto Interno Lordo. Per il nostro Paese, così come per gli USA, viene ipotizzata una crescita di circa lo 0,2% per il 2023, più contenuta dunque rispetto a quanto previsto dalla NADEF dello scorso autunno, che stimava un +0,6%, e a cui dovrebbe seguire nel 2024 un ulteriore aumento di circa un punto percentuale. Discorso leggermente migliore se si allarga lo sguardo all’intera area Euro per la quale viene stimata una crescita superiore rispetto a quella italiana di poco meno di mezzo punto percentuale sia per il 2023 sia per il 2024, e rispettivamente pari al +0,6% e al +1,4%.

All’interno dell’area Euro, in base alle proiezioni OCSE, l’anno prossimo dovrebbe essere segnato da una leggera contrazione del PIL tedesco (-0,3%) cui dovrebbe far seguito una non trascurabile ripresa nel 2024 (+1,5%). Tuttavia, dal grafico emerge in maniera evidente come la crescita più elevata - quasi 7 volte più ampia rispetto a quanto previsto per l’area Euro nel 2023 - sarà rilevata in Cina, con un incremento del PIL tra il 4,5% e il 4% nel prossimo biennio. Un forte incremento spiegabile, oltre che con la forte spinta espansiva che ha caratterizzato il Paese negli ultimi 10/15 anni, anche con l'ingresso in una fase di ripresa dal periodo pandemico che ha caratterizzato in maniera particolarmente negativa la Cina negli ultimi 3 anni. Si rafforza dunque quanto scritto poco sopra: le previsioni di crescita dell’inflazione, così come quelle del PIL, per il prossimo biennio saranno molto legate alle misure che il governo di Xi Jinping deciderà di prendere per il contrasto a COVID-19. 

 

Energia 

Passiamo ora all’ultimo punto nodale dell’imminente futuro, l’energia. La figura 2 mostra l’evoluzione negli ultimi 50 anni della spesa media per energia, calcolata rispetto ai consumi e ai prezzi finali, per un Paese membro dell’OCSE in percentuale sul PIL. Come si osserva chiaramente, i picchi più alti sono stati registrati in occasione delle due crisi petrolifere e nel corso dell’ultimo anno. In media, nell’ultimo mezzo secolo, un Paese OCSE spendeva poco meno del 12% del proprio PIL per gli approvvigionamenti energetici (petrolio, gas, carbone ed elettricità). Addirittura, tra il 2015 e il 2021 il costo per l’energia era pari al 10%, mentre nell’ultimo anno è stato del 17,7%, dato più alto dal 1979, quando è stata raggiunta la medesima percentuale, e di circa 1 punto percentuale più elevato rispetto al 1973 (16,8%).

Figura 2 - Andamento della spesa media per energia in percentuale di PIL, 1972-2022

Figura 2 - Andamento della spesa media per energia in percentuale di PIL, 1972-2022

Fonte: OECD Economic Outlook 2022

Qualora si volesse poi considerare il corrispettivo valore per la sola area europea e relativo al 2022, si otterrebbe un dato di spesa ancora maggiore per via dei minori costi sostenuti da alcuni Paesi compresi nel dato medio come, ad esempio, gli Stati Uniti o il Giappone che non hanno risentito dello choc nell’offerta legato alla guerra in Ucraina. Un dato che esplicita quindi chiaramente quanto le scelte di approvvigionamento energetico, che negli scorsi anni avevano consentito all’Europa di avere grandi quantità di energia a basso costo, abbiano mostrato nell’attuale contesto geopolitico tutte le loro criticità. 

Portando ora l’attenzione su ciò che ci attende, la figura 3 mostra differenti scenari relativi all’andamento delle riserve energetiche per i prossimi due anni. Le ipotesi alla base di ciascuno dei 3 modelli proposti sono le seguenti: capacità di riserva pari al 90% a novembre 2022, cessazione delle importazioni di gas dalla Russia a partire dal dicembre 2022 e una produzione domestica in linea con quanto registrato tra il 2019-2021. Nello scenario migliore, ovvero quello caratterizzato da una contrazione della domanda di gas del 10% rispetto a quanto rilevato nel quinquennio 2017-2021, i diversi Stati europei dovrebbero essere in grado di superare sia l’inverno 22-23 che quello 23-24 senza scendere sotto il 30% delle riserve totali, ovvero il livello soglia sotto il quale si è ad alto rischio. Nello scenario intermedio, caratterizzato sempre da una riduzione della domanda di gas del 10% e una minore importazione di gas naturale liquefatto nella misura di circa il 60% a partire dal gennaio 2023, riusciremmo a superare l’inverno del 2023 e probabilmente anche quello del 2024 ma a condizione di intaccare in modo importante le cosiddette riserve strategiche. L’ultima ipotesi prevede una riduzione della domanda di gas del 10% e un inverno freddo, ovvero un consumo di gas pari al massimo registrato tra il 2017 e il 2021. In questo caso, non solo tra febbraio e marzo 2023 avremo abbondantemente superato la soglia critica del 30% di riserve di gas, ma addirittura tra dicembre 2023 e gennaio 2024 verranno completamente esaurite le riserve disponibili. Una situazione di gravissima e generalizzata carenza energetica. 

Figura 3 – Scenari di previsione dell’andamento delle riserve energetiche

Figura 3 – Scenari di previsione dell’andamento delle riserve energetiche

Fonte: OECD Economic Outlook 2022

In conclusione, volge al termine un anno che nelle aspettative dei più doveva segnare la fine del biennio pandemico e l’inizio di una generalizzata ripresa. Lo scenario, purtroppo, è via via andato peggiorando durante l’anno e ha portato importanti sfide, in particolare per il Vecchio Continente. Tuttavia, in ogni sfida si celano nuove opportunità: la quasi totale chiusura delle forniture di gas dalla Russia può essere un ulteriore motore per la transizione verso fonti energetiche rinnovabili; la spinta inflattiva che ha eroso il potere d’acquisto può essere un’occasione per ripensare strumenti a sostegno di famiglie e lavoratori, come ad esempio il welfare aziendale, senza dubbio già utilizzato da grandi aziende e multinazionali ma da rendere più facilmente fruibile anche dalle PMI; il forte rallentamento registrato nelle diverse catene di approvvigionamento, dovuto alle misure contenitive ancora presenti in molti Stati dell’Asia, è un chiaro segnale dell’importanza dell’riavvicinare e accorciare le distanze dei luoghi di produzione.

Molte le sfide, dunque, ma altrettante le opportunità: starà all’Occidente saperle cogliere.

  Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

28/12/2022

 
 
 

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