Il Generale Inverno, da nemico a opportunità per l'energia italiana

Con l'inverno prossimo alla conclusione, le tanto temute conseguenze delle mancate forniture di gas dalla Russia, almeno per il momento, sembrano essere state schivate: per affrontare anche le prossime stagioni fredde senza criticità, appare però evidente la necessità di un cambio di rotta sul tema "energia"

Lorenzo Vaiani

Uno degli alleati preziosi e maggiormente fedeli della Russia è da sempre il rigido inverno del Nord. Infatti, l’impero zarista prima e l’Unione Sovietica poi sono riusciti a sconfiggere due tra i più pericolosi e temuti avversari delle rispettive epoche anche grazie all’aiuto del Generale Inverno. Non è da escludere, anzi tutt’altro, che Vladimr Putin non abbia riposto più di qualche speranza nell’aiuto che storicamente l’inverno ha saputo dare a Mosca. In questo caso, tuttavia, la strategia sarebbe dovuta essere tanto più fine quanto più complessa: “affamare” l’Europa di gas per convincerla a non intromettersi nel conflitto ucraino. A causa dell’estrema dipendenza dal gas russo, molti analisti avevano infatti sollevato la preoccupazione della potenziale difficoltà per il Vecchio Continente di superare incolume l’inverno.

Se al conflitto russo-ucraino e alla decisione di Mosca di ridurre drasticamente le forniture di gas in risposta alle sanzioni occidentali, si aggiunge lo strappo nella condizione pandemica globale - con Europa e Stati Uniti che sembrano aver superato almeno sulla carta i problemi legati a COVID-19 a differenza del continente asiatico, dove sono tuttora in atto diffusi e duri lockdown - si crea una miscela altamente pericolosa. La combinazione di questi due macro-fattori ha di fatto provocato almeno due effetti tra loro sono intrinsecamente legati: da un lato, l’enorme spinta inflattiva registrata nei Paesei europei e negli Stati Uniti e, dall’altro, la forte instabilità nonché volatilità dei mercati a livello globale.

Per quanto riguarda l’inflazione, gli ultimi dati Istat mostrano come nel nostro Paese il punto più alto dovrebbe essere stato toccato lo scorso dicembre, quando il livello inflattivo ha raggiunto l’11,6%, per poi scendere leggermente di circa un punto percentuale nel corso del primo mese del 2023. Dinamica analoga si è registrata anche a livello europeo, soprattutto in quei Paesi come la Germania che, allo stesso modo dell’Italia, ha avuto un’importante componente della spinta inflazionistica legata alla dimensione energetica. 

Naturalmente i mercati finanziari, e non solo, hanno risentito fortemente dell’elevata incertezza e criticità che ha caratterizzato il palcoscenico mondiale per tutto il 2022; scenario cui occorre aggiungere le importanti e decise misure messe in atto dalle Banche Centrali di molti Stati, Europa e Stati Uniti fra tutti: una serie di rialzi dei tassi di interesse volti a porre un freno all’impetuoso e costante aumento dei prezzi.  Basti pensare che,  sul versante degli indici obbligazionari, a fine 2022, il JPM global ha perso il -13%, mentre il Merril Lynch global gov ha fatto registrare un -12%. Si tratta di perdite difficilmente recuperabili nei prossimi 12/18 mesi. Ancora peggio però quanto accaduto sui mercati azionari: dopo il consistente recupero del 202,  i listini azionari sono tornati in terreno negativo segnando a fine 2022 performance negative su tutti le principali Borse (FTSE MIB -13%, EUROSTOXX -11%, S&P -21%, NASDAQ -35%). 

Tornando al punto iniziale del discorso, l’ipotizzata strategia russa di affamare l’Europa di gas, almeno per questi mesi, parrebbe non aver funzionato. Ormai, infatti, siamo entrati nella seconda metà della stagione fredda e, grazie a uno degli inverni più miti registrati negli ultimi anni (a riprova, basti pensare che il 2022 è stato per l’Italia l’anno più caldo sia in termini di temperatura media sia di massima da quando vengono rilevati dati analoghi). Clima mite cui bisogna aggiungere un’importante strategia di accumulo delle riserve di gas, grazie alla quale dovremmo almeno per il momento aver scongiurato i pericoli maggiori. Tuttavia, il prossimo inverno rischia di mettere ancora più a dura prova il nostro Paese. Infatti, con ogni probabilità, l'Italia non potrà più fare affidamento sulle forniture dalla Russia e dovrà trovare altre fonti e canali di approvvigionamento: proprio su questo punto emergono molteplici criticità.

È innegabile, infatti, che lo scenario geopolitico e geoenergetico verificatosi nel corso dell’ultimo anno e particolarmente avverso, almeno per l’Europa a causa del conflitto russo-ucraino, ha posto in evidenza come le scelte strategiche di approvvigionamento energetico messe in atto nel corso degli ultimi 3 lustri siano risultate non propriamente lungimiranti. I dati forniti da Eurostat lo mostrano in modo chiaro: nel nostro Paese la produzione elettrica da rinnovabili è pari al 37%; l'Austria ricava dalle rinnovabili il 78,2% della propria energia, la Svezia il 74,5%, la Danimarca il 65,3%, il Portogallo il 54%, e la Spagna è al 42,9%. L'Italia è lenta: dal 2011 al 2020 ha installato appena 0,8 gigawatt di "nuove fonti pulite" all'anno preferendo, come la Germania, usare il gas russo a buon mercato. Dati alla mano, i paragoni con gli altri Paesi sono quindi impietosi. Le pale eoliche italiane producono 18,8 TWh, il 6,1% dei consumi nazionali di elettricità. Il Paese del sole ricava 24,9 TWh dal fotovoltaico, appena l'8,5% della sua corrente; altri 47,6 TWh vengono dall'idroelettrico, il 15% del fabbisogno. Per avere un termine di confronto, basti pensare che la Svezia produce 27,4 terawattora di elettricità dall'eolico e progetta di arrivare a 46,9 TWh nel 2024. D'altro canto, la Danimarca ricava da questa fonte pulita il 56% dell'elettricità che consuma.

Pertanto, anche se questa volta il Generale Inverno non si è dimostrato il fedele e temuto alleato sul quale la Russia (forse) faceva affidamento, di certo non pare saggio provare a sfidarlo nuovamente. Quali, dunque, possono essere le idee, le strategie e le proposte che consentiranno di uscire definitivamente dall’inverno energetico? 

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

13/2/2023

 
 

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