Investitori istituzionali, strumenti "alternativi" per l'economia reale

Gli investitori istituzionali stanno maturando la consapevolezza di dover includere nelle proprie strategie di investimento anche prodotti "alternativi", traendone il duplice vantaggio della diversificazione e del sostegno all'economia reale italiana: un potenziale da circa 240 miliardi di euro a supporto di sistema produttivo, infrastrutture nazionali e PMI

Mara Guarino

Un patrimonio in costante crescita e già in buona parte destinato a investimenti capaci di coniugare redditività e ricadute positive sul territorio, seppur con differenze sostanziali tra le diverse tipologie di investitori: per il 48,60% (tenendo conto anche della quota nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione con il Sud), nel caso delle Fondazioni; per il 16,31% nel caso delle Casse Privatizzate dei liberi professionisti (era il 14,6% l’anno precedente) e per il 3,00% e il 3,20% nel caso di Fondi Pensione Negoziali e Preesistenti.  Quello degli investitori istituzionali italiani è un “tesoretto” da 240 miliardi di euro che, almeno in parte, potrebbe essere destinato a finanziare PMI italiane, infrastrutture e real estate

Figura 1 - Gli investimenti in economia reale degli investitori istituzionali italiani (anno 2018)

Figura 1- Gli investimenti in economia reale degli investitori istituzionali italiani (anno 2018)

Fonte: Sesto Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2018”

È a partire da queste considerazioni che il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Borsa Italiana hanno dato il via al confronto tra investitori istituzionali, esperti del settore e associazioni di categoria nel 2018, un momento di condivisione di buone pratiche, esperienze e criticità da affrontare proseguito anche nel corso del 2019, quando il Tavolo di Lavoro ha allargato la discussione anche alle PMI che hanno già usufruito dei capitali istituzionali per finanziarsi e avviare processi di innovazione e sviluppo. Dati e case history raccolti hanno in particolar modo evidenziato come in “soli” due anni siano stati compiuti numerosi passi in avanti. Ciascuno secondo propri obiettivi, caratteristiche e vincoli nei confronti di aderenti (o territori), un numero crescente di investitori istituzionali sta infatti esprimendo una concreta progettualità di apertura dei portafogli ad asset class alternative dedicate all’economia reale italiana mentre, d’altra parte, sono oggi a disposizione degli investitori molti più prodotti e strategie diversificate con focus sull’economia reale, altro concreto segnale del progresso compiuto a livello di sistema. Non solo, a  testimonianza del grande cambiamento in atto, va anzi addirittura segnalato che stanno nascendo moltissimi progetti di finanza alternativa con focus sull’economia reale anche per il pubblico retail. 

Come emerge dal confronto internazionale, esistono tuttavia ancora ampi spazi di mercato attraverso i quali gli investitori istituzionali possono essere maggiormente presenti come finanziatori dell’economia reale domestica: «Un maggior investimento nell’equity domestico del portafoglio core dei Fondi Pensione è ad esempio nei numeri ragionevole, visto il divario con gli altri Paesi. E potrebbe oltretutto essere perseguito attraverso scelte di investimento in aziende con forte vocazione ESG e quindi a sostegno della crescita sostenibile del Paese, tema sempre più rilevante e tanto più che la prossimità tra le aziende e gli investitori consentirebbe anche attività efficaci di engagement» ha commentato nel corso del Workshop conclusivo del Tavolo di Lavoro tenutosi ieri a Roma in Cassa Forense Alessandra FranzosiHead of Pension Funds & Asset Owners Borsa Italiana, curatrice insieme a Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi (Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali) di un Quaderno di approfondimento che riassume e approfondisce i principali spunti emersi dal ciclo di incontri condotti nel corso del 2019. «Questa non costituisce però l’unica soluzione – ha anche aggiunto Franzosi - soprattutto perché la stessa economia italiana è composta prevalentemente da PMI con un accesso ancora limitato al mercato dei capitali. Ragione per la quale una strada complementare è rappresentata dagli investimenti in asset alternativi italiani (piccole e medie imprese e infrastrutture in primis), oltre che in mid e small caps, il cui ampio potenziale potrà però essere pienamente sfruttato solo a patto di ridurre i vincoli all’accesso dal punto di vista degli investitori, delle best practice di mercato e attraverso la creazione di un’offerta adatta all’investimento istituzionale».

Sfide che il Tavolo di Lavoro ha affrontato provando a identificare concrete soluzioni e, soprattutto, ponendo l’accento sulla rilevanza di un’interlocuzione qualificata e sistematica degli investitori con i policy maker: «Mentre negli ultimi anni gli investitori istituzionali dimostravano una crescente consapevolezza circa la necessità di affrontare una congiuntura economica complicata indirizzando le proprie risorse verso mercati privati e, di conseguenza, verso l’economia reale – ha commentato Fragassi, curatore del progetto per il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali – il legislatore stava a guardare con una certa miopia, limitandosi a pochi provvedimenti, spesso parziali, poco decisivi o comunque dagli effetti positivi ancora ridotti rispetto al quadro generale. Questo però non deve “scoraggiare”: anzi, solo un significativo e non estemporaneo apporto dei loro capitali a supporto dell’economia domestica può essere la leva per chiedere maggiori incentivi fiscali e un ampliamento dei limiti quantitativi di investimento».

Quali dunque le possibili soluzioni in questa fase? Secondo Itinerari Previdenziali e Borsa Italiana, i 15 casi virtuosi che hanno accompagnato il percorso del Tavolo dimostrano l’importanza della condivisione, del dialogo e della partnership tra e con tutti gli attori del sistema (PMI incluse): un approccio che facilita il raggiungimento di soluzioni innovative condividendo obiettivi, processi e rischi finanziari e imprenditoriali e che ha tutte le potenzialità non solo per impedire che le eccellenze del Paese  finiscano in mano ai capitali esteri, ma anche per attrarre maggiori risorse “internazionali” verso gli asset italiani. Tra l'altro, l'unica strada per scongiurare il “realwhashing: termine con cui, stressando il concetto e facendo un parallelismo con il greenwashing, il Tavolo di Lavoro ha cercato di mettere in guardia dal potenziale rischio di dare troppa importanza alla teoria (e al marketing) a discapito di quel passaggio ai fatti e alla concretezza di cui il Paese avrebbe tanto bisogno. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali 

23/01/2020

 
 

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