Assistenza, quanto incide sugli squilibri regionali
Ben 12 Regioni italiane presentano un rapporto tra entrate contributive e uscite per prestazioni al di sotto della soglia di equilibrio del 75%. A incidere significativamente, secondo i dati elaborati dall'ultimo Rapporto Itinerari Previdenziali, l'eccesso di prestazioni assistenziali
Dallanalisi dei dati rielaborati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel Settimo Rapporto La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano presentato lo scorso 7 novembre al CNEL emerge unevidente disomogeneità tra le tre macroaree del Paese in termini di entrate contributive, uscite per prestazioni e relativi saldi di gestione.
Guardando alle gestioni INPS relative al settore privato, nel 2021 il 64% del totale delle entrate proviene dalle 8 regioni del Nord (95,134 miliardi di euro), il 20% dalle 4 regioni del Centro (29,74 miliardi) e il 16% dalle 8 regioni del Sud (23,683 miliardi). Venendo alle singole regioni, la Lombardia versa il 26,9% del totale entrate, pari a 39,959 miliardi, quasi il doppio dellintero Sud; seguono Veneto con il 10,9%, Emilia-Romagna con il 10,4% e Piemonte con 8,4%. Al Centro il Lazio versa il 9,7%, mentre al Sud regioni popolose come la Campania e la Sicilia versano rispettivamente il 4,4% e il 3,3%. Sul fronte opposto, al Nord fa capo il 57,6% delle uscite totali per prestazioni (105,15 miliardi), il 19,7% al Centro (36,03 miliardi) e il Sud il 22,7% con uscite che rappresentano quasi il doppio delle entrate (41,34 miliardi); la Lombardia assorbe il 21,6%, 5,3 punti in meno rispetto alle entrate, la Calabria il 2,2%, esattamente il doppio delle entrate; il Trentino e la Lombardia sono le uniche regioni con le uscite per prestazioni inferiori alle entrate. Conseguentemente, il saldo tra entrate e uscite per il 2021 presenta un disavanzo complessivo di 33,96 miliardi, di cui il Sud assorbe il 52% per 17,68 miliardi; il Centro produce il 18% del deficit e il Nord il 30%. Le regioni che presentano disavanzi pesanti sono Piemonte, Sicilia, Puglia, Campania, Toscana, Calabria e Liguria.
Figura 1 I tassi di copertura regionali delle gestioni INPS del settore privato nel 2021
Fonte: Settimo Rapporto La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano
Lindicatore che meglio riassume questi equilibri (o disequilibri, a seconda dei casi) regionali è il tasso di copertura, cioè quanto i contributi versati da ogni singola regione coprono le uscite per prestazioni. Il tasso di copertura per macro-aree è pari al 57,25% al Sud, 82,61% al Centro e 90,47% al Nord, trascinato al ribasso da Piemonte e Liguria colpite dagli effetti della deindustrializzazione iniziata negli anni Novanta e da un Friuli-Venezia Giulia che però si attesta sopra l81%. Le uniche regioni con un valore positivo sono il Trentino-Alto Adige con il 102,29%, il che significa che a fronte di 100 euro di prestazioni i residenti delle province autonome di Trento e Bolzano versano 102,29 euro di contributi, e la Lombardia con un tasso di copertura pari al 101,42%. Al terzo posto si classifica il Veneto con 96,6%; seguono Lazio ed Emilia-Romagna, mentre tutte le altre regioni stanno sotto il 77%. La Calabria resta il fanalino di coda con il 39,67%. Considerando il 75% come rapporto di equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni, ben 12 regioni su 20 si posizionano al di sotto di tale soglia, tra cui tutte le regioni del Mezzogiorno che, al netto dellAbruzzo con il 67,6%, si collocano addirittura sotto il livello del 65%.
Quali sono le cause di questo squilibrio regionale dei conti previdenziali?
Lanalisi dimostra che esiste una correlazione diretta tra saldi di gestione e tipologia delle prestazioni in erogazione: infatti, dove prevalgono saldi positivi e tassi di copertura intorno al 70% la maggior parte delle prestazioni sono di tipo previdenziale e quindi supportate da contributi realmente versati; viceversa, dove i tassi di copertura e i saldi sono fortemente negativi prevalgono prestazioni di tipo assistenziale, finanziate dalla fiscalità generale. La riprova si ottiene confrontando i tassi di copertura appena esaminati (figura 1) con la distribuzione regionale delle prestazioni assistenziali (figura 2). Fa eccezione la Liguria che, pur avendo un tasso di copertura basso 63,55%, ha poche prestazioni assistenziali pure, ma evidenzia la presenza di molte integrazioni al minimo e maggiorazioni sociali causate dalla deindustrializzazione pubblica e privata che è stata sostituita da attività con carriere discontinue, anche nel corso del medesimo anno (soprattutto nel settore turistico e balneare con fruizione di prestazioni a sostegno del reddito) e con modeste contribuzioni. Peraltro, Liguria e Friuli-Venezia Giulia sono le regioni più vecchie dItalia.
Figura 2 La distribuzione delle diverse tipologie di prestazioni per regione nel 2021
Fonte: Settimo Rapporto La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano
La dimostrazione della correlazione diretta si evince ancor più esaminando i due casi limite: in Emilia-Romagna, ad esempio, per ogni 100 prestazioni erogate 63,6 sono di vecchiaia (di cui 40 di anzianità con storie contributive medie di circa 37 anni di contributi); 19,7 sono prestazioni ai superstiti; 4,1 di invalidità previdenziale e solo 12,5 assistenziali. In Campania su 100 prestazioni solo 40,1 sono di vecchiaia (di queste solo 19,1 sono di anzianità); 19,5 ai superstiti, 6,5 di invalidità previdenziale e 33,9 assistenziali. Inoltre, al Sud e nelle Isole, una buona parte delle pensioni di vecchiaia sono integrate al minimo, perché ottenute a fronte di storie contributive modeste. Fino al 1992 bastavano infatti solo 15 anni di contributi (20 dopo le riforme), compresi i periodi di disoccupazione, per ottenere la pensione di vecchiaia.
Considerando anche altre componenti della spesa assistenziale, come ad esempio il reddito e la pensione di cittadinanza, il quadro si mostra ancora più chiaro: la Campania riceve il 16,21% della spesa assistenziale totale, pari a 34,2 miliardi di euro, pur avendo il 9,5% della popolazione italiana; seguono la Sicilia, che riceve il 13,6% del totale della spesa assistenziale, ospitando l8,2% della popolazione, il Lazio con l11,4% della spesa e una quota di residenti pari al 9,7% della popolazione totale e la Lombardia che riceve il 10,4% della spesa per assistenza con una popolazione residente pari al 16,9% di quella italiana. Aggregando per macroaree, il Sud assorbe il 52,37% dellintera spesa assistenziale con una popolazione residente pari al 33% del totale contro il 28,21% del Nord che però ospita il 46% della popolazione italiana.
Figura 3 La distribuzione delle diverse componenti della spesa assistenziale per regione nel 2021
Fonte: Settimo Rapporto La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano
Il peso delle prestazioni assistenziali, in aggiunta a problemi economici e di invecchiamento della popolazione, è quindi determinante nella produzione dei disavanzi. Da qui lallarme più volte richiamato quando si parla di spesa sociale confondendo quella tipicamente pensionistica da quella puramente assistenziale che, proprio per la sua natura, è più difficilmente controllabile dalla politica; anzi, è spesso utilizzata come mezzo per raccogliere maggiore consenso. Per questo motivo, labnorme spesa per assistenza ha urgente bisogno di una rigida revisione nellottica di sviluppare il Sud e il Paese tutto.
Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
20/11/2023