Denatalità, invecchiamento, scarsità di risorse: quale futuro per la sanità italiana?
Gli ultimi dati Eurostat rivelano un'Italia ferma al palo in termini di spesa sanitaria rapportata al PIL malgrado le forti sollecitazioni in arrivo dalla transizione demografica: un'ulteriore conferma della necessità di una sempre maggiore integrazione tra pubblico e privato per garantire servizi tempestivi, di qualità e in linea con le esigenze di una popolazione che cambia
I dati recentemente pubblicati da Eurostat offrono interessanti spunti di riflessione sullandamento della spesa sanitaria europea, lasciando intravedere la stretta connessione tra sanità e la grande transizione demografica che il Vecchio continente sta attraversando: una spesa in costante crescita per una popolazione sempre più anziana (entro il 2050 la quota di persone di età superiore a 65 anni sarà del 30% circa, rispetto al 20% di oggi).
Dallanno di inizio rilevazione (2014) al 2022, la spesa sanitaria europea pro capite è cresciuta in tutti gli Stati membri (+38,6%) raggiungendo una spesa media per cittadino pari a 3.685 euro. Interessante analizzare anche la spesa in termini assoluti e in rapporto al PIL: il nostro Paese, ad esempio, si trova ai vertici della classifica per ammontare complessivo destinato alla spesa sanitaria ma, analizzando la serie storica, la crescita in rapporto al PIL è rimasta costante negli ultimi 9 anni. Con una popolazione sempre più anziana e un'esigenza di spesa sanitaria correlatamente in crescita, quanto sarà sostenibile il modello sanitario odierno? E quale sarà il ruolo della sanità integrativa nel prossimo futuro?
Europa e spesa sanitaria: stessa direzione ma a diverse velocità
Quanto si spende per la sanità nei Paesi dellUnione Europea? I dati pubblicati da Eurostat ci forniscono unampia panoramica della spesa sanitaria nel Vecchio Continente. In termini assoluti, la Germania si riconferma il Paese con il livello più alto di spesa sanitaria, valutata attorno ai 489 miliardi di euro nel 2022. Seguono la Francia (314 miliardi di euro), lItalia (176 miliardi di euro) e la Spagna (131 miliardi).
Se si rapporta la spesa per la sanità al PIL, la classifica europea cambia pur confermando la Germania (12,6% del PIL) e la Francia (11,9%) ai primi posti; diversamente, secondo Eurostat, il nostro Paese si posiziona al sedicesimo posto, con un valore della spesa sanitaria pari al 9% del PIL. Osservando le elaborazioni messe a disposizione dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali nel Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, lItalia scende ulteriormente in classifica registrando una spesa sanitaria che si aggira intorno ai 131 miliardi di euro e un rapporto tra spesa sanitaria e PIL al di sotto del 6,29%. La differenza è legata principalmente al fatto che, per garantire un confronto puntuale tra le diverse realtà europee, contraddistinte da differenti organizzazioni e fonti di finanziamento, Eurostat inserisce nella spesa sanitaria totale anche tipologie di contribuzione diverse come, ad esempio, quelle versate a favore di forme obbligatorie di sanità integrativa e/o assicurativa.
In particolare, la tabella sottostante consente di analizzare le diverse voci relative alla spesa sanitaria pubblica del nostro Paese: dal 2017, la spesa è cresciuta in termini assoluti ma rimane pressoché costante se relazionata al PIL e addirittura in riduzione in rapporto alla spesa pubblica totale.
Tabella 1 La composizione della spesa sanitaria pubblica (anni da 2017 a 2023 valori in milioni di euro)
Fonte: Dodicesimo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali
A tali valori, è doveroso aggiungere la voce più consistente della spesa per welfare privato, ovvero quella per sanità sostenuta direttamente dai singoli cittadini e dalle loro famiglie, la cosiddetta spesa out of pocket (oltre 44 miliardi che si riducono a 39,86 miliardi al netto delle detrazioni), le spese per lassistenza ai soggetti non più autosufficienti (LTC), la spesa effettuata mediante lintermediazione di fondi sanitari e assicurazioni e le ulteriori spese per il welfare individuale (polizze infortuni).
Tabella 2 La spesa per welfare complementare e integrativo, al netto della previdenza complementare
(anni da 2017 a 2023 valori in milioni di euro)
Fonte: Dodicesimo Rapportosul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano, Itinerari Previdenziali
Tornando ai valori pubblicati da Eurostat, è interessante notare come ai primi posti della classifica della spesa sanitaria pro capitesi trovi il Lussemburgo (6.590 euro per abitante) che, al contempo, presenta il rapporto più basso tra spesa sanitaria e PIL. Il fenomeno è da ricollegare da una parte allelevato livello di PIL generato dal Lussemburgo e, dallaltra, al fatto che una percentuale significativa della forza lavoro del Paese è rappresentato da lavoratori transfrontalieri che, in quanto non residenti, non concorrono a originare spesa per l'assistenza sanitaria. Dopo il Lussemburgo e gli altri Paesi ai vertici della classifica della spesa maggiore pro capite (Svizzera, Liechtenstein, Norvegia), nel 2022 sono stati osservati valori superiori a 5.000 euro per abitante anche in Danimarca, Irlanda, Germania, Svezia, Austria, Paesi Bassi e Belgio. Si registra quindi un divario relativamente ampio rispetto a Malta, Italia, Spagna, Cipro, Slovenia, Portogallo e Repubblica Ceca, con rapporti superiori a 2.200 euro ma inferiori a 3.200 euro per abitante.
Tabella 3 Spesa sanitaria pro capite (anno 2022)
Fonte: elaborazioni Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali su dati Eurostat
La ricerca di Eurostat si è poi concentrata nel tracciare levoluzione dei valori reali (al netto delle variazioni dovute a inflazione o deflazione) della spesa sanitaria dei Paesi EU negli ultimi 9 anni (dal 2014 al 2022), sia in termini assoluti che in relazione al PIL. Il quadro che ne è emerge è facilmente intuibile: nel 2022, tutti i Paesi dellUE hanno visto aumentare la propria spesa sanitariarispetto al 2014. Gli aumenti maggiori sono stati osservati nei Paesi baltici ma anche in Romania, Malta, Cipro e Repubblica Ceca, dove nel 2022 la spesa totale è stata più del doppio di quella di nove anni prima. Laumento più elevato, in Lettonia, è stato del 126,7%, equivalente a un aumento medio annuo composto del 10,8%. Gli aumenti più piccoli tra il 2014 e il 2022 sono stati osservati in Italia (in crescita complessiva del 21,8%) e Svezia (23,0%).
Il grafico sottostante fornisce invece unanalisi della spesa sanitaria in rapporto al PIL tra il 2014 e il 2022. Sono stati 7 i Paesi dellUE che hanno segnalato un rapporto tra spesa sanitaria e PIL inferiore nel 2022 rispetto al 2014, con il caso emblematico dellIrlanda che ha visto ridurre del 3,4% la propria spesa per la sanità sul PIL, passando dal 9,5% nel 2014 al 6,1% nel 2022, in parte riflettendo il forte aumento del Prodotto Interno Lordo irlandese in questi anni. Spicca lItalia che sembra aver cristallizzato i propri valori tra il 2014 e il 2022: segnale che, seppur in aumento, la spesa sanitaria del nostro Paese non è cresciuta alla stessa velocità del PIL.
Figura 1 Spesa sanitaria su PIL: 2014 e 2022 a confronto
Fonte: Eurostat
La sanità italiana: verso un universalismo sostenibile?
La domanda che sorge è lecita: è sostenibile un sistema sanitario in cui la popolazione invecchia e la spesa non aumenta? Sembra difficile in un Paese contraddistinto da una transizione demografica così importante: a inizio 2024, la popolazione italiana contava 58,990 milioni persone, di cui 14,3 milioni di over65 e 7,185 milioni di ragazzi sotto i 14 anni. LItalia poi è uno dei Paesi al mondo con la più bassa fecondità - 1,20 figli per donna - e con una delle più alte speranze di vita al mondo, 83,1 anni la media per entrambi i generi.
Al netto delle problematiche che contraddistinguono lItalia sotto il profilo della ripartizione del carico fiscale e del conseguente difficile finanziamento del nostro welfare state, lo squilibrio demografico porterà a un incremento della domanda sanitaria, alimentando un apparente paradosso: il Servizio Sanitario Nazionale è tanto efficace da far vivere le persone a lungo, ma poiché vivono a lungo, la domanda di spesa sanitaria continua a crescere e fa impennare il costo per la sanità pubblica. Inoltre, non è trascurabile la questione legata allassistenza agli anziani e ai soggetti non più autosufficienti. In Italia, gli anziani non autosufficienti, secondo il Rapporto Istat Le condizioni di salute della popolazione anziana in Italia sono circa 3.860.000, mentre le residenze socio-assistenziali operative sono 12.576 per unofferta pari a soli 414mila posti letto circa.
In un contesto chiaramente critico, in un Paese strettamente legato ai vincoli di bilancio pubblico, da un PIL asfittico e una transazione demografica in corso, diventa inevitabile lintegrazione tra welfare pubblico e privato. Se la dinamica demografica è già tracciata (e difficilmente invertibile) e altre importanti sfide (ecologiche, energetiche, digitali, AI) si pongono allorizzonte, le prospettive indicano un ruolo sempre più centrale per la sanità integrativa chiamata ad assolvere un compito tanto fondamentale quanto delicato: affiancare il sistema pubblico nellerogazione dei servizi socio-sanitari. In questo quadro, pesa allora indubbiamente la mancanza di una vera e propria legge quadro in materia, una vigilanza, una chiara e definitiva regolamentazione del comparto secondo una logica di maggiore integrazione con il SSN, attraverso attività di coordinamento delle rispettive azioni, così da ottimizzare al massimo attività dei professionisti, strutture, utilizzo della strumentistica e convenzionamenti. Già oggi, gli enti, le Casse e le società di mutuo soccorso erogano prestazioni sanitarie e socio-sanitarie sulla base dei propri statuti e regolamenti, che possono comprendere sia prestazioni sanitarie comprese nei LEA sia extra-LEA (minimo 20%), e tra questi soggetti - rappresentano la quasi totalità delle forme operanti - ci sono tutti i fondi di origine contrattuale, ad adesione obbligatoria, che presentano quindi grandi opportunità di sviluppo ed espansione anche per le protezioni a tutela della non autosufficienza (LTC). Ma le risorse messe in campo sono ancora limitate e coprono una limitata porzione di popolazione.
Permane, al contempo, una certa diffidenza del ruolo della sanità integrativa per una parte della politica che ne rallenta lo sviluppo. E cui sembra far da contraltare anche una resistenza di tipo culturale da parte degli stessi cittadini: di qui, limportanza di educare il grande pubblico a tutte le possibilità che gli sono offerte, non per spingerlo necessariamente ad aderire a questa o quella forma di integrazione, ma piuttosto per offrirgli tutti gli strumenti informativi utili a decidere consapevolmente se aderire ed eventualmente a stabilire la soluzione più adatta alle proprie specifiche e personali esigenze. Diviene quindi sempre più urgente, anche per salvaguardare il sistema della sanità integrativa e gli iscritti stessi, discutere (per poi agire) su quale normativa adottare, quale vigilanza, quali prestazioni, quali le sinergie tra pubblico. Domande a cui il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali cercherà di rispondere grazie agli interventi delle figure di riferimento del settore in occasione del primo Annual Meeting di studio dedicato alle forme socio-sanitarie integrative.
Giulia Sordi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
22/1/2025