Inflazione ed energia: una ripresa fragile?

Energia, PIL e spinta inflattiva sono i tre punti nodali che caratterizzeranno questo 2023 appena cominciato, almeno in base all'ultima analisi prodotta dall'OCSE: quale, in particolar modo, il ruolo dell'andamento dei prezzi energetici?

Lorenzo Vaiani

Lo scorso 17 marzo l'OCSE ha pubblicato il periodico Economic Outlook relativo all’anno 2023 e alle nuove previsioni per il successivo biennio, incentrate sui fattori già individuati come cardine in occasione del Rapporto di fine 2022: PIL, inflazione ed energia. 

Rimandando a questo articolo per l'analisi sul PIL, in un'ottica di breve che di medio periodo, in questo secondo approfondimento ci focalizzeremo sugli altri due elementi che, usando un’esplicativa espressione inglese, potremmo definire come turning points. 

 

Il costo dell'energia e il suo impatto sulle economie mondiali 

Negli ultimi 12 mesi il prezzo della componente elettrica è cresciuto, almeno nel Vecchio Continente, in maniera vorticosa: un andamento che ha comportato una pesante zavorra per l’ipotizzata crescita post-pandemica, frenandola significativamente.

I due grafici riportati di seguito mostrano l’evoluzione dei prezzi di gas e petrolio tra il 1 gennaio 2019 e il 9 marzo 2023. Per quanto riguarda il greggio, la figura mostra chiaramente due picchi per così dire speculari: da un lato, infatti, si osserva la forte flessione registrata durante la prima fase pandemica, con il prezzo al barile sprofondato a 9,4 dollari, e dall’altro invece le punte raggiunte, prima in occasione dello scoppio del conflitto russo-ucraino, con il prezzo per unità a quota 133,2 dollari l'8 marzo dello scorso anno e, quindi, durante la seconda impennata di giugno 2022 (129,2 dollari al barile). Al 9 marzo di quest'anno - ultimo dato disponibile - il prezzo era significativamente sceso ma ancora al di sopra del dato medio per il triennio, pari a 68,6 dollari al barile.

Figura 1 - Andamento nel tempo del costo del petrolio (dollari/barile)

Figura 1 - Andamento nel tempo del costo del petrolio (dollari/barile)

Fonte: Elaborazione Itinerari Previdenziali su dati de OECD Economic Outlook, Interim Report March 2023

La seconda figura mostra invece la dinamica dei prezzi del gas naturale, espressa in euro al megawatt/ora (MWh). Rispetto al dato medio del periodo, pari a 41,1 euro/MWh, nel corso dell’estate 2022 il prezzo è cresciuto di quasi 8 volte, arrivando a superare i 310 euro/MWh: anche in questo caso, il rapido e repentino aumento trova la sua principale ragione d'essere nel conflitto russo-ucraino e nella decisione di Mosca di interrompere quasi completamente le forniture di gas verso l’Europa. Tuttavia, osservando con attenzione il grafico, si possono rintracciare dei primi innalzamenti già a fine 2021, quando il prezzo del gas era arrivato sopra i 180 euro per megawatt/ora, valore anche in questo caso di 8 volte più elevato, non rispetto al dato medio del triennio bensì rispetto al dato di inizio 2019 (22,5 euro/MWh).

Come per il petrolio anche il prezzo del gas è comunque risultato essere in rapida decrescita nel corso delle ultime settimane, scendendo fino agli attuali 44,2 euro.

Figura 2 - Andamento nel tempo dei prezzi del gas naturale (euro al megawatt/ora)

Figura 2 - Andamento nel tempo dei prezzi del gas naturale (euro al megawatt/ora)

Fonte: Elaborazione Itinerari Previdenziali su dati de OECD Economic Outlook, Interim Report March 2023

Le flessioni nei prezzi della componente energetica hanno spinto l’OCSE a rivedere al rialzo le previsioni di crescita del PIL per gran parte dei Paesi del Vecchio Continente, quelli maggiormente colpiti dalla forte ascesa dei prezzi. Il che porta a una prima, importante, conclusione: a soffrire di più soprattutto quegli Stati che, come l'Italia, negli anni hanno basato le proprie scelte energertiche sull'approvvigionamento esterno. "Strategia" che per diversi anni ha garantito grandi quantità di energia a basso costo ma che, d'altra parte, ha mostrato tutte le sue criticità nell’attuale contesto geopolitico. Proprio per questa ragione, evidente la necessità di accrescere quanto la produzione domestica di energia, sfruttando le “materie prime” disponibili e cercando di differenziare il più possibile i canali di approvvigionamento di quelle che, necessariamente, devono essere importate.

 

Non solo energia: ruolo e peso della spinta inflattiva  

Il secondo turning point che l’OCSE individua come cruciale è legato all’inflazione. Si è largamente discusso della dinamica inflattiva che ha caratterizzato buona parte del mondo nel corso degli ultimi 12-18 mesi e della sua differenti origini (endogena quella americana ed esogena quella europea).

L’Interim Report tratta dell’argomento portando una prospettiva diversa sulla questione, e cioè andando ad analizzare l’evoluzione dei livelli di inflazione legati alla componente dei servizi e a quella dei beni per Stati Uniti e area Euro. Come si può osservare dai relativi grafici, per entrambe le aree geografiche, la componente di inflazione legata ai beni è quella cresciuta più rapidamente, raggiungendo i livelli più elevati, rispettivamente a marzo 2022 per gli USA (10,6%) e nell'ottobre dello stesso anno per l'area Euro (15,2%). Tuttavia, su entrambe le sponde dell’Atlantico i livelli stanno progressivamente scendendo da ormai almeno un semestre a questa parte, grazie anche e soprattutto alla progressiva normalizzazione degli scambi internazionali, in particolar modo con l’Asia. Quella, invece, che non sta calando, e che anzi continua a crescere, seppur in maniera più lenta, è l’inflazione legata al settore dei servizi. Questo aspetto è stato più volte rimarcato da parte del Prof. Alvaro Pereira nel corso della presentazione del Rapporto, osservando soprattutto come gran parte delle Paesi ricompresi all’interno dell’OCSE sono caratterizzati tra il 60-70% da economie di servizi: fondamentale  quindi comprendere quale sia il motore che continua a spingere verso l’alto questa parte di inflazione.

La dinamica analoga nella spinta inflattiva della componente dei servizi per Stati Uniti e Area Euro lascia dunque pensare che l’inflazione che ha caratterizzato le due aree geografiche nel corso degli ultimi mesi stia in qualche modo mutando e che, forse, non sia più del tutto corretto creare un distinguo tra l’inflazione statunitense e quella europea. 

Figura 3 – Andamento dell’inflazione nelle componenti di beni e servizi per Stati Uniti e area Euro, anni 2020-2023

Figura 3 – Andamento dell’inflazione nelle componenti di beni e servizi per Stati Uniti e area Euro, anni 2020-2023

Fonte: Elaborazione Itinerari Previdenziali su dati de OECD Economic Outlook, Interim Report March 2023

In conclusione, se rispetto al punto nodale dell’inflazione le notizie non sembrano essere particolarmente positive, con un livello dei prezzi che parrebbe essere destinato a rimanere elevato almeno per il prossimo biennio e con una componete legata ai servizi che è in continua crescita, sul fronte dell’energia, invece, la situazione sembrerebbe migliore. Il prezzo delle materie prime energetiche è tornato a livelli che, per quanto ancora al di sopra della media dell’ultimo triennio, possono essere considerati come accettabili.

Ciononostante, resta cruciale attuare nel minor tempo possibile una politica energetica che porti il Paese a essere il meno esposto possibile verso l’esterno. Su questo aspetto un ruolo chiave, oltre all’attuazione del PNRR e più in generale del Green Deal, potrà essere svolto anche dagli investitori istituzionali italiani che, ormai da diversi anni si sono dimostrati attenti alla tematica, individuando nel settore delle energie rinnovabili un’importante asset class per i propri investimenti. 

  Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

3/4/2023

 
 
 

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