Rapporto BES 2021: come va la vita in Italia? Istruzione e formazione degli italiani

Il 21 aprile l’Istat ha pubblicato l’edizione 2021 del Rapporto sul benessere equo e sostenibile (BES): uno strumento, riprendendo le parole del Presidente Blangiardo, imprescindibile per provare a rispondere alla domanda “come va la vita in Italia?”, poiché permette di evidenziare le aree dove si manifestano disuguaglianze e di individuare i gruppi più svantaggiati 

Lorenzo Vaiani

Nei precedenti articoli sono stati esaminati i capitoli del Rapporto BES 2021 relativi alla Salute  e alla Qualità dei servizi e al Lavoro e alla conciliazione dei tempi di vita. Risulta necessario continuare l’analisi portando l’attenzione su uno dei domini più rilevanti, ovvero quello dell’Istruzione e formazione.

Innanzitutto, occorre chiarire per quale motivo questo capitolo del Rapporto può essere considerato, senza particolari timori di smentita, come il più rilevante. La ragione è molto semplice: in questo dominio vengono indagate nel dettaglio le tendenze e gli andamenti rilevati lungo tutto il percorso di apprendimento che le future generazioni di cittadini e di elettori devono seguire prima di diventare tali. 

 

Asili nido e scuola primaria: le difficoltà del Paese

Nel dettaglio, il percorso di studi e di formazione inizia con l’asilo nido e con la scuola dell’infanzia. Nel primo caso si rileva una battuta d’arresto: infatti, il numero di bambini tra gli 0 e i 2 anni iscritti ai servizi per la prima infanzia - che, come si è già avuto modo di evidenziare, in Italia è ancora troppo basso e con il rischio concreto che la messa a terra del PNRR ampli la forbice tra le aree più avanzate sotto questo aspetto e quelle meno - è sceso tra il 2020 e il 2021 di oltre tre punti percentuali, passando dal 29,2% al 26,1%. Riduzione che, come sottolinea il Rapporto, probabilmente è dovuta anche al timore delle famiglie per il rischio di contagio da SARS-CoV-2 e alla rimodulazione della vita familiare nel corso della pandemia. Rimane, invece, stabile la percentuale di bambini tra i 3 e i 5 anni che frequentano la scuola dell’infanzia (96%).

La seconda tappa del percorso può essere identificata con la scuola primaria. Rispetto a questo livello d’istruzione il Rapporto lancia un segnale d’allarme: tra il marzo e il giugno 2020, ovvero il primo periodo di momentanea sospensione dell’attività scolastica e la successiva introduzione della didattica a distanza, oltre il 17% dei bambini che frequentavano le scuole elementari non ha mai seguito neanche una lezione e un ulteriore 25,8% ha frequentato virtualmente meno di 3 volte alla settimana. 

 

La scuola secondaria e la riduzione delle competenze

La terza e la quarta tappa sono rappresentate rispettivamente dalla scuola secondaria di primo grado e da quella di secondo grado. Per la prima il Rapporto, sulla base dei risultati emersi dalle prove Invalsi, segnala una forte riduzione delle competenze degli studenti all’ultimo anno della cosiddetta scuola media. In media il 42,2% degli alunni non ha raggiunto un livello di competenze sufficienti: ciò significa che oltre quattro ragazzi su dieci inizieranno il percorso di studi delle scuole superiori - sempre che lo inizino visto che, come si avrà modo di vedere più avanti, la quota di abbandoni scolastici precoci rimane assolutamente non trascurabile - con competenze inadeguate e non sufficienti rispetto a quanto viene richiesto per questo livello d’istruzione. Se si considerano separatamente le competenze alfabetiche e quelle numeriche si osserva come, per le prime, la quota di alunni con competenze non sufficienti sia pari al 39,2%, + 4,8 punti rispetto al 2019 (ultimo anno nel quale sono state svolte le prove Invalsi), con punte del 74,1% nel caso di alunni stranieri di prima generazione, del 56,3% se di seconda generazione e del 47,1% per gli studenti residenti nel Sud o nelle Isole. La situazione è però ancora più drammatica per le competenze numeriche, visto che in questo caso oltre il 45% degli alunni non possiede le conoscenze minime necessarie (+6,5 punti percentuali rispetto al 2019), con i valori più elevati che si registrano nuovamente tra gli stranieri di prima generazione (64,9%), quelli di seconda generazione (51%) e tra gli studenti che vivono nel Mezzogiorno (57%).

Se possibile tuttavia il quadro diventa ancora più grave tra gli studenti dell’ultimo anno della scuola secondaria superiore: ogni 100 alunni, 44 non hanno maturato le competenze alfabetiche minime durante il loro percorso scolastico (+9,3 punti percentuali sul 2019) e addirittura oltre 51 non raggiungono i livelli sufficienti rispetto a quelle numeriche (+9,2 punti percentuali sul 2019). Una delle spiegazioni alla base di questi drammatici risultati può essere rintracciata nei dati relativi all’aver frequentato le lezioni in DAD. Tra marzo e giugno 2020 quasi uno studente su 4 della scuola secondaria superiore di primo grado o non ha mai seguito neanche una lezione o lo ha fatto per meno di 3 volte alla settimana. Tra gli alunni della scuola secondaria di secondo grado i valori sono leggermente migliori, “solo” il 12% non ha mai seguito (o lo ha fatto solo in minima parte) le lezioni in DAD. 

 

Dispersione scolastica, formazione continua e prospettive per il futuro

Si è detto in precedenza che l’abbandono scolastico continua a essere un problema in Italia ed, esaminando i riscontri stastistici in merito, si riscontra come nel 2021 il 12,7% dei ragazzi che hanno terminato la scuola media sono usciti dal percorso di istruzione e formazione. In particolare, le percentuali maggiori si osservano nelle Isole (19,5%) nel Sud (15,3%) e tra gli studenti con cittadinanza straniera (32%). L’unico dato positivo che emerge dall’analisi del terzo capitolo del Rapporto BES è quello inerente alla formazione continua: nel 2021, il 9,9% delle persone con età compresa tra i 25 e i 64 anni frequenta percorsi di questo genere, con un aumento rispetto al 2019 di 1,7 punti percentuali che ha permesso al nostro Paese di raggiungere almeno il livello medio registrato nell’UE a 27. 

Alla luce di quanto appena scritto appare chiaro come il percorso di studi delle nuove generazioni non solo sia tortuoso e in salita, ma anche irto di ostacoli. Risulta pertanto imprescindibile mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione per modificare l’attuale situazione: dalla rimodulazione dell’offerta formativa alla definizione di percorsi di orientamento scolastico dedicati per ciascuno studente, passando per la creazione di momenti pomeridiani all’interno della scuola che consentano ai ragazzi e alle ragazze di non vedere questo luogo solo come un dovere e una fatica ma anche, e soprattutto, come un’occasione per conoscere meglio sé stessi e le proprie abilità, sviluppare un pensiero critico e coltivare le proprie passioni e interessi. Occorre insomma iniziare a pensare la scuola in un modo nuovo e innovativo che permetta agli alunni di viverla a 360 gradi, al di là delle lezioni frontali con i docenti.

Più in generale, sarebbe importante e utile organizzare un momento di confronto con i soggetti che la scuola la vivono nel quotidiano sia in modo diretto che indiretto: docenti, studenti, presidi, genitori, insegnanti di sostegno, educatori, personale ATA, al fine di identificare le esigenze presenti e i nuovi bisogni, anche legati al particolare momento storico in atto, e definire delle possibili soluzioni che possano poi portare a sperimentazioni diffuse su tutto il territorio nazionale e declinate sulla base delle peculiarità di ciascun territorio.

Lorenzo Vaiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

8/6/2022                                    

 
 

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