Risorse pubbliche e investimenti privati per rilanciare il Paese

Con le risorse che arriveranno dal Recovery and Resilience Fund e quelle del Fondo Complementare nazionale, il governo italiano avrà l'occasione e la responsabilità di ridisegnare il futuro del Paese, sostenuto anche dall'attività di investimento dei player istituzionali

Niccolò De Rossi

Gli effetti dello tsunami pandemico sembrano affievolirsi, complice anche una campagna vaccinale che, dopo un primo periodo di rodaggio, sembra essersi consolidata e aver preso i "giri" giusti. A questo punto, dopo più di un anno, è forse possibile smettere di guardare indietro e volgere lo sguardo verso un futuro che restituisce sì segnali positivi ma offre anche alcune incognite da gestire, in particolare riguardo il piano di investimenti da attuare per ripartire.

La stagione della ricostruzione non sarà infatti semplice e avrà bisogno di un serio e concreto piano attuativo. Tra fondi europei e nazionali occorrerà investire in moltissimi dei temi che l’Europa oggi mette al centro dell’agenda politica dei prossimi 10 anni, ma anche su tanti altri di cui in Italia si parla da tempo senza che nessun esecutivo abbia mai avuto il coraggio di intervenire concretamente. Il Piano include infatti un corposo pacchetto di riforme, che toccano, tra gli altri, gli ambiti della pubblica amministrazione, della giustizia, della semplificazione normativa e della concorrenza. Si tratta di interventi necessari per riadattare e innovare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale.  

Tra gli obiettivi da raggiungere, quello della rivoluzione verde è ormai il leitmotiv che rimbalza ogni giorno sulle pagine di tutti i quotidiani e se ne parla in ogni dove. Ma non solo, perché sembra ormai dilagare una rincorsa a chi riesce a essere “più verde”, dalle economie in generale dei diversi Paesi, alle industrie che tentano di ridurre l’inquinamento nella produzione, passando per investitori, mondo della finanza e i consumatori stessi. Non stupisce allora che al centro delle iniziative di investimento per il Paese nei prossimi anni ci sia innanzitutto la transizione ecologica, declinata nelle sue diverse accezioni. Tra le sei missioni in cui è articolato il PNRR infatti, su un totale di 222,1 miliardi comprensivi dei 30,6 del Fondo Complementare, ben 68,6 miliardi sono stanziati per la “Rivoluzione verde e Transizione Ecologica”, con il preciso intento di migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico e assicurare una transizione ambientale equa e inclusiva. Il Piano - che prevede infatti investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti - pone poi, attraverso una quota significativa di investimenti, grande attenzione anche alle infrastrutture per la mobilità sostenibile, all’istruzione e alla ricerca, all’inclusione sociale e, ovviamente, alla salute. 

Tutti ambiti che non solo hanno bisogno di ingenti finanziamenti ma che rappresentano anche settori da cui è possibile estrarre valore, creando nuove professionalità e posti di lavoro, sostenendo quindi l’economia reale del Paese. Economia reale che, nella sua accezione più ampia, significa nuova occupazione soprattutto per i più giovani e i più propensi alla digitalizzazione, significa internazionalizzazione del business verso nuovi mercati, significa sostegno alla piccola e media imprenditoria. In sostanza, sviluppo economico e sociale e rilancio in generale dell’economia nazionale. 

Se tutti questi capitoli saranno i destinatari delle ingenti risorse che arriveranno dalla mano pubblica, c’è un settore in particolare che da molti anni ormai cammina e contribuisce, in diversi ambiti, a migliorare e sostenere il Paese. I vari programmi di spesa che verranno finanziati dall’Europa ma anche dal Fondo Complementare potranno attrarre infatti le risorse e la visione di investimento dei player istituzionali nazionali. Protagonisti ormai da anni di un percorso sempre più solido in quella che viene definita finanza alternativa, fondi pensione, Casse di Previdenza, Fondazioni di origine Bancaria e Compagnie di Assicurazione potranno essere i grandi attori che contribuiranno alla ripresa. La sostenibilità e il rispetto dell’ambiente, l’efficientamento energetico, il sostegno alle PMI italiane sono ambiti che, già prima della pandemia, erano ampiamente entrati nel ventaglio delle decisioni di investimento dei maggiori investitori istituzionali del Paese. 

Nonostante le rispettive specificità e nel rispetto delle diverse platee di riferimento per fondi, Casse e Compagnie, e dei territori per le Fondazioni di origine Bancaria, tutti questi grandi investitori risponderanno presente alla chiamata per rilanciare l'Italia. Il loro investimento in fondi che presentano il “bollino verde” sono sempre più consistenti, anche se la rincorsa al green di cui si parlava sopra ha necessariamente bisogno di essere maggiormente verificata e in qualche modo standardizzata. Oltre al diffusissimo investimento che rispetti e applichi gli ormai noti criteri ESG a tutto o a parte del proprio portafoglio, sono comunque molti ambiti e settori che potranno attrarre le risorse dei grandi investitori istituzionali: nel concetto di ricostruzione tout court della nazione, c’è impresso anche quello di ripensare e costruire nuovi spazi abitativi in chiave innovativa, veri e propri quartieri a basso consumo e con tutti gli efficientamenti energetici del caso. Senza dimenticare la riqualificazione dell’esistente: nuove strutture ospedaliere, mobilità verde, intere città ripensate secondo le nuove frontiere del progresso tecnologico e ambientale. Scuole, ponti, strade, ma anche investimenti in sanità e residenze per anziani e nell’indotto che la cosiddetta Silver Economy già produce.

Insomma, i prossimi anni non potranno che essere l’occasione per ricostruire un Paese dalle fondamenta, che necessariamente si poggiano sulle infrastrutture pubbliche e private. L’industria dell’asset management ha già i prodotti per investire in tutti questi ambitiI fondi di private equity, debt e infrastrutturali hanno competenze tali da trovare i migliori deal anche in Italia e strutturare operazioni complesse che riescano a restituire buoni ritorni agli investitori, contribuendo al contempo al progresso dell’Italia. I fondi nazionali ed europei per una transizione green e digitale, uniti ai nuovi investimenti istituzionali che producono ricadute sociali, potranno finalmente rappesentare la giusta formula di “collaborazione pubblico-privato” che consentirà di rilanciare l’economia italiana nel prossimo decennio?

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

15/5/2021

 
 

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